Ci ha lasciati lo scorso ottobre Cristina Moser, chiudendo così definitivamente la storia del suo storico duo che io conobbi da ragazzino come Chrisma e che dall'80 percorsero autorevolmente come Krisma il corso della new wave italiana fino alla scomparsa del suo di sempre partner Maurizio Arcieri, scomparso già nel 2015.
Un po' tardi per quello che i giornalisti chiamano coccodrillo, che si fa nei giorni immediatamente seguenti alla morte, ma non troppo per dedicare invece una riflessione al sottovalutato (anche dal sottoscritto) rock italiano, che invece - riascoltato oggi con le "orecchie di domani" (perdonate l'autocitazione), cioè della maturità - rivela gemme di assoluto valore e spumeggiante creatività, messa in secondo piano solo dall'incapacità dei nostri discografici a far apprezzare il prodotto nazionale sul mercato internazionale, come è riuscito ad esempio al francese Manu Chao, ai tedeschi Can, Kraftwerk, Einstürzende Neubauten, alla greca Diamanda Galàs o all'australiano apolide Nick Cave, tanto per citare vari grandi del rock e dell'avant garde non angloamericani.
Eppure, se Aria di Alan Sorrenti non sfigura al cospetto del Tim Buckley contemporaneo, gli Area sono a tutti gli effetti uno dei più grandi gruppi dell'avanguardia degli anni '70 (attualmente in lussuose ristampe viniliche da parte di Sony Music), senza eguali a livello mondiale non solo per le performance vocali dello Stratos ma proprio a livello di fusione fra strumentazione rock, composizione contemporanea e fratture free jazz.
E Battiato, il geniale traghettatore di un prog già multietnico verso le geometrie elettroniche e i ritmi sintetici della new wave, solo a parole "non la sopportava", insieme ai "cori russi, alla musica finto rock, al free jazz e al punk inglese", dato che poi nei suoi album allineò collaborazioni che spaziano dal sassofonista jazz Gianni Bedori al chitarrista prog della Formula 3 Alberto Radius (poi anche valido cantautore solista), a quelle con Madaski (Africa Unite), Ginevra Di Marco (CSI), Morgan (Bluvertigo), Jim Kerr (Simple Minds), Gavin Harrison (batterista con gli ultimi King Crimson e Porcupine Tree) e proprio col Maurizio Arcieri dei Krisma, che suona e cofirma tre brani di Dieci Stratagemmi del 2004 (album che ospita persino Cristina Scabbia dei metallari Lacuna Coil!), quando il concetto di "new wave italiana" era ormai un ricordo alle spalle.
Oggi paradossalmente quella di "nuova onda" è una definizione vintage, un po' come quella di "italo disco", la dance elettronica, unico genere pop italiano che detta legge nel mondo musicale internazionale (al di fuori della melodia classica Modugno-Bocelli per intenderci), furoreggiando nelle discoteche trendy da Ibiza a Mikonos.
E venendo ormai storicizzata in raffinate compilation da collezionisti, come ad esempio la Milano Undiscovered pubblicata nel 2021 dall'ardimentosa Spittle Records (distr. Goodfellas), che tra l'altro è l'etichetta che ristampa in lussuosi vinili filologici anche i primi due album dei compianti Chrisma: Chinese Restaurant e Hibernation, pregevoli pietre miliari di quella new wave italiana di cui il sottoscritto ha in casa ancora lo storico 45 giri di Lola dai tempi in cui si parlava solo del dito tagliatosi dall'Arcieri in un concerto; risentiti oggi, quegli album interi si rivelano dischi di assoluto valore a livello internazionale, in grado di confrontarsi orgogliosamente con gli Ultravox o le band prodotte da Eno lo stesso anno sull'epocale raccolta No New York (tra l'altro Arto Lindsay collaborerà col duo divenuto Krisma sull'album Fido).
Pensate che il primo fu registrato nel '77 nello studio londinese di Niko Papathanassiou, produttore, coautore di diversi brani e polistrumentista, oltre che fratello del più noto Vangelis, in procinto di rivoluzionare di lì a poco il mondo delle colonne sonore con Blade Runner. Era l'anno di Heroes e del debutto dei Suicide, cui i Chrisma vengono spesso paragonati, anche se va detto che sfoggiano da subito arrangiamenti più ricchi e maggior maturità compositiva rispetto al pur celebratissimo duo newyorkese.
Ma i Chrisma non erano la sola voce spigolosa della new wave italiana a turbare il tradizionalismo italico: sempre la benemerita Spittle ha recentemente dato alle stampe altri 3 coraggiosissimi vinili, che riportano alla luce raccolte di brani originariamente pubblicati su cassetta per essere allegati alle di allora fanzine cartacee come Komakino (album Afterglow e Still Life, con Weimar Gesang e Janitor of Lunacy tra le band rappresentate) o Tribal Cabaret (album The Other Side of Futurism con Detonazione e Die Form), con tanto di riproduzione anastatica delle relative fanzine d'epoca (sotto il bundle delle 3 copertine, che vedete anche in testata insieme a quella di Marsico, NdR).
Se vi state riscaldando al ricordo dell'epoca in cui pulsavano i bassi dei Joy Division e le batterie elettroniche di Ultravox e Tuxedomoon, altra compilation di casa Spittle da avere è Milano After Punk, su cui ascoltate nella ricca playlist (espansa nell'annesso cd) anche Overground della Monofonic Orchestra, un brano quasi a cavallo tra prog e wave, un po' come certi arrangiamenti in odor di jazz dei dadaisti bolognesi Confusional Quartet, sorta di Devo nostrani - ma anche fan degli Area - omaggiati col lussuoso cofanetto In the Box che riunisce tutte le loro registrazioni 1980-81 per Expanded Music, dalla Volare jazz all'inno di Mameli futuristizzato.
Con etichetta bolognese (Italian Records) avrebbe esordito sempre nell'81 anche Maurizio Marsico sotto il brand già citato di Monofonic Orchestra con l'album Music Design, ma vi segnaliamo la sua recentissima pubblicazione (per la svizzera Luce Sia) col titolo Pre-Monofonic Orchestra dei nastri fortunosamente recuperati durante un trasloco delle sue primissime registrazioni realizzate diciottenne al Conservatorio di Milano nell'Aula di Composizione Musicale Elettronica nel periodo 1977-79: cinque impervi strumentali in cui il futuro musicista dai mille pseudonimi sperimenta le possibilità del sintetizzatore che diventerà la sua prediletta arma di combattimento, dei registratori Revox e del trattamento dei nastri, insieme ad improvvisazioni al flauto e lampi di chitarra distorta, in una sorta di ponte ideale fra i Berio e Nono studiati nell'austero ateneo, il Cage del cuore e la no wave che spirava nell'aria, quando il giovane Marsico suonava in una big band jazz di Gaslini e faceva il filo al costoso organo Hammond di Demetrio Stratos.
Se anche per voi è il momento di godersi il valido wave revival attuale di Editors e Arctic Monkeys, ponete orecchio alla (vera) new wave di chi bazzicava il Plastic, il Tenax o il MAMbo tra il '78 e l'80: scoprirete che anche il nostro disprezzato Belpaese non è stato... "solo canzonette".
Come si diceva, è il riscontro di mercato che manca, non certo la tensione artistica: lo dimostra la recente collaborazione "nerissima" fra due eminenze grigie della scena industrial wave internazionale come il romano Teho Teardo e Blixa Bargeld dei citati Einstürzende Neubauten/Bad Seeds.
Noi en passant vi ricordiamo anche la puntata di Wonderland col Sound Invaders dedicato proprio alla new wave nazionale dello scorso maggio 2022 e, presto un servizio, sul blog di LiquidSky sulla riedizione in dvd/bluray di un piccolo classico della (non folta) new wave cinematografica, ossia proprio il Liquid Sky di Slava Tsukerman, che ha appena soffiato sulle 40 candeline da quando quell'ufo ingordo di sex'n'drugs'n'synt volava su New York, e ora viene riproposto in edizione deluxe con cd della colonna sonora al Fairlight di Brenda I. Hutchison & Clive Smith nella collana Amoeba Films, dal cui catalogo capirete la tagline Explorations into the submerged sinema.
Submergetevi, c'è da scoprire!
Mario G