Il giovane scienziato climatico Elias si innamora della cantante emergente Anita. Quando però gli si presenta l’occasione di partecipare a una missione che studia un inquietante fenomeno legato ai cambiamenti climatici – una misteriosa frattura sul fondale oceanico – sceglie la carriera a scapito dell’amore, chiedendo alla ragazza di abortire il figlio che hanno concepito insieme.
Anni dopo, durante la rischiosa spedizione cui prende parte sulla frattura subacquea, ha la visione di come sarebbe stata la sua vita se avesse preso un’altra decisione unendo il proprio destino a quello della cantante che ritrova affermata a un concerto (sotto a destra). La sua nuova ossessione diventerà allora riconquistare la vita e l’amore perduti.
Questa è in buona sostanza la sinossi ufficiale del film Eternal (da noi sottotitolato "odissea negli abissi"), diretto dall'iracheno/danese Ulaa Salim, che viene presentato come ispirato "ai grandi maestri del genere fantascientifico: dallo Stanley Kubrick di 2001: Odissea nello spazio al Christopher Nolan di Interstellar (traiamo dai materiali promozionali), anche se in verità i suoi modelli più diretti sono il Tarkovskij di Solaris, poiché la fenditura nella crosta terrestre sottomarina qui ha la stessa funzione diegetica dell'oceano gelatinoso che circondava il pianeta da cui prendeva il titolo il film sovietico (e l'originario romanzo di Lem), cioè far riemergere alla coscienza ricordi e domande sulla vita passata (e presente e futura) del protagonista pilota sottomarino.
E poi l'americano indie Another Earth del 2011 (qui sotto ripassate anche il suo trailer), altro esempio di quella dolente sci-fi ad alto temore filosofico, in cui lo spunto fantascientifico funge sostanzialmente da grimaldello per sondare gli anfratti dell'anima dei protagonisti - qui lo scienziato Elias e la cantante Anita - più che quelli delle rocce sottomarine che li fanno deflagrare. In particolare, proprio sulla drammatica domanda se - attraverso appunto la possibilità aperta dallo spunto "fanta" - sarebbe possibile tornare indietro e rimediare agli errori passati che oggi gravano sulla nostra coscienza.
Coproduzione danese-islandese-svedese, senza divi hollywoodiani e animata da sobri attori nordici a noi sconosciuti (e bene così, i volti aderiscono meglio ai personaggi), il film soffre un po' della freddezza emotiva che - ci si perdoni il cliché - dev'essere caratteristica genetica di quelle genti (oltre che dei loro mari). Persone che fanno seguire un silenzio catatonico di un minuto alla sorpresa di "sono incinta", che da noi scatenerebbe un'esplosione di reazioni melodrammatiche.
Sia il dato antropologico o una debolezza del 38enne regista, il film risulta un po' lento, statico e freddo, immerso nelle acque gelide di un'anoressia emotiva che tocca un po' tutti i personaggi, fino alla "von der Leyen" direttrice dell'operazione oceanografica di Elias (a sinistra in una riunione), glaciale quando impartisce le linee di condotta da seguire come quando annuncia alla stampa l'incidente in cui è scomparso David, il copilota del protagonista.
Non attendetevi dunque scene spettacolari o visioni da astronauta Bowman "oltre l'infinito": a parte un paio di sequenze del batiscafo in immersione e un paio degli scienziati davanti alla misteriosa spaccatura luminescente, che vedete nelle foto qui ai lati - sarà anche per un budget di produzione non lauto - la mdp scava molto più i quasi immobili volti dei protagonisti che non i fondali sottomarini, lasciando sullo sfondo non solo le visioni immaginifiche ma anche le preoccupazioni ecologiche oggi tanto d'attualità.
Andate a vederlo dal 26 giugno al cinema più per meditare sui vostri errori passati che vorreste tanto avere una macchina del tempo per tornare indietro ad emendare, perché la peculiarità delle visioni della fenditura di Salim rispetto all'oceano spaziale di Tarkovskij è che funge non solo da "replay mnemonico" ma da vero portale verso una dimensione alternativa, in cui il protagonista vede scorrere la vita che avrebbe potuto avere se davanti alle classiche "sliding doors" esistenziali avesse scelto diversamente.
Mario G.