“Se vuoi un'immagine del futuro, immagina uno stivale
che calpesta un volto umano - per sempre.”
(G. Orwell, 1984)
“Io sono Gebrek e ho il potere. … Sono il nuovo dio dell’umanità!
Io decido per il bene e il male del prossimo!”
(C. Elli, Gebrek)
Ma chi è poi, ‘sto Gebrek? Un ipotetico dittatore globale, futuribile Arturo Ui, distillato del peggio di Hitler (di cui sfoggia la frangetta nei disegni frankmilleriani di Alex Miozzi, v. immagine di locandina in apertura), Mussolini, Stalin, Pinochet, giù giù fino a più sottili e meno efferati chierici del potere “democratico”, come gli Andreotti, i Nixon (citati nel testo con nomi e cognomi) e così via. Che, parlando a un timido “uomo medio” muto per quasi tutto lo spettacolo (lo stesso Elli, sotto a sinistra con Gebrek), esalta la propria inarrestabile ascesa al potere assoluto, l’eliminazione di ogni opposizione, la regressione della società a un reame neofascista di schiavi operai, fieri soldati sanguinari, obbedienti puttanelle dedite solo a sollazzarli e (inestirpabili) chierici di supporto (come da sempre) all’unico vero dio: lui.
Riccardo Magherini, così diverso fisicamente dal personaggio della versione a fumetti del testo, col suo aspetto da Brecht di borgata (qui a sinistra, con lampadina da scienziato pazzo sulla fronte), nell’interpretarlo ha agio di citare qua e là anche i loro miserrimi epigoni di questi tempi “devastati e vili”, come Berlusconi (per le sue passioni per le ragazzine) e – nel finale – anche Renzi (“adesso nessuno più accetterebbe l’idea di un governo che non sia stato democraticamente eletto dal popolo”). L’escamotage è uscire dalla finzione (nella tavola finale del fumetto il grande dittatore si rivela un timido bamboccio mascherato), reso in scena attraverso l’autoritaria voce della mamma che chiama Gebrek da fuori scena per ricordargli le sue incombenze domestiche.
Il che riporta il discorso dagli abomini della storia alle mediocrità del presente, facendoci capire non solo il perché della differenza fisica fra il Gebrek in carne e ossa sul palco disegnato (e proiettato su schermo in scena), ma anche dando un senso al suo delirio: era tutto un trip di un povero esaltato senza arte né parte. Si è solo scherzato… o no? Oppure chi accetta un governo non eletto è già pronto a darsi delle giustificazioni di comodo per subire il prossimo duce?
Pur con qualche (quasi inevitabile) didascalismo nel suo “lanciar messaggi” sull’attualità politica attraverso lo humour ostentatamente grottesco (ricco di gustose prese per il culo dei tormentoni della cultura-vetrina del presente, dagli U2 a Ligabue a Baricco!), lo spettacolo messo in scena da Puntoelinea | Progetto Caleidos è la risposta a chi lamenta che il teatro contemporaneo abbia perso la capacità di riflettere i temi forti del presente, perdendo fra le interpretazioni dei classici la propria vocazione di logos civile. Forse Elli non è ancora quello che detronizzerà Brecht nella scrittura, ma il suo progetto è molto attuale – oltre che in senso storico-politico – in senso linguistico, con quella vocazione multimediale che lo porta a far emergere i disegni di Miozzi come se li disegnasse l’attore con una pila sullo schermo; e ad affidare la visualizzazione dell’oppressione in forma metaforica attraverso i bei filmati di video art di Francesca Lolli (nella foto a sinistra, anche se non tutti realizzati ad hoc per lo spettacolo, e qua e là un po’ si nota, già solo per il fatto di mostrare uno strazio “troppo cool” esteticamente per la situazione tratteggiata dal testo).
Se il teatro per voi deve parlare del presente, e nel linguaggio del presente, senza ritrarsi di fronte alla contaminazione con i media e le tecniche, appunto, della multimedialità più aperta, andate fiduciosi (è in scena al Litta fino al 20 dicembre): Gebrek sarà un vero mostro, ma fa proprio per voi.
Mario G
PS: Il fumetto Gebrek (ed. Nuvole & Strisce), potete acquistarlo nella stessa sala della Cavallerizza dopo lo spettacolo (6 euro). Le foto di scena ai lati dell'articolo sono di Gaetano Giambusso (prima e seconda dall'alto) e Diletta Nicosia (terza e quarta).