La stanza (locandina a destra) è uno spazio semivuoto, evocato da una poltrona.
Dietro, due tende bianche. Tutto lì.
Un giovane uomo occupa la poltrona.
Un altro entra in scena e intreccia le gambe con le sue, sembra quasi che gli contenda la postazione comoda (come quando a casa si bisticcia su chi deve detenere lo scettro del telecomando o appunto sedersi sulla poltrona più comoda?).
Arriva un terzo uomo (i tre sono Alessandro Pozza, Alessandro Saturno, Marco Vitiello): la danza si fa più frenetica e geometrica occupando tutta la stanza-palco.
Non si può non pensare al Caos di Quelli di Grock (proveniente dal già lontano 1987!) al teatro danza di Pina Bausch, anche se qui più giocoso e meno nervoso di gesti abortiti a ripetizione rispetto al classico Café Müller del Tanztheater Wuppertal.
Si scambiano scarpe, una cintura, un lenzuolo.
Un bambolotto evoca un'entità femminile.
Poi La Donna (Giorgia Paolillo) arriva in scena davvero. A dar forma in carne e ossa a quella Barbie che la metaforizzava in icona (l'idea maschile della Femmina?).
Come in ogni quotidianità, non può che diventare Lei il fulcro delle azioni sceniche del trio virile, con sequenze di gesti ritmici ripetuti da un danzatore, che si agganciano al secondo, che ne riprende uno e lo porta avanti, facendoci pensare alle coreografie minimaliste di Carolyn Carlson: a un certo punto sembra addirittura di riconoscere una di quelle sequenze d'archi griffe di René Aubry (ascoltate in particolare al link da 45', NdR), ma la colonna sonora messa insieme zigzagando su Spotify dalla regista e coreografa Susanna Baccari è composta da brani di artisti attuali meno famosi, anche quando evocano le "vocine aeroportuali" di Laurie Anderson o le percussioni tribali del Peter Gabriel solista.
Una perfetta playlist ad alta densità di electro dance contemporanea, per accompagnare i gesti minimi di una qualunque giornata nelle nostre stanze d'abitudine, con quattro amici che coabitano.
Amici? Amanti? Corteggiatori in competizione fra loro per le attenzioni della Femmina? Un po' esibizionisti forse?
Nulla ci viene spiegato chiaramente, siamo chiamati ad interpretare soggettivamente la partitura di gesti astratti dei quattro corpi in azione: "il loro essere distanti pur sentendosi vicini, le loro differenze, la necessità di condividere un respiro comune, ma anche la loro solitudine, il riconoscersi , il non detto, il rischio, la paura, e il gioco", come dice Antonio Syxty, qui in veste di "performance analyst".
"Noi lavoriamo insieme da una decina d'anni - ci ha spiegato la regista - e qui lui ha avuto un ruolo di 'primo spettatore' (definizione peraltro già usata in altre produzioni MTM da lui supervisionate, NdR); in pratica, lui osservava le prove e svolgeva un lavoro di consulenza drammaturgica sullo stadio cui noi eravamo giunti."
Un lavoro generosamente servito dai quattro performer, che - precisa ancora Baccari - "nascono come attori nella fucina di MTM e poi hanno seguito un laboratorio di teatro danza con me per arrivare a questo spettacolo".
Purtroppo le sole tre serate di tenitura de La Stanza sono già alle spalle mentre leggete queste righe, ma come torneranno a breve le Baccanti dell'anno scorso - possiamo sperare di rientrare ad abitare la frenetica Stanza dei gesti astratti di Susanna Baccari.
Mario G