“Ciò che potevo dire, l’ho detto. Ciò che è accaduto, è accaduto.
Ciò che deve accadere, è deciso da tempo senza di noi.”
(cit. dal testo)
La Medea di Euripide ritorna in scena reincarnata come in un rito ancestrale nel corpo di un'intensa Laura Morante (foto a destra, NdR), nell'elegante scenario del teatro Mercadante. Purtroppo, solo per un'unica data (il 9 novembre), una scelta che rende il lavoro più rituale pagano che vera messa in scena teatrale. La Morante indossa il peplo da sacerdotessa in lotta con forze contrastanti che genera lei stessa, dualismo di un'unica entità femminile che incarna la natura tutta. Ragione e sentimento si confrontano quasi a passo di danza, dove la musica diventa seconda protagonista, alternandosi alla presenza di Medea sul palco.
Quando le note del piano e del violino entrano in scena Medea ritorna nell'ombra, come per riflettere sulla sua terribile decisione. Scenografia spoglia e asimmetrica (la Morante non è al centro dei due musicisti), con i soli interpreti illuminati. E notevoli le esecuzioni di Giuseppe Gullotta al piano, e di Davide Alogna, che con l'archetto del suo violino non ci ha fatto rimpiangere i riff delle chitarre rock: Prokofiev, Chopin, Debussy e Frank uniti nel canto dell'eroina tragica per eccellenza, un accostamento che risulta elegante e seducente.
Il mito di Medea rappresenta da sempre il cambiamento che può essere ottenuto solo con la distruzione: lo stesso Pasolini (qui sotto il trailer originale, NdR) ne aveva subìto la fascinazione, plasmando una Medea cinematografica sul volto di Maria Callas che celebrava il profondo cambiamento sociale in atto negli anni in cui il film viene distribuito. Nel 1969 infatti la società stava subendo i cambiamenti di cui Pasolini era attento osservatore e la pellicola rappresenta la fine della fiducia da parte del regista nella filosofia legata al “popolo” e alla realtà di borgata. La sua Medea evoca la fine della preistoria e della superstizione in favore di un più rassicurante razionalismo, ancorché ingannatore.
Un’era in cui il centauro-balia di Giasone perde le zampe da animale per acquistare le gambe di uomo civile, figlio del progresso con cui il regista poeta nemico della tv e della “borghesia” ebbe sempre un rapporto conflittuale (qui sotto un estratto dal film).
Una simbologia che non ha lasciato indifferente anche la musicista/poetessa Patti Smith, da sempre affascinata dal mito della sacerdotessa della Colchide, sublimato dall'interpretazione della Callas. Molto evocativo l'aneddoto che riporta nel suo libro di memorie L'anno della scimmia (Giunti, 2020, copertina a lato, NdR), in cui descrive l'atto di toccare il costume di scena della Callas/Medea (due potenti forze tragiche fuse insieme) come un'esperienza al limite del religioso.
La cantautrice ha inevitabilmente tramutato questo misticismo in ispirazione: proprio lo scorso maggio ha infatti pubblicato l'Ep Corrispondences Vol. 1, le cui due uniche tracce sono due sorte di lunghi reading poetici musicati dai Soundwalk Collective e dedicati proprio a Medea e a Pasolini (che vedete linkati sopra e sotto questo paragrafo, NdR).
Un disco che è nato dalla collaborazione della cantante con il collettivo di sound art sperimentale, iniziata quasi 18 anni fa da un loro incontro avvenuto quasi per caso, e che ha generato un'ulteriore spora nel libro fotografico Medea/Patti Smith, di Stéphan Crasneanscki sempre del 2023 (di cui qui a lato vedete una pagina riprodotta, NdR).
Anche la Morante porta Medea ai nostri giorni, dandole la voce della Madre Terra martoriata, che decide di uccidere i propri figli con la furia della tempesta, come ultimo atto disperato. Medea è la società al collasso, costretta a battersi in piazza per il cessate il fuoco, o camminare nuda per strada per protesta in una Teheran ancora in pieno Medioevo, mentre i telespettatori la guardano dai loro schermini, alla velocità di un video di Tik Tok.
Medea è il pianeta che implode per potersi rigenerare, mosso dalla pulsione disperata e autodistruttiva della donna tradita dall'amore, che compie l'atto sacrilego per eccellenza.
Un'unica data napoletana per uno spettacolo dai significati profondi, che rivisita la realtà attraverso il mito, con una splendida interprete che non ha deluso le aspettative.
Ava N. Gard