Fai il gesto, bevi dal bicchiere: è vuoto, ma il pubblico capirà l'azione lo stesso.
Siediti, alzati, sposta il divano, cerca il bicchiere.
Grida, impreca. Tanto non succede niente.
Ci vuole tempo a capire cosa succede nella vita.
(...)
In Cechov c’è il rapporto con il tempo che è misterioso e determinante. Il tempo nel suo scorrere degli anni, le età, gli avvenimenti. Ma anche il tempo delle stagioni e poi quello atmosferico con temporali, schiarite, piogge, sole, afa.
E poi c’è lo scorrere del tempo attraverso le ore del giorno e della notte, quando non si riesce a dormire e si parla, ci si lamenta, si fanno discorsi di “bassa filosofia”.
A volte ci può volere tutta la vita.
Vivi, giorno dopo giorno. Lavora, mangia, dormi, rialzati, lavora.
Servi il Professore, sogna di amare, aspetta il momento giusto per dichiararti.
Non verrà mai, non accadrà niente.
Aspetta per anni.
Cechov è uno scrittore di teatro che ha anticipato l’uomo del ‘900, e che ancora commuove chi parla e racconta!
"E' un gigante: contiene già tutta l'inquietudine del Ventesimo secolo, il metodo di recitazione Stanislavskij che usano a Hollywood. Ma non solo quello: se leggi i racconti di Carver, se vedi quel film giapponese del 2021 che ha preso l'Oscar, Drive My Car (di Ryūsuke Hamaguchi, NdR), è tratto da un racconto di Murakami ma in una cornice che è puro Cechov. Per quello al suo tempo non aveva successo, gli hanno persino consigliato di smetterla col teatro, di continuare coi suoi racconti. Perché quel teatro a quell'epoca era qualcosa di deflagrante: non accade niente, era spiazzante per lo spettatore. e per quello ancor oggi è modernissimo."
Nella nostra epoca noi non abbiamo più fiducia nelle parole (e ancor meno nel silenzio), perché ci esprimiamo in modo forsennato attraverso le immagini, ma nell’800, quando Cechov scriveva, c’erano solo le parole - contrappuntate dai silenzi - a far vivere i movimenti interiori della vita delle persone.
Ecco perché il teatro di Cechov diventa implacabile, assoluto. Perché le parole sono gli unici strumenti di conoscenza del mondo e della vita delle persone.
Parla. Parla continuamente, siedi sull'altalena in giardino, rientra in casa, bevi un tè dal samovar, no un liquore. Parla con gli altri membri della famiglia.
Nessuno si muove. la vita è immobile.
Still life in un interno.
Cechov crea delle sinfonie, con gli allegri, gli adagi, i minuetti, i finali, in calando, in crescendo. Cechov è un compositore dei movimenti dell’animo umano e riesce a farlo suonare (e risuonare) come nessuno scrittore moderno di teatro ha mai fatto.
Le sue battute sono note musicali che procedono in minuetti, in assoli, in concertati, che si ripetono, si avvicendano in variazioni sullo stesso tema, fino a commuovere l’animo di chi ascolta, in accordo con quello di chi racconta e parla di sé.
Una messa in scena alquanto realistica per una regia di Syxty.
"Realistica? Ma se in quella casa non c'è niente! Gli attori fanno i gesti, ma senza alcun oggetto fra le mani. Invece è un'ambientazione mica tanto realistica, è prosciugata all'osso.
Se osservi bene, ci sono tutti gli elementi del mio teatro, solo che ora sono più impliciti, tra le righe."
Basta, non puoi più sopportare quest'assenza di vita!
Baciala, cerca almeno di toccarla, prima che parta, prima che vada via per un'altra eternità.
Hai sprecato la vita nel servizio a un Grande Professore che in realtà è un fallito. Uno che in realtà scrive libri inutili, che non ha una sola idea sull'arte che non sia aria fritta.
Vendicati, è ora!
Spara. Spara ancora. Tanto non colpirai niente. Nessuno.
Perché siete tutti falliti e ormai è troppo tardi per prendere delle decisioni reali.
Non accadrà niente, neanche stavolta.
Un gruppo di attori (tutti bravissimi), che recitano Zio Vanja perché si conoscevano già da anni. Come in quella famiglia russa del 1896, in cui tutti sembrano cristallizzati per l'eternità nel loro gesto emblematico del nulla in cui s'è risolta la loro vita, quasi come nell'Invenzione di Morel.
Vestiti di toni spenti nei dimessi costumi (di Valentina Volpi) sui toni del marrone, del grigio, del bianco: né ottocenteschi né esattamente moderni, perché "il tempo di Cechov è misterioso" (A. Syxty).
Questo gruppo di persone sono stati e sono tuttora anche attori, ma soprattutto formatori, testimoni di un mestiere come è quello del teatro.
Queste persone sono gli insegnanti di una scuola che esiste da quasi 50 anni a Milano: la Scuola Grock.
Siediti.
Alzati.
Parte la carrozza.
Andranno lontano.
Perché tutto continui sempre uguale.
Nessuno s'è fatto male. Nessuno vivrà.
facciamo la pasta per i tortelli.
Andate ed esperite, è in cartellone fino al 28 gennaio. Il XX secolo non è ancora finito.
Mario G
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Zio Vanja di Anton Cechov (locandina in alto a sinistra) – traduzione e adattamento Fausto Malcovati – da un’idea di Antonio Syxty – regia Antonio Syxty e Claudio Orlandini (foto in alto a destra, NdR) – con Fernanda Calati, Gaetano Callegaro, Margherita Caviezel, Pietro De Pascalis, Maurizio Salvalalio, Debora Virello – scene Guido Buganza – costumi Valentina Volpi – quadri di scena Aurelio Gravina – disegno luci Fulvio Melli – foto Fabio Benato – direzione di produzione Elisa Mondadori – produzione Manifatture Teatrali Milanesi - al Teatro Litta fino al 28 gennaio 2024.
Qui una videointervista coi due registi:
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P.S.:
- i periodi in corsivo sono tratti dagli articoli sul blog di Antonio Syxty sulla lavorazione dello spettacolo (da cui provengono anche i disegni e le foto in b/n delle scenografie).
- I periodi tra virgolette riportano (a memoria) frasi del dialogo di Antonio Syxty con Mario G. subito dopo la prima di giovedì 11.
- Le frasi all'imperativo sono invenzione di Mario G. per questo articolo, liberamente ispirate al racconto: La vita in domande ed esclamazioni di Anton Cechov (ed. Agostini). Posthuman ringrazia Jane Mason per la consulenza letteraria.