Il sequel del fortunato horror epidemico-zombesco iberico di Balaguerò e Plaza sviluppa l’originale approccio del precursore, ma la sterzata demoniaca non aggiunge granché per “contagiare” i nostri occhi con nuovi virus.
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Insomma, dopo
annunci, teaser, interviste ai due registi, anticipazioni a festival e così via, alla fine esce (dal 5 gennaio nelle sale italiane) il famoso
REC2, l’atteso sequel del fortunato low budget spagnolo che ha già dato vita a un remake americano (
Quarantine), ad un probabile terzo capitolo (dato il finale aperto del 2) – del quale già si vocifera di un cambio di regia – e non è da escludere che prima o poi ci troviamo sugli scaffali anche un fumetto della Free Books/Capolavori del Cinema, oppure l’immancabile videogioco.
E fin qui il marketing, nulla di strano se il prodotto ha successo.
Ma il film? L’abbiamo visto in anteprima e, a nostro parere, sta nel campo dei sequel non indispensabili, per quanto sia indubbiamente ben girato: ci sono ancora le riprese in soggettiva, che si moltiplicano pure attraverso i punti di vista delle camere poste sugli elmetti dei componenti del commando protagonista del secondo episodio, che a turno ci vengono proiettati in grande sullo schermo con interessanti “visioni parallele” ottenute col picture in picture; c’è sempre la grana “sporca” della ripresa digitale
artisticamente non artistica, coi suoi fuori fuoco, fuori campo, salti nel buio (in cui si intuisce cosa accade solo attraverso l’audio) e così via. Questo armamentario prosegue ed amplia coerentemente quella che era l’originalità tecnico linguistica del
primo REC. E funziona.
Quel che non funziona, alla fine, è proprio la trama: nel senso che non coinvolge realmente, che i personaggi sono bidimensionali e quindi noi spettatori non siamo intensamente coinvolti nei pericoli che corrono, nella tensione che vivono e nelle orribili morti che li aspettano uno ad uno.
Come vi avevamo anticipato, l’evoluzione del concept poggia su una svolta “esorcistica”, attraverso lo svelamento di un’origine demoniaca (v. foto a sinistra) e non epidemica del contagio zombificante che imperversa nel maledetto condominio madrileno, e l’introduzione di un nuovo personaggio, il prete in incognito in cerca di elementi utili a sviluppare il primo antidoto “medicale” e non più solo spirituale al fenomeno della possessione (ossia il sangue della bambina-origine del contagio).
Deriva interessante e originale contaminazione (mai termine più adatto!) fra due filoni finora non comunicanti dell’horror (demoniaco e zombesco, appunto), ma purtroppo scarsamente sviluppata dalla sceneggiatura, che – perdendo nell’occulto la possibilità di agganciare paure più legate alla cronaca contemporanea – viceversa non tematizza a fondo i misteri del Vaticano (la volontà di tener tutto nascosto) e le aspettative sulla miracolosa “medicina anti-possession”.
Quel che rimane, dunque, è l’azione nuda e cruda, che però sfrangia la storia inevitabilmente nelle dinamiche del
“chi morirà ora?” da videogioco in soggettiva, in cui ciascun personaggio deve affrontare la propria minaccia mortale in un non meno minaccioso ambiente dell’oscuro condominio e:
A) vincere => proseguire;
B) perire => uscire di scena.
Guardando altresì il film dalla prospettiva sociologico massmediale che era un atout non secondario della pellicola originaria,
REC2 ci nega anche l’ulteriore spunto di originalità rappresentato dal fatto che la vicenda di svolgeva davanti all’obiettivo della mdp televisiva, croce e delizia della società contemporanea, con conseguente satira da un lato della voracità del medium (sempre a caccia di scoop), dall’altro anche della mediocrità della gente “normale” che, di fronte all’incredibile, si abbandona a meschine accuse a carico dei vicini, degli stranieri, del cane della vecchia del piano x eccetera, oltre che alla prevedibile vanagloria da reality del
“finalmente anch’io apparirò in tv”.
In
REC2, che è animato da una squadra di militari professionisti anziché da comuni condomini, tutto questo aspetto purtroppo non può essere portato avanti: e così la videocamera in soggettiva da strumento linguistico ridiscende a mero strumento tecnico.
Nelle interviste (cfr.
Nocturno n. 85 o
Horrormagazine), i due registi spagnoli hanno più volte ribadito il ruolo dell’interazione col pubblico nello sviluppo della sceneggiatura del sequel. Ecco, forse sarebbe meglio che gli autori facessero il proprio dannato lavoro senza illudersi di subappaltarlo comodamente (e gratuitamente) alla community dei fan e dei forum specializzati.
Come spesso abbiamo stigmatizzato, disporre dei mezzi per girare un buon film del terrore è ancora una chimera per la maggior parte di noi: chi ha la fortuna di stringerne in pugno la coda lavori per esserne degno.
REC 3, che - come dicevamo sopra - appare ormai inevitabile, non sarà necessariamente più
fico se girato tramite gli iPhone degli spettatori.
Mario G
(con la collaborazione di Valentina Bertuzzi)