Abbiamo visto per voi in anteprima il film di James Cameron: Avatar.
Si distingue per essere "the state of the art" nel mondo della produzione 3D cinematografica.
La grafica 3D è la vera protagonista: la vedrete al massimo della sua espressione, superare qualunque predecessore targato Industrial Light & Magic o Pixar.
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Signore e signori, grande strenna capodannesca: Posthuman
brucia tutta la stampa italiana, offrendovi la prima vera recensione dell'atteso e pluriannunciato
Avatar, blockbuster fantascientifico di James Cameron, visto in anteprima da Walter ad Atene (nelle sale italiane uscirà solo il 15 di gennaio).
Pochi preamboli e diamo subito a lui la parola.
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Partiamo subito con le cose spiacevoli.
Sono contrario all'idea di classificarla come una “space opera”. Inutile perdere la bussola dell'estetica solo perchè ci sono 300 milioni di dollari in ballo. D'accordo è una discreta storia, scorre, buon ritmo, ma ha tutti i vizi "hollywoodiani" di sempre. I cattivi-cattivoni che digrignano i denti quando recitano, gli alieni tribali ma tanto teneri e di buon cuore, la battaglia annunciata, l'eroe alla ricerca del riscatto con la violenza... l'unico pregio è che per una volta i marines sono cattivi e li possiamo sterminare... certo solo per amore, la giusta causa è solo un pretesto.
Quindi altro che "Space Opera", è lunga come un'opera ma è sciroppata come qualunque avventura disneyana (chiamiamola digital fantasy soap?).
James Cameron ci ha abituato già con Titanic a questo mix dal mio punto di vista un po' cinico. Portare sullo schermo una storia molto popolare, nel caso di Titanic una storia d'amore, ma mostrare al pubblico come “affonda” sul serio quella “dannata nave” negli ultimi 20 minuti di film. Il merito estetico coincide sempre con un merito tecnico e con la tenacia di questo regista di mettere insieme budget faraonici per fare immagini spettacolari che non siano mai state viste nella storia del cinema. Inutile dire che preferisco le operazioni intellettuali alla Terry Gilliam come Brasil. Ma non voglio fare una recensione vintage.
Dalla sua James Cameron ha di base una profonda ispirazione pop, per cui troppa cerebralità non rientra nei suoi canoni e questo è il suo film, un film che dovrebbe arrivare nelle teste e negli occhi di milioni di persone (non solo per giustificarne il costo), superare barriere linguistiche e culturali, comprensibile, semplice e diretto come solo il pop sa fare.
Quindi qualcosa di buono c'è in questo Avatar e, come in tutti i film che fanno parte a pieno titolo dell'estetica del cinema, è la capacità di creare un'immagine.
L'emozione visuale che mi sento di promuovere è quindi quella costruita con questa “tecnologia” 3D mostruosa, imponente con sequenze che mozzano il fiato (a qualunque spettatore non solo ad un disegnatore sviluppatore o semplicemente appassionato di fantasy): volare su una specie di drago alato dribblando rocce sospese nell'aria, correre sospeso su un albero mentre la foresta sotto brulica di strane creature, avvicinarsi ad una valle con un albero luminoso al centro, cavalcare un destriero saltando ostacoli, combattere una creatura mostruosa o ammirare la meraviglia di fiori e piante aliene.
Altra forza è la capacità di rappresentare movimenti ricchi e fluidi del corpo e soprattutto espressioni del volto ad un altissimo livello di dettaglio ma potrei continuare con omaggiare gli alti standard tencnici di modelling, character animations, shaders, rendering, particles effects e via discorrendo.
Resta inteso che non sto bollando J. Cameron come un semplice artificere pirotecnico, perchè a differenza dell'ignoranza fastidiosa (nella regia) di uno come Roland Emmerich (2012) che non riesce a pilotare le emozioni dei suoi personaggi, i quali saltano e trotterellano tra esplosioni e boati piangendo e ridendo come marionette, Cameron invece fa una soap “coinvolgente” e questo credo sia il segreto del suo successo. Quando dico “coinvolgente” mi riferisco al fatto che una storia classicamente costringe lo spettatore ad immedesimarsi nell'eroe e a fare il tifo per lui, ad esserne partecipe dei suoi destini. Niente di innovativo, ma funziona.
D'altra parte si è circondato di attori professionali, una vera sorpresa per me Sam Worthington, che è il protagonista: Jack Sully.
(Per chi abbia bisogno di dettagli sulla trama saltate alla parte finale di questo articolo e poi tornate a leggere da qui)
Torniamo a parlare di stile. Sembra un film di fantascienza anni '80, metallo, stazione orbitante, mimetiche, Sigourney Weaver con gli stessi vestiti del film Alien (scherzo), qualche tocco anni 2000 con visori immateriali però anche monitor e lucette che sbriluccicano nel laboratorio. Ma l'elemento di fantascienza è solo un pretesto. D'accordo siamo nel futuro i soliti umani vanno in giro a saccheggiare le risorse minerarie di un altro pianeta... ma tutto questo cosa ha a che fare con il concetto di “Avatar” (la parola avatar significa incarnazione appunto oltre ad avere echi nel gergo informatico di alter ego), dove si trova la necessità del passaggio quasi dimensionale, di coscienza? Perchè prendere un corpo alieno... incarnarsi ? C'era davvero bisogno di un sistema così complicato per entrare in contatto con la popolazione Na'vi? Non avrebbero potuto infilarsi una tuta e parlarci? La sceneggiatura è tutta cucita intorno agli espedienti di cesura/cucitura tra le due realtà, cesura che è anche la cesura stessa tra cinema e video 3D, cesura e cucitura affidata alla possibilità che un poligono diventi corpo mosso da “intelligenza”.
L'elemento di “separazione” nasce da una necessità produttiva forse ancora più forte di quella narrativa: la difficoltà eventuale di integrare attori 3D, con attori tradizionali, come per altro succede in alcune scene che devono essere costate molta fatica di mascheramenti e magie con il “green screen” e derivati.
Ma la cesura è anche cesura tra l'immaginario di fantascienza e quello fantasy.
L'elemento fantasy quando vestiamo la pelle blu di Jack è forse una ventata di aria fresca, più fresca del Signore degli Anelli o di Harry Potter e qui siamo davvero dentro un “nuovo” film, quasi una “nuova incarnazione del genere”. Gli elementi “immaginari” che vengono dal mondo dei videogiochi, dai romanzi con draghi ed elfi, entrano prepotenti dentro Pandora, portando anche una purezza ed una tribalità che ben si accordano con lo scenario. Lo spirito della grande madre terra di Pandora, una terra che attraverso gli alberi e le sue creature ha memoria e coscienza della sua identità e del suo passato è un luogo rassicurante e armonico ma anche spiritualista con l'idea di “rete di coscienza”. La fantascienza quindi è solo un contenitore, un involucro per avvicinare il lettore a questo nuovo mondo “virtuale”, il “3d” che in fondo il regista vorrebbe esattamente dentro la nostra realtà, una foresta a due passi da casa.
Ecco come una volta stabilito il confine, il regno di Pandora diverso da quello degli umani, Cameron tenti di abbatterlo durante il film portando “uno di noi” ad essere il “Re” di Pandora, il nostro Jack.
Ecco che scopriamo il duro lavoro del regista che, alle prese con l'idea di fare un film 3D, voleva a tutti i costi lavorare sui generi (cinematografici) per abbattere o circoscrivere una barriera tra digitale e video, filmico e grafico, che prima di cominciare gli sarà parsa una impresa degna del suo ego. Ma il panteismo digitale è un culto difficile da raggiungere e anche dal fascino sinistro. Piuttosto bisognerebbe ricorrere all'idea dell'ibridazione del filosofo A. G. Biuso (“La mente temporale” - Corpo, mondo, artificio – Carocci editore), ma a questo punto Jack sarebbe dovuto rimanere un po' più umano forse senza rinnegare il passato.
Altri aspetti come il tema del doppio, lo smarrimento del personaggio, la doppia identità culturale, potevano essere tematizzati ed approfonditi. A questo dedica un po' del film con la vicenda dell'iniziazione che è anche l'iniziazione dello spettatore a considerare reale, quello che è pura finzione, virtuale. Ma non è sufficiente.
Certo Avatar non poteva essere un film psicologico alla “Moon” di Duncan Jones e Cameron affida solo qualche log diaristico allo sconforto di Jack, che in fondo vive questo suo “passaggio” come una salvezza, il ritorno alla vita. Di sicuro è una scelta sgombra da dubbi perchè tutto è troppo eccitante e bello per tornare dall'altra parte, nel vecchio corpo, tra i vecchi umani. Eppure dubbi ce ne devono essere nel diventare un poligono.
Sono sicuro che Cameron, avendo fatto un lavoro “pop”, ispirerà qualcun altro, per cercare o almeno esaminare le ragioni di quella trappola filosofica che nega la possibilità di traduzione di due culture troppo diverse tra loro... come quella umana e quella aliena.
(spoiler allert: se non volete sapere che succede nel film saltate questa parte...)
Per chi abbia bisogno di qualche dettaglio sulla trama:
il film comincia con l'ex-Marine sulla sedia a rotelle Jack Sully che viene inserito in uno strano programma segreto chiamato “Avatar”, a causa della morte del fratello per una stupida rapina. Misteriosamente scelgono lui per sostituirlo e presto scoprirà che dietro questa scelta c'è il colonello Miles Quaritch (Stephen Lang), che vuole un uomo infiltrato nel laboratorio di ricerca per studiare il nemico.
Ma chi è il nemico? Siamo nel 2154 gli umani hanno colonizzato da oltre 30 anni un pianeta, una colonia mineraria chiamata Pandora, dall'aria irrespirabile popolata dai Na'vi, le scimmie blu (ma non hanno l'aspetto di scimmie, anzi sono umanoidi alti 3 metri con facce strane) nomingnolo inventato dai militari che non li sopportano e che li vorrebbero sterminati. Ma il capo della multinazionale ha un po' di cuore e sta lasciando fare al centro di ricerca che studia la popolazione guidato da Sigourney Weaver, ma Jack arriva in un grosso momento di tensione quando i risultati per una eventuale ricollocazione della popolazione scarseggiano e la nostra multinazionale smania per mettere le mani su una miniera posta al di sotto proprio del villaggio di questi Na'vi dove c'è un grande misterioso albero pieno di vita ed energia. Qui la trovata del film, come fa un ex-marine sulla sedia a rotelle ad entrare in contatto con questa popolazione selvaggia e gigante in un ambiente ostile come una foresta aliena piena di creature selvagge? Semplice, il centro di ricerca ha inventato uno scanner cerebrale che trasferisce il suo cervello in un corpo alieno. Voilà, Jack si sdraia in una bara tecnologica e si risveglia nel corpo alieno e pieno di vita di un Na'vi.
Così riscopre il piacere di poter correre ancora!
Un altro pezzo del film è dedicato alla sua iniziazione nella vita della tribù e l'incontro-scontro-apprendistato con la figlia del re. L'iniziazione del nostro Jack è fatta di lezione di lingua Na'vi, cavalcate e prove di caccia, fino alla cattura di un volatile per scorazzare nei cieli!
Jack si trova piano piano a scivolare psicologicamente dal dovere della missione, al piacere di una nuova vita e alla riscoperta dell'amore. Inevitabilmente si ritroverà tra due fuochi. Così il conflitto è inevitabile, il Col. Miles Quaritch, accelera i tempi e lancia un attacco per abbattere il mitico bellissimo albero della vita di Pandora, supportato dalla cupidigia del boss della multinazionale, per potere finalmente accedere ad un nuova miniera. Allora Jack riorganizza le forze evade e diventa il leader naturale dei Na'vi, in fondo lui è l'unico che conosca i segreti del nemico e che voglia essere Na'vi più di quanto voglia essere marine... insomma dopo le battaglie l'amore trionfa e torniamo a casa rincuorati.
FINE SPOILER
Preparate i pop-corn per queste due ore e mezza di azione e visione del mondo di Pandora, un mondo affascinante e segreto, distante anni luce.
AVATAR
Cast: Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Michelle Rodriguez, Giovanni Ribisi, Joel David Moore, CCH Pounder, Wes Studi, Laz Alonso
Director/screenwriter: James Cameron
Producers: James Cameron. Jon Landau
Executive producers: Colin Wilson, Laeta Kalogridis
Director of photography: Mauro Fiore
Production designers: Rick Carter, Robert Stromberg
Music: James Horner
Senior visual effects supervisor: Joe Letteri
Costume designers: Mayes C. Rubeo, Deborah L. Scott
Editors: Stephen Rivkin, John Refoua, James Cameron