Quando ho scoperto che stava per uscire un Dylan Dog Color Fest (N. 49, NdR) intitolato Lettere dall'Incubo, col celebre Indagatore di Sclavi in cilindro e marsina nella Londra ottocentesca, mi ha quasi preso un colpo, pensando che Mario G., a un anno dall'uscita del suo Hyde in Time, fosse stato incaricato dalla Bonelli di tradurre il romanzo in una trama del detective di Craven Road!
Appena sono riuscito a mettere mano su una copia qui ad Atene, me la sono letta avidamente e ho fugato ogni dubbio di non essere stato allertato per tempo dello scoop: soggetto e sceneggiatura sono di Giovanni Di Gregorio, disegni e colori (notevoli davvero) di Emiliano Tanzillo; la vicenda, in cui Dylan è inspiegabilmente in azione nella Londra del 1889, durante una misteriosa ripresa degli omicidi di Jack lo Squartatore, e viene ingaggiato per indagare nientemeno che dal non meno torvo Edward Hyde, presenta evidenti (e dichiarate) assonanze col graphic novel From Hell di Alan Moore e della relativa versione cinematografica dei fratelli Hughes: infatti Dylan riveste un po' il ruolo dell'ispettore Abberline interpretato da Johnny Depp, oppiomane e "dylaniato" da un amore impossibile (qui sotto il trailer del film).
Però, effettivamente qualche punto in comune anche col trittico romanzesco postmoderno architettato da Mario c'è: oltre alla compresenza del finzionale Edward e dello storico Jack nella stessa vicenda (come già accennato da Moore), colpisce il ruolo di motore della vicenda che riveste il personaggio di Hyde che - da doppio malefico di Jekyll, ma privo di una propria psicologia (come ce lo racconta Stevenson) - diventa il vero protagonista, essenza di un Male indistruttibile nel romanzo di Mario, addirittura IL vero e proprio scienziato scopritore della pozione in DyD, mad doctor che genera il mite e incolore Jekyll per celare i propri istinti brutali e riconquistare l'amata moglie che ne era terrorizzata (un po' come Alice Jones in Hyde in Time, peraltro).
Un ruolo che, ho scoperto, Hyde ricopre anche nella versione teatrale diretta da Sergio Rubini e di cui ho saputo da Roberta - che di Hyde in Time è stata la versatile illustratrice - qualche giorno fa: lei l'ha visto al Teatro Bellini di Napoli e mi ha detto che "Anche lo spettacolo immagina di proporci (attraverso la voce narrante dello stesso Rubini) la prima versione perduta della novella di Stevenson, da cui parte il nostro romanzo. Manoscritto che però il regista pugliese ha trovato in una forma assai diversa da quella rinvenuta da Mario."
"Qui Jekyll ha ucciso la moglie e si traveste da Hyde (ma senza mutazione body horror) con un mantello da Fantasma dell'Opera per nascondere meschinamente la propria natura corrotta, che alla fine è quella dell'intera umanità, che coltiva e nasconde al contempo il proprio lato oscuro, da cui è attratta pur vergognandosene, senza l'intervento d'alcuna pozione fantastica. Quindi l'indagine da cronaca nera aperta dall'omicidio Carew diventa alla fine un caso da psicanalisi junghiana, del tutto svuotata dall'elemento fantastico."
Insomma, tutt'e tre le reinterpretazioni moderne dell'immortale classico di Stevenson condividono il fascino per lo sviluppo del personaggio malvagio, assai più interessante della sua metà 'buona'.
"Anche se in Hyde in Time Mario lo ha riplasmato più arditamente (so che, essendoci coinvolta, il mio parere può sembrar di parte), attraverso la sua poetica dell’Arte come dannazione, partendo dalla liberazione della parte malvagia del Dottor Jekyll, quella istintiva e affamata di vita e di sangue: il 'lupo primordiale', che per creare ha prima bisogno di distruggere. Nel libro Hyde si serve del pittore Walter Sickert per liberare i propri istinti attraverso la creazione artistica, superando addiritttura le barriere del tempo."
Differenti approcci al cattivo 'basso e spregevole', che nelle rispettive differenze, confermano - oltre all'eterno ritorno del classico di Stevenson, già protagonista di mille film - la costante tipica dei thriller, in cui il l'assassino è sempre più interessante delle vite 'normali' dei detective e ancor più delle sue incolpevoli vittime.
Chissà se ci sono in giro altri autori che hanno per le mani nuove versioni alternative di questo mitico primo manoscritto bruciato nel 1885 da Stevenson: un mistero che a quanto pare "cambia contenuto e si adatta all’indole di chi lo ritrova" - come diceva Roberta - "biforcandosi nei diversi sentieri di un giardino di Borges" (a destra, il Tronco degli amanti sauvage, virtuosistico compendio d'arte moderna di Roberta G per il terzo manoscritto di Hyde in Time).
Walter L'Assainato
P.S.: se il titolo vi evoca un altro romanzo mystery (Charlotte Sometimes), e la derivata canzone dei Cure, il caso potrebbe non essere fortuito (ma degno di un futuro articolo d'approfondimento).