Il primo TLOU arrivava come un canto del cigno della Playstation 3 nel lontano 2013, ricordo di aver vissuto con tanta intensità quell’incipit dove Sarah, la figlia dodicenne di Joel, si sveglia nel mezzo di una nascente apocalisse zombie e scappa da casa con il padre e lo zio cercando di capire cosa stia succedendo e poi muore tra le braccia di Joel. Forse abbiamo imparato con questo Covid che l’arte con le sue strane idee apocalittiche a volte è più vicina alla realtà del previsto.
Avevo il pad tra le mani mentre aspettavo di prendere il controllo del personaggio.
Un incipit lunghissimo. Come è possibile, mi chiedevo, sto guardando un film e non una cut scene? Avranno consumato tutto il budget solo per questo spezzone di filmato? Una parte di me completamente estasiata e una parte critica che mi suggeriva cinicamente: “vedrai che dopo questi venti minuti di film il gioco sarà un bluff, in fondo anche questa parte è un cliche di film horror post apocalittici a base di zombie”. Quella voce maligna è stata spazzata via dall’evidenza di un gioco curatissimo in ogni dettaglio con una formula ben bilanciata di storia, emozioni, relazioni, shooting, stealth e sopravvivenza e non ho smesso di giocare per settimane legandomi alle vicissitudini dei personaggi. Quando Joel raggiunge il laboratiorio segreto dove si rende conto che uccideranno Ellie per estrarle il sangue e creare così il primo vaccino che possa salvare l’umanità, dentro di me pensavo: “No Joel non farlo non puoi perdere un’altra figlia una seconda volta” e così l’ho aiutato ad ammazzare tutti e ad uscire da quel posto e insieme a Joel ho mentito ad Ellie sull’accaduto. Pagavo il prezzo del mio egoismo lo stesso egoismo che aveva distrutto il mondo.
Se hai giocato per anni guidando dei buffi pixels che devono salvare una donzella in cima a delle piattaforme questa era senza dubbio l’emozione più sofisticata che avessi mai provato alla fine di un videogioco. Ho pensato certo non sarà paragonabile alla complessità filmica di Aleksey Fedorchenko in Silent Souls... ma caspita! Narrazione, tecnica, gameplay The Last of Us era un cocktail non dico perfetto ma bilanciato e mai visto prima perchè cucito sulle emozioni dei personaggi. Il fatto stesso di farsi strada sterminando zombie e bande di teppisti non è la stessa cosa che in altri giochi. In the last of us tutto ha un senso ed è funzionale alla storia, alle emozioni. Non è il semlice piacere di veder esplodere zombie altrimenti meglio giocare a Killing Floor.
Con queste premesse come si poteva fare meglio in The last of Us part II? Ho pensato a lungo come si dovesse sentire tutto il team e la pressione micidiale di una community che si era creata intorno al gioco che aveva provato qualcosa di unico. Come fare per alzare l’asticella? Può un sequel essere scritto altrettando bene, confezionato tecnicamente meglio e conservare equilibrio ed impatto emozionale?
Povero Neil Druckmann che responsabilità! Invece ci sono riusciti. Un gioco graficamente incantevole, tecnicamente fluido e curato, suoni musiche. Tutto di altissimo livello. Basta guardare come sono collegate le scene narrative da quelle con dentro del gameplay. La telecamera si stacca da terra e fluisce in un pezzo di storia poi si rimette in scia dietro le nostre spalle e riprendiamo il comando. Nessun taglio come se l’anima del personaggio rientrasse nelle nostre mani, nel nostro sguardo un movimento di camera leggiadro, perfetto. Niente cambi di grafica o trucchetti lo stesso mondo visivo nelle nostre mani e lo stesso nelle mani registiche. Chi è allo stesso livello? Forse Rockstar games in Red Dead Redemption 2?
La storia è una specie di lezione sull’inutilità della vendetta. Come se fosse un film coreano, in particolare mi viene in mente Old Boy di Park Chan-Wook. L’embargo contro gli spoiler è finito e ad un mese di distanza direi se ne possa parlare apertamente. Vi spoilero solo il primo colpo di scena, oppure saltate le prossime frasi.
Ritroviamo Ellie cresciuta, adolescente, alle prese con i primi amori, innamorata di una ragazza tosta come lei. Joel è sempre più chiuso in se stesso alla ricerca di maggiore contatto paterno con Ellie e lui è ancora tormentato dai sensi di colpa. Il gioco presenta il tipo di vita che i due conducono dentro il villaggio di sopravvisuti. Una vita fatta di ronde per il controllo e la difesa dagli zombie e di piccole gioie quotidiane alla ricerca di normalità come una festicciola al bar o unirsi ai bambini per giocare a palle di neve.
Il dramma incombe e mentre Ellie esplora il significato di innamorarsi, distanziandosi da Joel come ogni teenager che si rispetti ecco che esplode il dramma della sua morte. Joel trucidato davanti ai suoi occhi per colpa di una organizzazione segreta segna per sempre Ellie. Scampata anche lei alla morte, incomincia un lungo viaggio di vendetta.
Il gioco ti conduce a placare con il sangue questo vuoto emotivo ma sarà alla fine una carneficina senza senso dove niente potrà rimettere le cose come prima, se non la propria volontà di fare pace con il passato. Non proprio un’emozione a lieto fine di un titolo best seller. Eppure The Last of Us convince ancora perchè sa emozionare sino alla fine. Tutta la critica ha osannato il titolo e ancora non ho sentito argomentazioni convincenti del contrario. Alcuni potranno sicuramente snobbare il gioco perchè non in sintonia con le loro personalità o i loro gusti ma nessuno può discutere che TLOU2 sia un gioco incredibilmente ben fatto, persino coraggioso con una ricetta unica e se tutti i giochi fossero a questo livello l’intero settore sarebbe maturo e pronto per consacrarsi ad ottava arte.
Stupisce l’ondata di post (forse dei fake orchestrati dai competitors invidiosi) e recensioni utente dove viene colpito il gioco con voti bassissimi. Commenti insulsi mischiati ad insulti. Direi che soprattutto la società americana ha i nervi scoperti sulle questioni di genere. Aver presentato Ellie come una ragazzina a cui piacciono le donne senza taboo o pregiudizi ha infastidito chi di questi tempi vive di stereotipi sulla supremazia razziale e di genere.
Mi chiedo se siano tossiche solo alcune comunità di videogiocatori o intere fette della società. Non vado oltre.
Fa riflettere il fatto che il gioco ha sollevato anche un dibattito sulle grandi produzioni single player. Un coro di voci invoca giochi meno costosi e con storie brevi che farebbero crescere il settore coinvolgendo più aziende. Voglio solo dire che chi si scaglia contro queste mega produzioni e chi oggi vagheggia dei videogiochi brevi ed economici come terapia forse ha solo in mente di sdoganare le produzioni a basso costo che ci saranno se vincerà l’approccio di erogare i giochi dentro un portfolio in streaming. A quel punto sarà più importante la quantità dei titoli e non la qualità. Stesso fenomeno accade su netflix o amazon dove i soldi vanno a foraggiare non grandi film ma serie televisive (anche se ben fatte) ma com budget lontani dal grande cinema. Io sono convinto che il settore cresca solo con le punte d’eccellenza sia artistiche che produttive, come God of War, Grand Theft Auto V, o Final Fantasy (giusto per citarne alcuni) che mostrano in maniera olimpica dove può arrivare l’asticella. Questo discorso ovviamente non legittima nè pratiche di crunching o in generale le pratiche di gambling o di acquisti in app sleali inserite a sorpresa in alcune recenti produzioni. Ricordo che oggi un gioco costa circa 70 euro e venderne milioni di copie fa sicuramente rientrare dagli investimenti di 100-150 milioni di cui si parla. Chiaro che non tutti gli studi possono permettersi questi budget e che i giochi indipendenti vanno comunque sostenuti.
Chiudo con i complimenti a tutto il team di Naughty Dog, a Neil Drukmann e a quanti hanno fatto sì che questo gioco sia riuscito così bene. Da videogiocatore, grazie.