"Ogni forma d'arte esige un sacrificio", sentenzia Lucille (disegnata coi tratti di Eva Green) a Dylan Dog nel bellissimo ultimo numero ora in edicola dell'Indagatore dell'incubo (Xenon, n. 445), secondo episodio che conclude la storia iniziata con Morte insedici noni, sceneggiatura di Roberto Recchioni e disegni (sublimi come sempre) di Corrado Roi, che ormai bastano a se stessi (infatti la storia è assai poco dialogata), oltre a sfoggiare l'originale impaginazione su tavole a 3 vignette orizzontali ciascuna, invece della classica "gabbia bonelliana" a 6, nel formato degli schermi televisivi rettangolari.
Ben poca tv comunque nella trama, che inizia altresì con un omaggio al cinema, in particolare a Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott (qui sotto il trailer originale del film), citato praticamente scena per scena, dal concerto all'autodafé dell'amante, fino circa a metà del n. 444.
Poi si cambia registro: Dylan, sulle ali di una specie di pterodattilo alla Arzach di Moebius, vola nell'onirico mondo lovecraftiano (e gigeriano) della bella e letale Lucille, che si rivela un'aliena, proveniente dal lontano pianeta Xenon: una "vampira psichica"; e qui la fonte d'ispirazione passa ai Vampiri dello Spazio di Colin Wilson (al libro, non alla versione cinematografica sexy e semplificata di Tobe Hooper). Lucille è una succhiatrice di emozioni umane, avida soprattutto delle più intense. E qui, a parte alcune bellissime tavole intense e magari ardite per un "fumetto da edicola per tutti", che celebrano il dualismo piacere/dolore (sulla strada del Profondo Nero di Dario Argento, sempre disegnato da Roi), arriva la vera trovata originale della trama: l'aliena viaggia attraverso lo spazio sulle ali della propria selvaggia creazione artistica, che nutre delle emozione che prosciuga dagli umani, è quello il suo propellente, disegna per "volare".
Originale, dicevamo? Un momento, ricordiamo cosa diceva il mefistofelico produttore musicale Brain One allo stupefatto tecnico del suono del suo studio al termine della letale seduta di registrazione del mio Lastre di ghiaccio atonali (in Soniche Oblique Strategie, Arcana 2019): "Non c'è creazione di un nuovo capolavoro senza perdita di qualcos'altro: A volte la salute, a volte il senno a volte la vita stessa dell'artista. Quante volte è già accaduto? Rimbaud, Van Gogh, Jim Morrison...".
Quasi le stesse parole, no? E tra l'altro con gli stessi riferimenti artistici: Rimbaud, Van Gogh... io ci ho aggiunto Morrison perché la mia storia era incentrata su una folle creazione musicale ma - a voler guardare - l'arte pittorica è quella che fa varcare le soglie del tempo al mio Hyde in Time, che l'apprende dalle mani del pittore Walter Sickert (a lato un'illustrazione di Roberta Guardascione per il romanzo, Edikit 2023, presentazione ai British Day di Schio domenica 8 alle 16,30 e a Stranimondi, domenica 15 ottobre alle ore 14,30, qui sotto il booktrailer).
In verità, l'Arte che per produrre un capolavoro richiede un sacrificio di pari livello non l'ho inventata certo io: anche Il capolavoro della signorina Witt di Anders Fager (racconto in Culti svedesi, Hypnos 2019) costa la follia alla povera artista svedese che si credeva trasgressiva My Witt, guidata al baratro e al massacro dell'ex marito, decapitato e trasformato in scultura per soddisfare la commissione di un'oscura Fondazione Carcosa. Il racconto prosegue con La Regina in giallo, sul terzo volume dell'antologia di Fager (Tu non puoi vivere, Hypnos 2023).
Ormai anche i distratti avranno capito che il Fager attinge al Re in Giallo di Robert Williams Chambers (nel suo ciclo era un libro che faceva impazzire, un testo teatrale, un po' come il mio Buio in scena di Zorny Galàs). La rete dei rimandi, da Lovecraft fino al Vastarien di Ligotti si fa sempre più ramificata e interessante: ricordate chi era finito in manicomio proprio per aver decapitato la moglie, facendo della sua testa una scultura? Massì, proprio quel mattacchione di Edgar Stark, l'artista pazzo che risucchierà passione, sanità e vita della povera Stella Raphael in Follia di Patrick McGrath (Adelphi, 1998), romanzo definitivo sul dualismo Eros/Thanatos.
Nel libro di McGrath lo sguardo è quello della donna e il focus molto più sull'insana passione dei sensi che su "tormento ed estasi" della creazione. Lo scultore è visto dall'esterno, è la follia della passione che strappa la donna da ogni sensatezza. Ma se quella follia fosse proprio il sacrificio richiesto da Apollo all'artista per un capolavoro a venire a noi celato? La libagione di sangue di Ifigenia, l'origine della tragedia?
La situazione all'origine della tragedia di Edgar e Stella è la stessa di My Witt, come se l'artista del racconto svedese ci proiettasse una sorta di prequel di Follia (e infatti La Regina in giallo è ambientato in manicomio).
Nella storia di Dylan Dog anche il finale per fortuna - ottimistico come dev'essere un fumetto seriale - è coerente col tema, risolvendosi la trama non con una banale scazzottata coi demoni (tante volte vista) ma attraverso l'empatia, unica emozione umana sconosciuta a un vampiro. Ma la tragedia dell'arte (profondamente nera) che esige libagioni di carne e sangue per sgorgare non finisce certo qui.
Sarebbe bello poter raccogliere un'opinione di un esperto in materia come Alvaro Cortez, il regista teatrale di Buio in Scena: ora lui si è innamorato del nostro Situation Tragedy illustrato (lì sì che la tv è protagonista del dramma), al punto da volerne trarre un film. Ci riuscirà? Intanto promette di scrivere la prefazione dell'ancora sospirata edizione cartacea del light novel, che ben figurerebbe in questo saggetto.
Si vede che l'assassino (artista) tende sempre a tornare sul luogo del delitto. O del sacrificio... ne starà fiutando l'accecante profumo anche lui ora?
Mario G