Oggi in ufficio è venuto il disinfestatore per eliminare gli scarafaggi.
Non assomigliava per niente a William Burroughs, non so se anche lui si fa di polvere insetticida come il protagonista del film di Cronenberg tratto da Il Pasto Nudo, ma il flash mi è arrivato comunque nitidissimo.
Pochi giorni fa era arrivato per posta anche Nova Express, secondo capitolo della trilogia Nova di Burroughs – introdotta dal Pasto Nudo (oggi in economica) – che si snoda lungo La Macchina Morbida, questo Nova Express e il Biglietto che Esplose (di futura pubblicazione).
L’autore è stato un postumano ante litteram per 83 anni, drogatofinocchio anarchicouxoricidaparanoicopornoprovocatore. Come tutti i bipedi di quella razza (se ce ne sono altri), la sua opera illeggibileincomprensibileindecifrabile viene di solito interpretata appunto come proiezione delirante di una vita estrema e di una mente intossicata. Anche Cronenberg scelse questa strada per dare una parvenza di bandolo filmico al suo Pasto Nudo.
Ma Burroughs è molto più di un cronista dello sballo: il suo delirio eversivo investe frontalmente la struttura e il senso stesso del linguaggio (“a virus from outer space”).
Parole acuminate, immagini schegge, parole suono, parole di “metallo pesante”… come l’Heavy Metal Kid (Uranian Willy nel libro), da cui Lester Bangs nel ’71 pare trasse per primo la definizione di “heavy metal music”, coniando l’etichetta per uno dei generi più diffusi e longevi della storia del rock.
Il quale ricambiò Burroughs con generosità superiore al reale interesse dello scrittore per la musica alternativa: il cut-up è stato usato da David Bowie per molti testi di canzoni, da The Soft Machine ha preso il nome il gruppo jazz rock di Robert Wyatt, dal Pasto Nudo vengono i nomi degli Steely Dan (il duo cool pop di Donald Fagen, nel libro un vibratore) e della punk queen Lydia Lunch, da Wild Boys l’hit dei Duran Duran, mentre il motto Language is a virus è diventata una canzone di Laurie Anderson. Anche il gruppo gothic Sex Gang Children prende nome da una novella di W.B.
Ci introduce al mondo convulso di Nova Express la lucida analisi di Riccardo Gramantieri, che qui di seguito ci offre un estratto dal suo saggio (inedito) su Burroughs Mancano pochi minuti: la letteratura di William Burroughs.
<< Una guerra galattica, invisibile ai più, è in pieno svolgimento.
Il complotto Nova che vede la Polizia Nova opporsi ai Criminali Nova, parassiti alieni che agiscono a livello subliminale, sembra aver raggiunto l’apice. L’intera popolazione sta per essere soggiogata attraverso la tossicomania e agli alieni, per distruggere la Terra, occorre solo innescare una nova. Il pianeta è contaminato dai Criminali Nova, che sono virus, e l’unica cosa che un poliziotto Nova può fare, è cominciare ad indagare su chi rifornisce di armi gli avversari, e scoprire da quale fonte proviene il nuovo tipo di droga che viene spacciato per strada. Tutte le tracce portano a Winkhorst, un tecnico chimico della Lazarus Pharmaceutical Company implicato nella faccenda.
Comincia così Nova Express, uno dei romanzi più famosi di William Burroughs e terzo tassello della cosiddetta trilogia Nova, opera che comprende anche La macchina morbida (già pubblicato da Adelphi) e Il biglietto che è esploso.
Questa di Burroughs, classico della beat generation ma anche dell’avanguardia degli anni Sessanta,è un’opera che andava riscoperta e che rischiava di venir confinata nel mare magnum dei fuori catalogo. Dispiace che nel suo piano di ristampa, l’editore Adelphi non abbia mantenuto la consequenzialità della trilogia, e che la traduzione sia stata affidata a persone diverse (La macchina morbida è tradotta da Katia Bagnoli, questo Nova Express da Carlo Borriello): la trilogia Nova è infatti composta da episodi, addirittura frasi, che si ripetono nei tre libri. Un’uniformità di traduzione avrebbe permesso di evidenziare meglio quello che l’opera è: una descrizione delle azioni di controllo da parte di un’organizzazione criminale che si ripetono in diversi contesti, tempi e luoghi, ma che rimangono fondamentalmente fissi ed uguali a se stessi. L’operazione di Adelphi ha però il pregio di riportare in auge uno dei grandi scrittori della controcultura, e di promuoverlo (se ce ne fosse bisogno) a classico della letteratura americana.
Volutamente complesso, al pari delle altre opere degli anni Sessanta dello scrittore, il libro è un insieme di rappresentazioni rispondente a schemi ed idee prefissati. Il racconto avanza sorretto da associazioni libere e visioni da droga, dove lo scrittore è un semplice reporter di guerra che trascrive ciò che il suo occhio (la cosiddetta macchina morbida) vede in un dato momento. Una qualsiasi trama sarebbe, non solo una deformazione della realtà, ma soprattutto vanificherebbe lo scopo del partigiano-scrittore, vale a dire riferire agli altri agenti-scrittori del progredire del conflitto senza però farsi scoprire dal nemico con dispacci fin troppo comprensibili.
Quindi, non solo questo Nova Express, che peraltro è dei tre il più accessibile, ma l’intera trilogia è una serie di capitoli, peraltro spesso incompleti o meglio, senza fine o inizio, collegati da una volutamente labile continuità interna. L’intento è, man mano che si prosegue nella lettura, quello di mostrare le varie possibili rappresentazioni del controllo in episodi spesso a sé stanti ma strettamente collegati dagli stessi personaggi che, di volta in volta, si ritrovano in situazioni ed identità diverse. Il protagonista è William Lee, che i lettori già avevano incontrato ne La macchina morbida come tossicomane esploratore della giungla dell’America Centrale e sottomesso a pratiche sessuali innominabili e crudeli. Ne Il biglietto che è esploso veniva assoldato come ispettore dalla Polizia Nova per sgominare i Criminali Nova, la banda che induce ogni disordine possibile sul pianeta. Ora, in questo romanzo, entra nel pieno delle operazioni di guerra, e si dimostra essere l’uomo giusto al momento giusto. Essendo la parola, assieme al sesso e alla droga, la forma suprema di controllo che i poteri occulti possono imporre alla popolazione, uno scrittore tossicomane ed omosessuale risulta l’agente ideale. Ma è anche il bersaglio più scoperto ed esposto di questa guerra da trincea il cui scopo (di Lee, e di Burroughs) è quello di liberare dal controllo il pianeta, e di dimostrare come la letteratura sia, in realtà, un perenne conflitto di informazioni.
Nova express, che venne pubblicato dall’Olympia Press di Parigi nel 1964 e negli Stati Uniti nel 1967, rappresenta la parte avventurosa della trilogia. Se i primi due romanzi erano per lo più rappresentazioni delle scenografie in cui avveniva il conflitto (le giungle dell’America Latina e del pianeta Venere), in Nova Express avviene, almeno in parte, la risoluzione dell’intreccio con un approccio più narrativo e meno episodico. Winkhorst viene arrestato grazie a Willy il Bifo, criminale deciso a collaborare con la Polizia Nova in cambio della cancellazione di vecchi mandati di cattura. Tradendo i propri compagni, il parassita altera la propria struttura di virus, ma da quel momento non avrà vita facile. I tentativi di sbarazzarsi di lui da parte degli ex compagni della banda Nova, aiutati anche dal Popolo Insetto di Minraud, non saranno pochi. La speranza è che, una volta che la Polizia ha proceduto all’arresto, il Tribunale Biologico riesca ad incriminarli.
Col suo intreccio da spy story che mescola i poliziotti quasi impotenti davanti a criminali che agiscono in maniera subliminale, e agenti-scrittori che combattono una guerra basandosi su dispacci ed ordini incompleti, Nova Express esemplifica il dubbio supremo dell’uomo moderno davanti alla parola scritta. Per Burroughs infatti non può esistere libertà dal controllo, fino a quando il virus della parola non verrà eliminato. La vera malattia è il linguaggio, e solo nello spazio profondo, dove regna il silenzio (e dal quale i Criminali Nova provengono), si può cercare un rimedio. Nel frattempo, per non soccombere nella guerra, si può provare a resistere scrivendo tecnica del cut-up, quella che Burroughs ha usato per scrivere i suoi romanzi più noti: il taglio e il riassemblaggio di frasi e parole, dell’autore ma anche di altri scrittori (Burroughs ha utilizzato sovente Joseph Conrad, Jean Genet, Henry Kuttner, Franz Kafka), permette una visione dei fatti ma non una decifrazione lineare degli accadimenti. Burroughs combatte perciò una guerra che non vuole vincere. Una vittoria significherebbe solo uno scambio delle parti fra criminali e poliziotti. Il suo unico scopo è resistere >>.
(Riccardo Gramantieri)
Una lista di citazioni cui noi ci permettiamo di aggiungere arbitrariamente, per un contagio virale del linguaggio di cui magari l’autore non era neppure consapevole, anche il surrealismo di Max Ernst, fantasticamente rappresentato dai tre “romanzi” illustrati, protofumetti-cutup-collage di immagini e frasi in libera associazione, racchiusi nel trittico “Una Settimana di Bontà”, pure pubblicato da Adelphi qualche mese fa in una folgorante edizione completa.
Se dobbiamo fissare un ceppo originario per il contagio linguistico, noi lo pensiamo nei provocatori accostamenti di illustrazioni dalle riviste popolari (“pulp”) dell’epoca, ricombinate da Ernst in pungenti nonsense e incubi visionari “from an outer space”.
Hhhhhffffffffffffffffhhhhhhhhhhhhhhhh........ sento un senso di soffocamento... mi mancano le parole... sono anch'io un insetto... o quella polvere era... un antivirale contro il linguaggio...............................................
hhhhhhhhhhhhhhhhhh.......................
P.S.: Mario G e lo staff Posthuman ringraziano Riccardo Gramantieri, che speriamo torni presto nostro ospite.