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Come avrete letto in giro, ormai gli Oscar incombono: il 26 febbraio sarà la gran serata in cui qualcuno salirà alle stelle, molti piangeranno e moltissimi protesteranno "ma come han fatto a premiare quella porhceria..." o "...a escludere un capolavoro come...".
Ovvio e inevitabile, così va il mondo & the show must go on.
Come leggete - per esempio sul sito del Sole 24 Ore - l'Hugo Cabret di Scorsese (ancora atteso in Italia) fa la parte del leone con 11 candidature, sorpassando di stretta misura il muto-nostalgico The Artist di Michel Hazanavicius, già mito dei cinefili chic, amanti del bianco e nero d'autore.
Invece di lamentarci, noi accogliamo l'idea di Marco e squaderniamo, nel nostro piccolo, i "Posthuman-Oscar 2012": una personale, soggettiva raccolta dei nostri film preferiti dell'annata, senza pretese di completezza o (quando mai?) di concorrenza con i ben più titolati florilegi che praticamente ogni testata di cinema produrrà in questo periodo.
I Posthuman Oscar riflettono ciò che hanno visto e apprezzato (o meno) coloro che abitualmente scrivono di film su questo sito: Mario G, Debora Montanari e appunto Marco Marchetti, vero think tank dell'operazione.
Criteri di selezione: che il film sia stato distribuito nelle sale italiane nel corso del 2011; una sezione speciale ("Fateceli Vedere") è dedicata ai titoli usciti all'estero, presentati (e talvolta ampiamente discussi) in occasione di festival internazionali (Venezia, Cannes, Sitges etc.) ma non ancora distribuiti da noi.
La "Delusione dell'anno" invece sanziona un film molto atteso, acclamato e sbandierato, ma secondo l'autore qualitativamente inferiore alla sua fama mediatica.
Mancano del tutto gli Oscar cosiddetti "tecnici": quelli alle migliori interpretazioni, scenografie, costumi, sceneggiatura non originale, musiche... A parte che non intendevamo scimmiottare necessariamente le categorie dell'Academy hollywoodiana, abbiamo scelto di premiare l'opera nel suo complesso, come frutto riuscito di tutte le sue componenti, convinti che apprezzare un'interpretazione sublime in un film che poi si valuta una ciofeca abbia poco senso.
Ognuno degli autori ovviamente presenta (e motiva) i titoli scelti e le categorie in cui li ha articolati; le selezioni non sono fra loro competitive né si assegnano premi alla somma di giudizi positivi; non c'è pretesa di completezza perché non tutti abbiamo visto tutti i film citati, ma certamente le scelte esprimono gli orientamenti personali (anche molto differenti, come noterete) di chi le firma.
Ove possibile al titolo è linkata la recensione da noi postata a suo tempo di quel film.
L'ordine delle tre classifiche invece dipende solo... dalla rapidità di redazione!
GLI OSCAR DI MARCO MARCHETTI
I fondamentali
1 The Tree of Life di Terrence Malick (perché è immenso, cosmogonico, e perché la colonna sonora ti fa rizzare i capelli)
2 Il ragazzo con la bicicletta di Jean-Pierre e Luc Dardenne (perché i fratelli Dardenne non hanno mai sbagliato un colpo)
3 Una separazione di Ashgar Farhadi (ex-aequo con Il ragazzo con la bicicletta, e poi perché è un capolavoro di regia e sceneggiatura)
4 Melancholia di Lars von Trier (perché è un sogno wagneriano, no?)
5 Emotivi anonimi di Jean-Pierre Améris (per motivi personali)
I complementari
6 Carnage di Roman Polanski (per il soggetto di Yasmina Reza e per la facciona simpatica di John C. Reilly che mi ricorda quella di Gene Wilder)
7 Il mistero di Rookford di Nick Murphy (per l'eleganza di una ghost story tipicamente british)
8 Biutiful di Alejandro Gonzalez Inarritu (perché è più forte di un pugno allo stomaco, e per il naso di Maricel Alvarez)
9 Enter the Void di Gaspar Noé (per i virtuosismi tecnici, per la raffinatezza e per le numerose explicit sex scenes)
10 Le donne del sesto piano di Philippe Le Guay (per la delicatezza e perché non ho voglia di premiare Drive!)
Menzione speciale
A Dangerous Method di David Cronenberg (premio carriera al regista)
Delusione dell'anno
La pelle che abito (perché, pur essendo meglio de Gli abbracci spezzati, è troppo uguale a tutto l'ultimo Almodovar per entusiasmare davvero. E poi la kitscheria in salsa gay ha francamente rotto i coglioni).
Fateceli vedere!
1 Hors Satan (perché è un film di Bruno Dumont, il regista francese più snobbato in Italia)
2 Meat di Maartje Seyferth e Victor Nieuwenhuijs (per il coraggio, per l'onirismo e per il sesso spinto)
3 The Woman di Lucky McKee (perché è l'horror più viscerale che si sia visto da un po' di tempo a questa parte)
4 Another Earth di Mike Cahill (perché il gemello incompreso di Melancholia)
5 Wake Wood di David Keating (perché è un Hammer-film fatto dannatamente bene, e poi perché l'ho scoperto io!).
GLI OSCAR DI MARIO GAZZOLA
1. Enter the void (per lo sperimentalismo estremo e unico, capace di sfidare qualsiasi concetto di fruibilità del prodotto)
2. Drive di Nicolas Winding Refn (grande noir tragico vecchia scuola, poche parole, sguardi e azioni inesorabili)
3. Melancholia (von Trier realizza un nuovo grande capitolo del suo cosmico, leopardiano attacco alla desolazione dell'Uomo in un universo per nulla benigno)
4. Pina di Wim Wenders (mai danza fu così "danza+" come nelle sublimi immagini 3D del Maestro per la Maestra Bausch)
5. La pelle che abito (Almodovar riesce a rifare Occhi Senza Volto di Franju per l'ennesima volta nella storia del cinema, ma facendone un film 'suo' a tutti gli effetti, nonostante un finale mediocre)
6. A dangerous Method (Cronenberg non deborda più dallo schermo ma attraverso Jung ci mostra i mostri che abitano la nostra "normalità" psichica)
7. Carnage (a Polanski bastano le parole per uccidere i suoi attori sul teatrale ring di un salotto borghese)
8. Black Swan (Aronofsky si conferma formalista di lusso in un noir teatral-lynchiano vicino ai miei propositi letterari)
9. Sucker Punch di Zack Snyder (strabordante apparato visivo action-videoludico per un doloroso cammino iniziatico manicomiale)
10. Il mistero di Rookford di Nick Murphy (una ghost story inglese classica con fine scavo psicologico sui personaggi).
Delusione dell'anno
Machete di Robert Rodriguez (spiace, ma senza Tarantino o Frank Miller alla sceneggiatura, il suo mariachi-pulp si riduce a un chiassoso telefilm di Chuck Norris girato con più mezzi).
Fateceli vedere!
4:44 Last Day On Earth di Abel Ferrara, ideale complemento al Melancholia di von Trier e al bellissimo Another Earth di Cahill nel campo di una fantascienza filosofica, "umanistica" e malinconica. Ma perché solo a Venezia, Abel?!
GLI OSCAR DI DEBORA MONTANARI
1. Super 8 (J.J. Abrams): uno dei pochissimi tentativi di riportare al cinema gli anni ’80 che non ha fallito: un film che è una vera macchina del tempo per chi ha vissuto il cinema di quel periodo. Un inno al cinema e alla letteratura di fantascienza degli anni ‘80 e anche alla sua filosofia.
2. Sucker Punch (Zack Snyder): uno straordinario e drammatico viaggio iniziatico, un cammino dell’anima verso la libertà raccontato in modo superlativo e originale da uno Snyder più alternativo del solito, capace di affrontare l’ermetismo alchemico. Un film d’azione che riesce ad essere profondamente poetico. Uno dei finali più potenti e comunicativi del cinema.
3. Drive (Nicolas Winding Refn): una delle più belle regie degli ultimi tempi, una capacità di racconto impressionante: un film dove i dialoghi sono ridotti all’osso, dove le immagini superano le parole e l’azione diviene “voce” narrante.
4. Source Code (Duncan Jones): la difficoltà del raccontare le realtà alternative e i viaggi nel tempo qui viene annullata con un trama che gestisce questi temi ostici con grande intelligenza. Anche qui un finale emozionante, che ci viene fatto vedere più volte ma non lo riconosciamo come tale se non nell’ultima scena del film. Grande prova d’attore per Jake Gyllenhaal.
5. L’alba del pianeta delle scimmie (Rupert Wyatt): un film interpretato quasi esclusivamente da scimmie che toglie il fiato per l’emozione. Una storia che sa ragionare sui sentimenti, lasciando nel cuore di chi lo vede emozioni da placare, emozioni da capire e dubbi filosofici su cui ragionare. Apre la mente e il cuore.
6. Tron Legacy (Joseph Kosinski): il film riesce a mantenersi fedele al primo nell’atmosfera e nei ritmi. Si premia il coraggio di una operazione che torna indietro di ben 28 anni: il miglior 3D della stagione cinematografica, non solo a livello visivo, ma soprattutto perché ne giustifica l’uso inserendolo come protagonista della sceneggiatura e trasformandolo in un’altra dimensione per l’altra dimensione.
7. Limitless (Neil Burger): perché affronta il tema dei superpoteri da un nuovo punto di vista, dimostrando che una supermente ti può portare molto in alto, anche se non sai volare. Il finale è un sorprendente colpo di scena.
8. Midnight in Paris (Woody Allen) è spassoso, intelligente e i dialoghi sono invitanti: invitano a una danza con il tempo e con la bellezza; un viaggio nella vita e nel mito di artisti eterni. Uno dei film più freschi e divertenti dell’anno.
9. Thor (Kenneth Branagh): per le splendide scenografie e una sceneggiatura che gioca sull’ironia in maniera gioviale e fresca, senza mai spostarsi dai veri protagonisti: ragione e sentimento.
Attimi di suspence in attesa del decimo film con cui Debora chiuderà la sua top ten e... a voi la parola: concordate? Dissentite? Manca qualcosa? Lo spazio commenti qua sotto non aspetta altro che i vostri pareri, aggiunte, critiche. Fatevi recensori per un giorno!
Posthuman
P.S.: il PostOscar in apertura è una foto scattata da Mario e rielaborata da Waler.