La discografia, già falcidiata negli anni passati da pirateria, P2P etc., sta probabilmente reggendo meglio di cinema e teatri l'apocalisse epidemica. Nonostante ci tocchi registrare che le annunziate nuove uscite dei veterani Deep Purple e dei ruggenti Blues Pills sono state procrastinate in vista della riapertura dei negozi e dei relativi tour promozionali, la brulicante offerta di novità musicali per noi sempre affamati - oggi ancor più - di sonorità oblique.
Come forse avrete già letto sul Corriere Innovazione, Brian Eno - forse invidioso del crescente seguito del collega Brain One - è ritornato all'ambient da lui stesso inventata più di 40 anni fa con un album registrato insieme al fratello Roger: si chiama Mixing Colours, lo trovate già disponibile su Spotify e giustamente i due pensosi autori lo definiscono "bedroom recordings", essendo frutto di file Midi scambiati a distanza fra i musicisti come il momento prescrive anche alle star.
Ricco di riferimenti a Satie, è un ascolto rilassante che - come tutti gli ambient - sconta forse il rischio di una certa staticità.
Se invece sperate che almeno la musica vi dia un po' di movimento, l'etichetta Go Down Records ha appena sfornato un plateau di nuove proposte sicuramente più cariche d'elettricità, di cui andiamo a dirvi nel dettaglio.
Beesus - 3eesus
Partiamo dal disco con la copertina più affascinante (in apertura): il terzo album dei doomster romani è infatti avvolto dal quadro di Max Ernst L'Europa dopo la pioggia II (in apertura, qui a destra la copertina col quadro per esteso), che il grande surrealista aveva concepito in relazione all'apocalisse nazista che stava sconquassando l'Europa all'epoca, e che sicuramente la band ha scelto prima che la sua lussureggiante follia simbolica acquisisse una valenza metaforica dell'apocalisse attuale.
Per quanto riguarda la musica, trattasi appunto di un doom/sludge potente, con lunghe suite strumentali tipiche del genere, ma anche con interessanti squarci melodici, come ad esempio la funky-pepperiana Suffering Bastards o la successiva Sleng Footlose, pesante di bassi distorti ma con break strumentale psichedelico e interessanti intrecci vocali di solista e coro, o la desertica Flags On The Sun, che ci riportano alla memoria la molto rimpianta varietà nell'hard degli indimenticati Jane's Addiction.
Se sognavate un po' di emozioni hard, qui ci sono 41' per volare alti. Anche a livello internazionale.
Mother Island - Motel Rooms
Dentro la copertina più anodina del lotto risiede invece l'album più pregevole. Anodina e secondo me "sbagliata", perché evoca una new wave freda e geometrica alla Wire, anziché la calda e vibrante pischedelia jeffersoniana del quintetto vicentino, per cui il sottoscritto ha davvero un debole: la roca vocalità di Anita-Slick-Formilan e le trame chitarristiche twang dei suoi compagni secondo me non hanno nulla da invidiare ai migliori cantori del "pulp psycho blues" recenti, dai compianti Opal (David Roback ci ha lasciati in febbraio) ai rinati Dream Syndicate.
Aperto da due perfetti singoli potenziali come Till The Morning Comes (solo omonima di quella di Neil Young) e l'irresistibile Eyes of Shadow, anche se poi il vero singolo scelto è la terza And We're Shining, il loro terzo album Motel Rooms avrebbe tutte le carte per figurare nella colonna sonora di un ipotetico sequel di un Dal Tramonto All'Alba tarantiniano o di una nuova stagione di True Detective. Infatti il loro immaginario è assai più quello che ritrovate in un video come On Days Like These, e che io (non richiesto) caldeggerei anche per... la copertina di cui dicevo!
Album leggermente più melodico dei precedenti questo, cui mancano brani sperimentaleggianti come ad es. Danse Macabre sul penultimo Wet Moon, ma che è comunque impreziosito da arrangiamenti originali come quelli dei fiati neworleansiani di We All Seem To Fall To Pieces Alone.
Se sognate di viaggiare di notte per desertiche desolazioni americane, fermatevi a dormire nella loro Motel Room, non vorrete più uscirne.
E, se anche a voi saranno piaciuti i Mother Island, il consiglio è di recuperare anche i bolognesi Alice Tambourine Lover, sempre di casa Go Down: il loro Down Below non è novità del mese perché risale al 2019, ma coltiva le medesime atmosfere folk psichedeliche - forse giusto un tantino più acustiche e narcolettiche - con suadente voce femminile sussurrata (Alice Albertazzi) e ricami di chitarre (Gianfranco Romanelli) di netta ascendenza paisley underground americano.
Vv. Aa. - Go Down Records 2003/2020
Tutto ciò, e molto altro, lo ritrovate infine nell'opulenta compilation che celebra l'attività dell'etichetta dal 2003 al 2020, appunto: 19 brani (28 nell'edizione digitale) per riassumere l'iter musicale attraversato nei primi 17 anni d'attività. Oltre alla psichedelia delle band citate, degli originali Ananda Mida e dei grandi Vibravoid tedeschi, allo stoner/sludge di Fatso Jetson, Humulus, Elepharmers e Maya Mountains, oltre ai Beesus di cui sopra. Ma anche al ruspante punk di Diplomatics, Licantropy e Roozalepres, e il garage rock dei pionieri The Morlocks (notevoli), Link Protrudi And The Jaymen e degli italici Dome La Muerte (degli storici Not Moving) And The Diggers.
Se sotto quel fumettistico robottone trita-metropoli dalla testa di vinile che campeggia in copertina vi aspettate un "giro del mondo rock in 80 minuti" qui c'è tutta la varietà che potete sognare.
Buoni ascolti, godetevi i viaggi. Anche dopo... la "pioggia".
Mario G