“Anche la peggior fantascienza è migliore
(…) della miglior narrativa convenzionale.”
(J.G. Ballard, Visioni)
Monofonic Orchestra è lo pseudonimo di battaglia di un musicista solo: Maurizio Marsico (foto a destra), che dai primi ’80 si accanisce a “far impazzire sintetizzatori” (definizione sua) sotto varie identità come The Space Boys, Fontana, Frisk the Frog, Soul Boy, oltre appunto al semplice Maurizio Marsico e al più ambizioso Monofonic Orchestra, con cui ora pubblica Post_Human Folk Music (cd Spittle New/Goodfellas, copertina in apertura), un album che potete ben capire che… beh, ovvio: Posthuman non poteva non occuparsene!
Anche perché il Marsico è creatura musicale mutante come quella specie di “Predator marsicano” che scorrazza nel suo video An Eyebrow In Cursed Fair tratto dal nuovo album (di cui vedete un paio di still frame ai lati): ha iniziato a New York col minimalismo di Rhys Chatham (dove è iniziata l’amicizia-collaborazione col Stefano Tamburini di Ranxerox), in seguito alternandosi – coi diversi “marchi” – fra elettronica d’avanguardia esoterica alla Eno/Cluster e incursioni dadaiste nel techno pop/eletro funk (gli anni ’80 erano quelli della new wave italiana dei Gaz Nevada, CCCP e primissimi Righeira, che guardavano più ai Devo che alle spiagge ibizeche), fra sigle televisive e jingle pubblicitari (la fase più sbarazzina la trovate antologizzata su The Sunny Side Of The Dark Side dello scorso anno, stessa etichetta).
Post_Human Folk Music appartiene sicuramente alla prima categoria: quasi 55’ di musica strumentale suddivisa in soli tre brani, di cui il primo occupa ben 45’24”! Sticky Metal Tyles è una “monofonic electrosymphony” articolata sostanzialmente in sei movimenti: il primo sono oltre 7’ di electro beat freddo post Kraftwerk con borborigmi vocali ottenuti rielaborando suoni sintetici per farli somigliare alla voce umana; dopo un intermezzo ambient elettrobucolico, sui 9’ parte il secondo, una sorta di meccanofunk rallentato, su cui si stende un lungo, delicato assolo di clarinetto quasi raveliano (Francesco Massa), un versante più jazzy dell’elettronica (“Nel disco abbiamo suonato l’elettronica come in una jam jazz degli anni ’40”, ci ha detto lui. “Non abbiamo mixato diverse tracce, ma abbiamo suonato diverse versioni dei brani e poi tenuto la migliore, come si faceva una volta”); assolo spezzato da un secco intervallo di chitarra elettrica (Nick Massa). A 16’44”, dopo un altro stacco ambient cinguettante, parte il terzo movimento, in cui torna protagonista il leader che si libra in alati fraseggi acid jazz al piano elettrico fino al ventesimo minuto, quando riparte la ritmica robotica con effettini spiritosamente da disco music anni ’80 screziati da nuove increspature di chitarra no wave e rumorismi random (“voglio ‘far sudare’ il synt”, dice sempre Marsico: “i sintetizzatori attuali ci permettono di programmare anche variazioni impreviste entro una determinata sequenza”).
A 25’ siamo al quarto movimento, che riprende il primo per circa tre minuti. Poi, a 28’, il quinto ci trasporta sul versante più astratto e “postumano” in senso stretto dell’elettronica marsicana. Che, poco prima dei 32’, cede il passo a un nuovo solo pianistico jarrettiano del Marsico “colto. A 34’ ritorna l’elettronica e le vocine distorte simulate, poi la ritmica e il basso pulsante (Carlo Massa): è il sesto e ultimo movimento, che chiude la suite ritornando alle ritmiche smaccatamente da drum machine e agli effettini cheap da colonna sonora dei Tangerine Dream.
Il secondo brano, il citato An Eyebrow In Cursed Fair (parodia di un titolo di Terry Riley) dura poco più di 4’ (come il terzo) e ci riporta sulle strade desolate di Eno e Roedelius (o sono rotte spaziali viste a testa in giù?): gli stessi scenari minimalisti da film di fantascienza distopica anni ’70 (adesso le colonne sonore dei film servono a promuovere i musicisti nu metal in quota alla major produttrice) che troviamo nel brano conclusivo, che fa pendant col precedente già dal titolo (Another Eyebrow In Cursed Fair) e viaggia su riff sintetici sganciati dalla ritmica.
Grande appassionato di fantascienza da sempre quanto dell’inseparabile sintetizzatore (“per la nostra generazione ha avuto un’importanza pari alla chitarra elettrica per quella precedente, ti obbliga a creare il tuo mondo sonoro, proprio come in quegli scenari suburbani alla Ballard, no?”), Marsico è anche un brillante teorico dei metodi del far musica e del suo senso nell’epoca “della riproducibilità di massa”, come leggerete nel booklet riprodotto qui accanto (“Paradiso artificiale, intelligenza artificiale, musica artificiale), con argute riflessioni sul concetto di “naturale” e “artificiale” nell’arte e nella società contemporanea, in cui – da quando la musica si ascolta con un giradischi – l’elettronica non può più definirsi suono “artificiale” perché in realtà lo è quanto una sinfonia di Beethoven accuratamente registrata in studio su 36 piste, poi equalizzate e mixate a simulare l’orchestra intera meglio che in qualsiasi teatro.
Lui lo esemplifica alla perfezione nel d.j. set condotto per Radio Raheem (nell'ambito del Reverso Festival, dove Maurizio suona sabato 24 alle 21 alla Santeria di Viale Toscana a Milano), in cui - con spirito autenticamente postmoderno - innesta frammenti di Robert Wyatt, Silverapples, Miles Davis (da Live Evil) e John Cage in un continuum sonoro apparentemente di techno più "tamarra" (come il suo look).
Questo immagino sia il senso dell’espressione Post_Human Folk Music del titolo, come anche della misteriosa creatura umanimaloide selvatica cui si accennava sopra a proposito del video: nella società ipertecnologica in cui ormai le precognizioni del cyberpunk sono diventate il presente in cui tutti noi navighiamo, l’elettronica che un tempo si definiva “fredda” (o appunto “artificiale”) è in realtà il neo-naturale, quel “monstrum” ibrido che ci appartiene di diritto, il cyborg che noi stessi già siamo. Elettronica che, attraverso i sintetizzatori della generazione più avanzata, sta riconquistando la possibilità di “improvvisare coi pattern”. Lo stesso concetto di "naturalità dell'elettronica che troviamo in Nature Spontanee - firmato da Marsico con Riccardo Sinigaglia e pubblicato l'anno scorso da Solchi Sperimentali Discografici, l'etichetta nata dal libro di Antonello Cresti sull'avanguardia italiana (cover a lato) - album che dà un senso al concetto che l'elettronica (qui più ambientale) sia la naturale evoluzione contemporanea della psichedelia al di là del revivalismo.
Un percorso apparentemente “inverso” (iniziato già da Herbie Hancock) che è l’ascolto ideale per affrontare la lettura dell’ultimo William Gibson tornato al cyberpunk, e che in italiano porta proprio quel titolo (su cui torneremo presto). Un po' come... già, Reverso, no?
Mario G
P.S.: la citazione di Ballard in apertura è ripresa dal booklet dell’album.
Le frasi fra virgolette di Maurizio Marsico sono tratte dall’intervista che ci ha concesso lo scorso 1 marzo e che leggerete in forma completa nel saggio su rock e fantascienza in via di pubblicazione per Arcana nell’autunno 2018.