“Parola che cade – Tempo che cade – ‘Amore’ che cade –
Carne che cade – Foto che cade – Immagine che cade.”
(da Il biglietto che esplose, 1962)
“(i Semi Umani) Sono in grado di fare tutte le cose che si fanno in sogno…
E continuano a cambiare identità. Chi ero io il secolo scorso?”
“La porta verso un’altra dimensione si può aprire quando la frattura tra ciò
che uno dovrebbe sentire e ciò che in realtà sente fa uno strappo nel tessuto.”
(da Strade Morte, 1983)
Burroughs aveva già capito tutto. I suoi deliri psichedelici erano già irti di personaggi dalle identità mutevoli, che scompaiono e riappaiono in punti diversi – a volte addirittura in romanzi diversi – della sua contorta, stordente bibliografia, fin dai primi anni ’60 della Trilogia Nova (in italiano su Adelphi) da cui proviene la prima citazione qui sopra. Come il pistolero Kim Carsons, che transita su Strade Morte e Terre Occidentali (1983/87, ambo editi in italiano da Elliot) che sguscia dal West fra i nazisti, gli antichi egizi, Hasan -i Ṣabbāḥ e gli arabi dei tempi delle crociate, invasori venusiani e così via.
Prima di lui, un personaggio cambiava sesso nel corso della trama di Orlando di Virgina Woolf (libro del 1928 e bel film trattone da Sally Potter). Ma anche nel racconto Tutti voi zombie di Robert A. Heinlein, che è del 1959 (lo trovate su Urania 1603, Il mestiere dell’avvoltoio), quindi antecedente Il biglietto che esplose: che il guru beat abbia trovato ispirazione nella più lineare prosa futuribile di Heinlein? Gustosa ipotesi che non siamo in grado di verificare ma stuzzica, sapendo che Burroughs era un avido consumatore (e riciclatore) di tascabili di fantascienza.
Specie dopo aver visto Predestination, il film che i fratelli Spierig (quelli di Daybreakers) hanno tratto da Heinlein, arricchendo il racconto originale di un’ulteriore trama giallo-terroristica, facendone la più folgorante e inquietante sciarada mentale sui paradossi del viaggio nel tempo della fantascienza recente. Nella quale Ethan Hawke, sbirro temporale a caccia appunto di un inafferrabile terrorista, Fizzle Bomber (il bombarolo sibilante?), dal 1981 – anno d’invenzione della tecnologia per il viaggio nel tempo, plana nel 1975 per impedirgli di compiere una strage a New York che si sa essere avvenuta proprio quell’anno (un po’ alla Minority Report di Dick, che è del 1956).
Impiegato come barista a mo’ di copertura, il baffuto Hawke incontra un bizzarro cliente dai tratti effeminati, ghost writer di confidenze intime per riviste femminili. Effeminato perché, come scopriremo quando gli racconta la sua storia, lui era nato donna ed è diventato uomo dopo un parto difficile (entrambi i personaggi sono interpretati dalla bravissima Sarah Snook, giovane scoperta australiana). Ecco perché è così credibile nel suo alter ego editoriale fittizio di “Ragazza Madre”!
Infatti Jane, prima di diventare John, era stata messa incinta da un fidanzato poi sparito nel nulla. Ethan-detective gli propone di tornare indietro nel tempo con lui a vendicarsi del seduttore. Ma, così facendo, innesca una pazzesca girandola di loop temporali che porterà la donna ad essere contemporaneamente padre e madre di se stessa e se stesso a specchiarsi nel ricercato terrorista in un modo che neppure lui avrebbe mai sospettato…
Non vi sveliamo troppo perché vale la pena di farsi stordire dai paradossi cronologici che frullano e superano tutto quanto abbiamo già visto in questo campo: oltre al citato Minority Report (Spielberg, 2002), l’immancabile Terminator (Cameron, 1984), L’esercito delle 12 Scimmie (Gilliam, 1995), ma soprattutto lo spagnolo Los Cronocrimines (Vigalondo, 2007) e Looper (Johnson, 2012). Lo superano con questo elemento dell’identità fluida di un personaggio, che collega l’aspetto s/f alle visioni surreali di Orlando o del Lynch più recente, Strade Perdute e Mulholland Drive), fino al geniale e sottovalutato Cloud Atlas (Watchowsky Bros & Tykwer, 2013).
Il risultato è geniale e spiazzante: si esce dalla sala ancora frastornati, cercando di ricostruire un ordine logico dei fatti (e delle identità), una logica concatenazione che, se davvero il tempo si può ripiegare su se stesso come un nastro di Moebius, non esiste neppure. Ma esiste un film da vedere assolutamente (anche rivedere più volte), registicamente solidissimo e accuratamente realizzato (anche le ambientazioni nelle diverse epoche, dal 1945 all’81, passando per una fantastica Space Corp negli anni ’60 resa con un “futurismo vintage” degno dei telefilm di Ufo, come vedete nella foto qui a lato), che ha ottime carte per diventare il nostro film dell’anno. E certamente consacra Peter & Michael Spierig (sceneggiatori, registi, produttori e pure autori – Peter – delle musiche, benché fra gli aspetti meno memorabili della pellicola) definitivamente Autori di serie A del fantastico moderno.
Un film che segue fedelmente situazioni e dialoghi (alla lettera) del racconto nella storia di Jane/John –mentre amplia, dicevamo, il ruolo dello sbirro aggiungendo il terrorista braccato – toccando anche temi alti come l’identità (individuale e sessuale), il confronto fra libero arbitrio e predestinazione (da cui il titolo), riuscendo a bilanciare le sorprese concettuali, i colpi di scena thriller e la raffinatezza psicologica nel tratteggio dei sentimenti della piccola orfana e della giovane che nessuno vuole vicino a sé.
Peccato solo che la distribuzione nelle sale (dal 1 luglio) potrebbe relegarlo a un… tempo ingrato per l’attenzione che meriterebbe e che invece il pubblico italiano d’estate solitamente nega. Ma voi non esitate, entrate nel loop: ci ritroveremo in sogno.
Mario G