Il Nemico Invisibile è un film senile. Il regista Paul Schrader, oggi 68enne, nella sequenza iniziale (probabilmente la più intensa) del precedente, non riuscitissimo The Canyons, celebrava una specie di cimitero degli elefanti di sale abbandonate del cinema americano che fu. Quello di cui probabilmente lui stesso si sente un protagonista sul viale del tramonto.
Ecco perché il suo ultimo film è un thriller spionistico in cui i temi politici (la lotta della CIA contro il terrorismo islamico) restano in un certo senso di sfondo rispetto a quello che si staglia come vero nucleo narrativo, anche più della componente action, pure presente e bella solida: il confronto finale fra due vecchi (in tutti i sensi) nemici, un redde rationem atteso per tutt’una vita e raggiunto quando ormai incombe il tramonto, di questa e alla fine anche del senso stesso di lottare contro un avversario politico, terroristico o quale che sia. Forse un tema che il regista sente molto a cuore.
Evan Lake (l’invecchiato Nicolas Cage, in realtà oggi solo 51enne) è un eroe della CIA: sequestrato e torturato per giorni dal terrorista islamico Banir 20 anni addietro, è l’unico ancora convinto che il suo antico rivale sia ancora vivo e, soprattutto, a volergli ancora dar la caccia. Quando i suoi superiori s’accorgono che è pure affetto da demenza frontotemporale (una specie d’Alzheimer più aggressivo che gli lascia al massimo 8 anni di vita e già comincia a causargli i primi vuoti di memoria, tremito in una mano e pericolosi sbalzi d’umore e di percezione sensoriale), Evan si trova pensionato di colpo. Altro che task force per dar la caccia ad un nemico che ormai ricorda solo lui. È la fine per un uomo d’azione ancora prestante, uno che divide il mondo in “uomini d’azione e… tutti gli altri” (è una sua massima nel film).
Ovviamente, porterà avanti la sua ultima missione da solo, supportato dal giovane collega Anton Yelchin (a lato nella foto con Cage e Schrader, sul set della sparatoria finale), che si gioca la carriera per aiutarlo. I sensi e la memoria cominciano a tradirlo, ma il fiuto era giusto: Banir (Alexander Karim, nella foto qui sotto a sinistra) è ancora vivo, benché malato a sua volta. Vive nascosto nella sua casa a Mombasa, anche lui tagliato fuori dalla lotta armata cui ha consacrato la vita e accudito premurosamente da uno stuolo di deferenti fedeli, che gli procurano le medicine per combattere la talassemia che lo sta minando dal di dentro.
La caccia passerà da Bucarest e dall’aiuto della pure invecchiata Irène Jacob, vecchia amica, che forse avrebbe potuto/voluto essere la compagna di vita di un eroe che si è consacrato al lavoro e alla solitudine e si concluderà appunto a Mombasa, nel regno di Banir. Naturalmente non vi diremo come, per non guastare il clou di un action thriller, anche se animato da eroi sul viale del tramonto. Ma sappiate che l’abile sceneggiatore Schrader ha saputo ricavare dal loro confronto finale una scena davvero sorprendente (qui sotto), anche se non sarà proprio il vero finale del film, anche se picco all’interno di un film che rimane sostanzialmente un buon prodotto commerciale, che alterna le zampate del vecchio leone coi numerosi cliché del genere.
L’impaginazione della pellicola è molto classica, evita gli eccessi spettacolari alla Mission Impossible ma è anche certo che i black out del protagonista non danno vita a una struttura sperimentale innovativa come quella del Memento di Nolan, di cui pure balena qualche ricordo. Ma va detto che in realtà non sappiamo esattamente quale fosse il risultato finale che voleva Schrader, e forse non lo sapremo mai: come attestato persino dalla pagina Wikipedia sul film, infatti, il regista insieme a Cage e al coproduttore esecutivo Nicolas Winding Refn (inizialmente candidato alla regia) ha disconosciuto il film perché il final cut che vedrete in sala dal 9 luglio è stato realizzato dalla produzione senza il suo intervento.
Cosa sarebbe stato Il Nemico Invisibile nelle mani di Refn è uno di quegli stimolanti interrogativi amletici destinati a rimanere senza risposta (il terzo capitolo di una trilogia noir composta da Drive e Solo Dio Perdona?). Ma cosa avrebbe voluto farne il regista che tuttora compare nei titoli vorremmo tanto saperlo per davvero… chissà che un giorno non emerga un director’s cut a svelarcelo (come lo si sogna, che so, per Jade di Friedkin).
In ogni caso, anche se non cambierà la storia del cinema, anche così com’è Il Nemico Invisibile vale la visione. E ci interroga tutti col suo drammatico quesito: se sapessi d’avere ancora pochi anni di vita, quale sarebbe la tua ultima missione?
Mario G