-------------------------------------------------------------------------------------
Ancora un film di vampiri, ci autodomandavamo retoricamente nella recensione di Lasciami Entrare, ed ecco che il tandem Gargoyle-Millennium Storm ce ne offre già un altro, ristampando in un bel dvd (ricco di extra e con la sceneggiatura originale nel booklet) Hanno Cambiato Faccia.
Si tratta del poco noto (e sottovalutato) film di debutto di Corrado Farina, intelligente e sfortunato regista che – dopo le delusioni seguite al suo Baba Yaga (ad oggi ancora il miglior film sulla Valentina di Crepax) – abbandonò l’ingrato mondo del cinema italico dedicandosi a romanzi (alquanto cinematografici), che ormai nessun produttore oserebbe realizzare, di cui vi parla spesso anche nella sua rubrica fissa mensile su Nocturno.
Peccato, perché Hanno Cambiato Faccia è un film più che interessante, anche se – o forse proprio perché – molto datato. Spieghiamoci: di vampiri nel senso classico qui non ce n’è nemmeno l’ombra, sia chiaro. Zero sangue, niente morsi sul collo e atmosfere gotiche rimpiazzate con un’austera villa fra i boschi torinesi, vecchia di fuori e moderna di design dentro. Nella storia del giovane dirigente della Auto Avio Motors (una Fiat sotto pseudonimo), Alberto Valle, convocato alla villa del leggendario e tenebroso proprietario, l’ingegner Nosferatu (interpretato con sprezzante distacco dall’ottimo Adolfo Celi), il quale gli propone la presidenza della società praticamente in cambio della sua anima, il vampirismo esiste unicamente in quanto metafora politica.
L’“anima risucchiata” di Alberto Valle corrisponde infatti al suo completo asservimento al mostruoso progetto di controllo totale da parte di Nosferatu delle masse di persone-lavoratori-consumatori, di cui il magnate dice nientemeno: “in fondo la gente non sa cosa mangiare, cosa leggere, dove andare in vacanza… per che partito votare. Io la aiuto a conoscere i suoi veri desideri, e glieli soddisfo. Tutti”.
Il sangue che Celi-Nosferatu succhia dunque alla “gente” è ovviamente il libero arbitrio, l’illusione di autodeterminare la propria vita, di cui in realtà il Potere programma ogni passo, dalla culla alla tomba, in un immutabile loop mercantilistico di lavoro-produzione-bisogno-consumo.
Mammamia, che pistolotto sessantottesco, no? Già, infatti siamo nel ’71 e Farina intendeva rinfrescare la sua passione per Murnau e le storie di vampiri ai venti di rivoluzione che soffiavano nel clima politico dell’epoca.
Ne risulta un bizzarro film, più fantasociologico e surreale che horror in senso stretto, ricco di trovate visive argute a dispetto di mezzi minimi e tempi di lavorazione stretti: come le 500 bianche guardiane della villa, oppure Nosferatu che fa tiro a segno su sagome-bersaglio che gemono quando vengono centrate, o ancora gli elementi d’arredo autopubblicizzanti… un film in cui l’amaro messaggio sulla minaccia del conformismo totale rimanda più agli umani clonati degli Ultracorpi di Siegel/Kaufman che non al Nosferatu di Murnau (o dell’Herzog che verrà 8 anni dopo). È un parallelo – magari un po’ tirato – che mi ha ispirato soprattutto la scena della nursery, in cui Valle vede dei neonati, il cui cammino esistenziale è già tutto meticolosamente riportato in un libro, in cui il protagonista legge anche il proprio destino, ossia appunto la presidenza dell’azienda.
Piccoli, gustosi corollari che ci possono certamente far sorridere per l’inevitabile effetto di “come eravamo” mediatico… o, se preferite, far riflettere più amaramente su cosa siamo diventati: per l’appunto, i puri e semplici “tubi (catodici) digerenti” del consumismo incontrastato che Farina e gli oggi vituperati sessantottini temevano, senza meno. Uomini a una dimensione (il film si chiude proprio con una citazione di Marcuse), “consumatori” che il capo del governo in carica non esita ad esortare a “non modificare le proprie attitudini al consumo” a seguito della crisi economica (frase riportata qualche settimana fa da un Tg serale RAI).
Mi son lanciato anch’io in un fervorino politico? Sentite un po’ questo monologo di Celi-Nosferatu: “Io non possiedo solo un certo numero di fabbriche, di aziende, di grandi magazzini… io possiedo anche giornali, partiti politici, movimenti d’opposizione, banche. Sotto il mio controllo agiscono i capi”. No, non proviene dall’Infedele o da Anno Zero di una di queste sere, l’ha scritto Corrado Farina. Nel ’71. Quando il capo del governo attuale era ancora un innocuo palazzinaro.
Preveggente? O forse dov'eravamo diretti era tutto già chiaro allora, e la Storia - quando noi protesteremo "eravamo in buona fede, non pensavamo che sarebbe finita così!" - ci giudicherà con meno clemenza di quanto ci aspettiamo?
Riscoprite Hanno Cambiato Faccia senza trema d'apparire degli antiquari: ormai avete capito perché va visto proprio in quanto datato. Irrimediabilmente confinato in un’epoca in cui si osava pensare di potersi opporre al proprio ruolo di sacrificabili pedine del meccanismo, un sogno che oggi nessuno si sente la forza di rispolverare, anche se i tempi sarebbero maturi e lo sfascio dovrebbe smuoverci. Se lo farete, vi sembrerà di vedere un nitido legame per esempio con la Sabina Guzzanti che nel 2008, nel suo spettacolo Vilipendio (visto recentemente al PalaSharp di Milano) ci invita a non credere al pensiero unico oggi dominante, secondo cui il famigerato ’68 altro non sarebbe stato che "l’anticamera del terrorismo".
Io l’ho fatto. Non sarà il film delle feste natalizie 2008, ma da un po’ di giorni ogni volta che vedo un telegiornale sento nella mia testa Adolfo Celi che declama grave: “la nostra società ha bisogno di uomini che sappiano comandare”.
Non ingozzatevi col panettone.
Mario G