Da consumato entertainer quale ormai è diventato l'ex poet maudit del rock, Nick Cave affronta una serata promozionale per l'uscita del suo nuovo romanzo - La Morte di Bunny Munro (Feltrinelli) - in cui alterna astutamente l'inedito ruolo 'istituzionale', cioè quello di autore letterario, con quello per cui è più noto, ossia (ormai è fuor di dubbio, dopo 30 anni di carriera senza cadute) uno dei più importanti autori-performer della rock song mondiale, nel pantheon di miti (anche suoi) come Dylan, Cohen etc.
Il primo è quello più difficile, sul secondo gioca da padrone della scena.
Il primo gli impone di leggere in inglese brani di un libro che i più (incluso il sottoscritto) hanno in mano ma non hanno ancora letto (non tutto, almeno, per quanto mi riguarda), per un pubblico italiano al quale si concede con una sorridente disponibilità, che il Cave d'un tempo mai avrebbe accettato (era quello che a un remoto concerto impose di spegnere gli accendini durante un lento, "se no smettiamo di suonare"!), rispondendo con ironia gigiona anche quando le domande che gli arrivano sono di una pochezza imbarazzante ("perché hai tagliato i baffi?", "rimpiangi Johnny Cash?", "Come posso presentarti a mia mamma?"). Poi ci chiediamo perché in generale gli stranieri ci considerano dei simpatici cretini...
Il secondo lo induce a circondare le letture con proiezioni di video “d’ambientazione” alle spalle e alternarle con un florilegio di canzoni, non necessariamente connesse alla trama del libro, ma che alla fine son quello che la gente vuole da lui.
E lui lo sa: il libro dev’essere un lancio grosso (ci regalano persino bustine di crema per le mani, di cui il protagonista Bunny Munro è piazzista, personalizzate colla cover del libro) e vale un po’ di sforzo.
Re Caverna lo condivide con una band bignami formata dai soli Martyn P. Casey al basso e dal fido Warren Ellis (nella foto a destra con lui, ormai suo vero braccio destro musicale), che suona il violino (a volte come una chitarra elettrica o un banjo), le percussioni, un po’ di chitarra acustica e in una canzone addirittura il flauto (!).Sfilano canzoni storiche (le classiche Mercy Seat, Tupelo, the Weeping Song, the Ship Song) e più recenti (Into My Arms, Lime Tree Arbour, Are You the One That I've Been Waiting For?, God is in the House etc) dei Bad Seeds e anche brani dei più hard blues Grinderman in versione ‘cameristica’, per i quali Nick lascia l’amato pianoforte per la chitarra acustica o elettrica. Anche i cavalli di battaglia più energici del passato però non soffrono degli arrangiamenti ‘denudati’ e strappano l’applauso ai fan dell’Australiano. Che ricambia con una generosità e una disponibilità al dialogo e allo scambio col pubblico cui chi lo conosce da tempo fatica a capacitarsi: pensate che abbraccia persino un paio di ragazze del pubblico…!
Per essere più efficace la presentazione del libro, a metà serata Cave cede il palco a Stefano Benni, per un’intensa lettura in italiano di un lungo brano del romanzo, che ci offre più agevolmente un assaggio del feeling – vagamente bukowskiano – del suo coté narrativo attuale. Sicuramente più maturo e padrone del mezzo di quando 20 anni fa esordì con E L’Asina Vide L’Angelo, quando la solitudine quasi biblica del suo Euchrid esprimeva un’urgenza più furibonda e meno articolata, quella di un giovane che si sente estraneo al mondo che lo circonda (nel ‘92 avevamo intervistato Cave per il mensile FareMusica insieme al suo traduttore italiano Emilio Pedroli).
Oggi Nick ci racconta di un uomo maturo, Bunny, che affronta i prosaici problemi del quotidiano con tutta la meschinità del mediocre, che di fronte a una donna (o a mille) vede solo una ‘fica’, a confronto col figlio di 9 anni, dopo il suicidio della moglie. Se la sua nuova fluidità (e l’abbondante sexploitation) ci definisca uno scrittore complessivamente cresciuto ve lo diremo terminata la lettura del romanzo: intanto, sondando ieri sera fra il pubblico, abbiamo raccolto pareri discordanti.
In ogni caso, la presenza di Benni offre un notevole contributo al versante letterario della serata: io sono tornato a casa con più curiosità di proseguire nella lettura di quanta non ne avessi prima, il brano della donna-dura maestra di arti marziali che umilia lo sciovinista Bunny è notevole.
{mosimage}Una bella serata, un approccio nuovo a canzoni anche lontane nel tempo; anche per chi, come noi, di concerti di Nick Cave ne ha sentiti almeno sette o otto in vent’anni (per esempio la sequenza fotografica live sopra a sinistra io l’ho scattata a un concerto al festival di ArezzoWave del 2003, se non erro).
Qualche bis e gran finale con fiumana umana a caccia d’autografi sul libro e hardcore fan in attesa all’uscita posteriore del teatro.
Mario