Addentrarsi nel geniale e labirintico graphic novel di Grant Morrison disegnato da Chris Burnham (riedito da Saldapress in una lussuosa versione hard cover arricchita di tavole originali e 'making of', di cui a lato vedete la copertina e sopra una vignetta originale) è un po' come dare l'assalto all'asteroide Xibalba al centro della trama, che minaccia di schiantarsi sul nostro triste pianeta (un po' come nel "ciclo della meteora" che va a concludersi coll'attesissimo numero 400 di Dylan Dog): si rischia fortemente di smarrire senso della logica e senno del lettore in "un tesseratto ricorsivo di mille realtà convergenti, un ipercubo di cui ogni faccia porta con sé molteplici alternative potenziali", definizione che prendiamo in prestito dalla recensione (a firma di Davide Scagni) pubblicata dal sito specializzato Fumettologica.
E' un articolo piuttosto articolato e completo, solo non fatevi ingannare dalla frase all'inizio del terzo capoverso: "La trama in realtà è piuttosto semplice", è ironica! Niente di più falso: in realtà quella trama è un vertiginoso gioco di specchi mentali, che conviene affrontare con l'aiuto delle chiavi di lettura inserite dall'autore medesimo nell'appendice intitolata Lavori Notturni, e che chiamano in causa l'immancabile Lovecraft (la remota guerra fra arcani dei affonda le radici nelle sue oscure cosmogonie), ma anche Arthur Machen (la 'Pietra Sessanta'), l'altrettanto immancabile Burroughs (la sua Dreamachine sviluppata coll'amico Gysin), gli occultisti John Dee ed Edward Kelly, Castaneda, Piranesi e Le Corbusier, la cabala, l'epica Maya di Popul Vuh e non meno oscure divinità della mitologia babilonese e sumera, come Marduk, patrono della città di Babilonia e dio del Caos dai quattro occhi, da cui tra l'altro prende il nome l'omonima black metal band scandinava.
Il Senzanome del titolo è un "enigmatico e sfrontato esperto di occultismo in grado di muoversi a piacimento nella dimensione onirica" (definizione che invece viene dalla recensione di Pulp, scoperta grazie all'amico Giovanni De Matteo), sboccato e dalla moralità non cristallina come un John Constantine/Hellblazer, che "viene assoldato da alcuni eccentrici miliardari per guidare una squadra di dodici apostoli/astronauti nella missione di tentare di salvare il mondo dalla collisione col gigantesco asteroide" di cui sopra. Ascensione nello spazio che - spiega sempre Davide Carnevale su Pulp Libri - "rapidamente si capovolge in una vera e propria catabasi, una discesa agli inferi e nella profondità della psiche umana che non prevede ritorno".
Ma in cui i fantarocker fra voi anche non iniziati alle delizie esoteriche di Alan Moore (con il cui ciclo Neonomicon/Providence la storia di Morrison presenta diverse assonanze) e Alejandro Jodorowsky (ciclo de L'Incal) scopriranno non poche chicche di occultismo musicale, ben oltre l'origine del band name degli svedesi Marduk e dai progressivi teutonici Popol Vuh, autori negli anni '70 di diverse colonne sonore per film di Herzog (tra cui Nosferatu), ma anche dei loro colleghi doom Tiamat, pure svedesi, dal nome ispirato alla dea madre del cosmo e degli oceani, sempre nella mitologia babilonese.
L'ultima chicca si collega invece all'innesco stesso della vicenda: dice infatti il protagonista Nameless che sul mondo "ha iniziato a «piovere merda" nel 2001, "quando le Torri Gemelle sono crollate e Malkuth è saltato su Yesod" (ovvero la Terra è saltata sulla Luna, per tradurre gli elementi dell’Albero della Vita della cabala ebraica). "A quel punto si è rotto il confine tra realtà e immaginazione", spiega ancora Scagni su Fumettologica.
Ma allora in questa storia, definita non a caso un mix di "Apollo 13 + L'Esorcista", il viaggio spaziale s'è svolto davvero o è stato solo un'allucinazione, un tuffo nell'inconscio del povero Nameless, manipolato a propria insaputa dalla minacciosa Dama Velata (a destra)?
Mentre ci lambicchiamo sullo psichedelico rompicapo, ben reso dall'innovativa grafica delle tavole del Burnham dall'ardito layout prismatico (v. a lato), ci sovviene perlomeno la scoperta di una certezza: che quando David Bowie in Station to Station cantava "One magical movement / from Keter to Malkuth" non si riferiva (come io pensavo da ragazzo) a due città esotiche collegate da qualche misteriosa Transiberiana, bensì ai due opposti vertici dell'albero della vita cabalistico, la "corona" o "diadema regale", centro della volontà creatrice, ispirazione dell'universo e il "regno", che rappresenta la realtà fisica, associata al pianeta Terra (v. sopra).
Oggi lo vediamo nelle foto che trovate sull'edizione cd dell'omonimo album del '76 (v. qui a destra), in cui il Biondo è ripreso sdraiato in mezzo a disegni cabalistici, con l'attillato abito blu che riscoprirà quasi 40 anni dopo per girare il video di Lazarus, brano di commiato sull'ultimo album Blackstar, irto di metafore dell'imminente fine dell'albero della vita del cantante, come spiegano varie fonti (QUI un articolo dell'epoca sul Mirror con le rispettive immagini giustapposte).
Ci torneremo in una delle prossime puntate di Sound Invaders in Wonderland, ma dubito che i tempi ci consentiranno di sviscerare a fondo i molteplici e scivolosi piani di lettura dell'opera del Morrison, oltre che i suoi rimandi alla mitologia del rock. Che il graphic novel del Morrison ci permette di notare quanto abbia flirtato col mondo dell'occulto, e non solo durante la psichedelia '68esca più acida o nell'heavy metal "satanico", ma anche nel prog o nell'insospettabile funk di metà Settanta del Bowie pre-berlinese.
Non ci resta che notare che anche il vascello spaziale che porta Nameless e i suoi compagni di sventura verso l'asteroide arcano si chiama White Valiant, come una canzone dal primo album omonimo dei neozelandesi The Mutton Birds. Lo dice lo stesso Grant Morrison al termine dei Lavori Notturni, che peraltro conclude invitando "la popolazione femminile a fare una rivoluzione, massacrare l'archetipo del guerriero supereroe rock star e salvare il mondo!". Ma allora...?
Lettura obbligatoria.
Mario G