Non siamo esattamente sul filo dell’attualità (l’albo speciale n. 31 intitolato Nemico Pubblico N. 1 è uscito il 21/09), ma – siccome tanto ne esce solo uno all’anno – neanche troppo fuori tempo. Ne scrivo adesso perché lo sto leggendo solo ora e perché comunque la lettura mi conferma l’idea maturata entusiasmandomi per i precedenti episodi della minisaga ideata da Alessandro Bilotta: Il Pianeta dei Morti (di cui qui ai lati vedete le copertine degli ultimi due numeri, Nemico Pubblico N. 1 e La fine è il mio inizio) è una delle più ardite operazioni di decostruzione della mitologia sviluppata da un personaggio di successo del fumetto da edicola, senza se e senza ma.
Dylan Dog ha da un anno superato la boa dei 30 anni di vita editoriale e non c’è bisogno di ripetere che peso abbia avuto il suo successo sul rilancio dell’editore Bonelli. Come anche i suoi colleghi - nati proprio sull’onda del suo boom - Nathan Never, Julia o Dampyr, Dylan Dog li ha percorsi rimanendo sempre uguale a se stesso, col suo aspetto da bel tenebroso 30something, risolvendo ogni mese casi nel campo del mystery, del weird, dell’horror sovrannaturale, qualche volta della s/f pura.
Ritrovarlo qui invecchiato, colle tempie grigie e la cravatta, a capo di un surreale corpo di “detective dell’incubo” tutti vestiti come lui (jeans, camicia rossa e giacca nera) come divisa d’ordinanza, ma soprattutto stanco e sconfitto dal senso di colpa per non aver saputo salvare (o uccidere) l’amico Groucho, così condannando il mondo alla diffusione dell’epidemia zombesca di cui il suo assistente è stato il “paziente zero”... di più, vederlo addirittura ripiombare nell’alcool (tabù da cui abbiamo sempre saputo essersi liberato nel background della sua storia) e così disperato da cercare l’oblio chimico in un’oasi degli immemori (geniale trovata narrativa!), secondo me è un’idea degna di un Alan Moore.
Vero è che Moore ha smitizzato il mondo dei supereroi già negli ’80, ma per farlo ha creato personaggi nuovi (i Watchmen), non ha smembrato l’eroicità di personaggi con alle spalle un vissuto già trentennale come quello di Dylan Dog, che rende proporzionalmente rischiosa l’operazione in termini di gradimento. Si sa infatti che il pubblico è piuttosto conservatore e non ama i cambiamenti nei personaggi che ama: è difficile accettare le differenze in Nathan Never date dall’essere il personaggio scritto da tre autori diversi (la “pattuglia dei sardi” Serra, Medda e Vigna), ancor più difficile mi pare di capire sia risultato il (pur cauto) restyling operato su Dylan Dog dalla nuova direzione di Roberto Recchioni. Ho letto online commenti spietati di (ex) fan che dicevano che L’Investigatore dell’Incubo “doveva chiudere dopo il numero 100” addirittura, che le storie "han perso spessore" eccetera. Certo, in ogni campo c’è e ci sarà sempre chi trova che “i Rolling Stones non sono più quelli di una volta” (ma va’?). Eppure, la Bonelli ha osato molto, non solo in termini d’innovazione su alcune costanti della testata (l’ispettore Bloch, il nuovo Carpenter con l’assistente Rania, qualche interrogativo su Groucho, un nuovo cattivo, l’uso del cellulare…), ma anche sperimentando nuovi disegnatori dagli stili anche arditamente eccentrici, specie nelle proliferanti edizioni speciali, albi Color Fest e così via.
Per esempio, a mio parere le recenti copertine di Gigi Cavenago (di cui qui sotto vi proponiamo una mini galleria) hanno una qualità e una ricchezza pittorica innegabilmente strepitosa rispetto alle pur storiche copertine di Angelo Stano…
...Ma, si sa, la mamma dei laudatores temporis acti è sempre incinta.
Tornando però al Pianeta dei Morti, va detto anche che l’idea di Bilotta è stata inoltre sostenuta con una buona dose di coraggio editoriale dalla Bonelli: a mia memoria, l’unico personaggio dei fumetti che è invecchiato parallelamente alla propria vita editoriale è Valentina di Crepax, infatti il personaggio sparisce al compimento dei 40 anni d’età perché non potrebbe più rivestire credibilmente i panni succinti – spesso nulli – dell’eroina sexy che ne hanno fatto un successo mondiale. Ma Dylan Dog è un personaggio per così dire meno d’auteur della brunetta di Crepax: è protagonista di una serie mensile da edicola, come Diabolik, Alan Ford o i suoi predecessori bonelliani Tex e Zagor non invecchia mai, non si cambia neanche d’abito… insomma, per farla breve, secondo me la saga di Bilotta “tira” all’estremo le coordinate del personaggio, sia estetiche che caratteriali.
Le vicende del Pianeta dei Morti sono infatti immerse in un clima non solo post-apocalittico ma soprattutto malinconico, dove non c’è spazio per autentici eroi ed eroismi ma solo per personaggi crepuscolari e abbattuti, a confronto con la tragedia più inesorabile della condizione umana: l’incombenza della morte, o l’alternativa non molto più appetibile di una “vita eterna” da zombi comunque disumanizzati. Dylan e il suo arcinemico di sempre Xabaras, ambedue incanutiti, faticano persino a lottare come han fatto in molte storie della testata e, fra i personaggi minori, compare persino (sign o’ the times) una donna anziana ma ancora piacente, tutta “rifatta” a colpi di chirurgia estetica, che vivrà la sua ultima primavera sentimentale proprio col misterioso (ma sensibile) Xabaras.
Leggetelo (ma abbiate cura di seguire la saga dall’inizio, ha una sua continuità a differenza dei consueti albi mensili nuovi), Il Pianeta dei Morti: vanta i disegni drammaticamente tratteggiati ed evocativi di Sergio Gerasi (alcune tavole ai lati dell'articolo) e osa sfondare narratologicamente i confini di un solido personaggio del fumetto popolare come forse solo il Cavaliere Oscuro di Frank Miller o l’Arkham Asylum di Grant Morrison/Dave McKean hanno fatto su un classico come Batman. Ma anche lì siamo nel graphic novel d’autore, non certo nella serie da edicola.
Mario G