"Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Per me è la fine. Non ti avvicinare a questa storia"
(Lettera di R. Black a Tom Malone, da Providence)
È finalmente uscito in italiano (sempre per Panini Comics) il terzo volume di Providence, che porta a compimento l’ambizioso, possente viaggio nel mondo di Lovecraft scritto da quel geniaccio sovrumano di Alan Moore e disegnato da Jacen Burrows, di cui QUI abbiamo già parlato del secondo volume (e di cui vedete la copertina in apertura, qui ai lati alcune altre cover degli episodi 9-12 raccolti nel vol. 3 e un paio di tavole tratte dal volume 3).
Che dire? Si resta praticamente annichiliti dalla ricchezza di temi, riferimenti, espiciti e impiciti all’opera letteraria e alla vicenda esistenziale di HPL che Moore riesce ad intrecciare all’avventura dell’insicuro aspirante scrittore gay Robert Black. Il giovane giornalista in quest’ultima parte del fumetto intreccia addirittura una fruttuosa collaborazione col nuovo amico Howard (Lovecraft, naturalmente), che consente a Moore di omaggiare tutta la cerchia del Solitario: Nathaniel Hawthorne, Ambrose Bierce, Lord Dunsany e Arthur Machen, fino ai “colleghi” di Weird Tales Clark Ashton Smith, Robert Williams Chambers e Robert Bloch (l’autore di Psycho, quasi omonimo del protagonista).
Una collaborazione maledetta però, questa di Black con HPL, che porterà il protagonista “nelle fauci della follia”, a diventare inesorabilmente strumento dell’occulto piano dei Grandi Antichi (mai esplicitamente nominati nel fumetto) per tornare a dominare il pianeta (come prefigurato da diversi racconti lovecraftiani), sciogliendo definitivamente il “muro del sonno” che separa il mondo del sogno da quella che siamo soliti considerare la realtà. Qui Moore cita esplicitamente HPL: “Possiamo supporre, ad esempio, che la vita, la materia, l’energia come il mondo le conosce non siano costanti nel mondo dei sogni, e che il tempo e lo spazio non esistano come li concepiamo da svegli. A volte penso che questa esistenza meno materiale sia quella autentica e che la nostra vana presenza sul globo terracqueo sia di per sé un fenomeno secondario o puramente virtuale” (da Oltre il muro del sonno).
È spesso addirittura difficile seguire il filo dei molti personaggi incontrati dal povero Black nel suo pellegrinaggio fra New England e Rhode Island (per cogliere i cui parallelismi coi personaggi di HPL può essere utile l'ottima tabella realizzata su questo blog) e che qui ritornano tutti nella vertiginosa e virtuosistica carrellata-incubo pre-finale (ritmata dai 78 giri del disco You Made Me Love You cantato da Al Jolson), in cui allo sbandato Black appaiono le future inenarrabili conseguenze della circolazione dell’opera di HPL (dall’amico Black stesso ispirata, ci racconta Moore) e in particolare del suo famigerato Necronomicon, argutamente presentato come lo pseudobiblion che effettivamente è, tuttavia ritenuto reale da molti (nel corso del tempo affascina Borges, gli hippy del ’68 e Burroughs) e che così finisce per scatenare davvero forze mostruose e inconcepibili.
Il Necronomicon viene ispirato dal libro di Hali (altro pseudobiblion, inventato da Ambrose Bierce), in Providence trascritto da Black durante una consultazione in biblioteca che gli suscita orrende allucinazioni; indi finalmente partorito da HPL nel suo ruolo di Redentore atteso dall’occulta setta della Stella Sapiente e annunziato dal mellifluo araldo Carcosa (nome di un’arcana città che da Bierce passa a Chambers, HPL e arriva fino all’odierno George R.R. Martin) al fine di diffondere l’empio Verbo degli Antichi. E il velato Carcosa dalla blesa, affettata parlata, è il personaggio che fa da trait d’union fra il 1919 e il tempo presente, in cui investigano gli agenti dell’FBI a caccia dei satanisti responsabili di una serie di turpi delitti connessi nel corso del XX secolo, che avevamo già incontrato nel Neonomicon, prima incursione di Moore/Burrows nel mondo lovecraftiano, appunto ambientata ai giorni nostri e a cui si ricollega la trama di Providence alla fine, dandoci così spiegazione (per quanto folle e disumana) della pazzia dell’agente Sax e della gravidanza di Merril, violentata da un mostro erotomane nel Neonomicon.
Beninteso, oltre a un’enciclopedia di citazioni e allusioni che manderanno in solluchero l’appassionato lovecraftiano (e disorienteranno il neofita) – una fra tutte, gli occhiali viola per visualizzare le creature dell’oltre (come nel racconto Dall’Ignoto, reso in film da Stuart Gordon con From Beyond dell’86, l'effetto nella cover a sinistra) – Providence si spinge anche in mare aperto con personali e ardite interpretazioni della materia in questione: ad esempio, la sofferta omosessualità del protagonista (che ritorna a più riprese, anche in tavole molto esplicite) sarà una metafora di presunta gaytà dello stesso HPL, di cui Moore narra che nel breve periodo in cui fu sposato non si levava i guanti nemmeno nei rapporti con la consorte?
Ancor più inquietante l’idea che il libro – “non solo il libro di Hali o uno di Lovecraft. Ogni libro”, intuisce un’agente dell’FBI – sia un “agente trasformativo… influisce sulle persone e sulle società come un contagio”. Pensiero stimolante quanto agghiacciante per ogni bibliofilo (“un po’ lo capisco pure che ne abbiano bruciati tanti”, conclude la detective), che ci porta alle soglie del burroughsiano “language is a virus from outer space”. Ottica che rende significativo il passaggio in cui il vecchio Bill passa in una stamperia in cui si sta proprio tirando un testo di HPL, manifestando il pensiero di inserire questo “Kutulu” nel suo nuovo lavoro (cosa che il grande destrutturatore del linguaggio farà davvero nell’Invocazione a divinità arcane all’inizio del suo Città della Notte Rossa dell’81).
Ecco che tutto si salda: la prosa solenne e antiquata di HPL tocca gli sperimentalismi del guru della Beat Generation, come dimostrando il “contagio” appunto insito in ogni parola scritta, l’occulta contiguità fra narrazione fantastica, testo scientifico e speculazione mistica, pure ben presenti nella storia.
E non è ancora tutto, certo: come ogni opera del Moore, ci vorrebbe sempre un libro grosso il doppio per renderne compiutamente conto. Ma non temete: oltre a profonda cultura sul gotico americano, fini citazioni e somma bibliofilia, il fumetto non ci nega anche le necessarie scene forti, sia sul piano sessuale (qui più fortemente omo che nei primi due volumi, come si diceva, vedi tavola a sinistra) sia su quello prettamente horror, ad es. col mostruoso ballo dei decapitati o con la blasfema Natività mostruosa nel disperato finale, cosmicamente nihilista.
Il tutto sempre finemente dettagliato nei disegni di Jacen Burrows, cinematografico nelle sequenza in widescreeen quanto preciso nel dare forme nitide come se fossero piantine del suo giardino agli orrori sovrannaturali che HPL lasciò quasi sempre non esplicitamente descritti nei suoi racconti, fedele al proprio motto secondo cui la paura dell’ignoto è la più invincibile per l’umana mente.
Nel caso ci fosse ancora qualche dubbio, Providence (trittico completo, insieme al precursore Neonomicon) è un capolavoro assoluto che non deve mancare in una libreria horror che si rispetti. Volete mica arrivare alla fine del mondo senza sapere da dove è partito il contagio, no?
Mario G