“Forse domani il castello di sabbia sarà ancora lì… mentre noi saremo scomparsi come insetti effimeri…”.
(da Castello di Sabbia)
Una famiglia americana, padre prudentissimo attuarista assicurativo, madre organizzatrice di mostre paleontologiche, giunge in un lussuoso resort esotico, ricostruito dalla produzione (Universal) nella Repubblica Dominicana come spiega il regista nella featurette che vedete qui di seguito, che dettaglia le vicissitudini logistiche legate alla selvaggia ambientazione su una spiaggia in balia delle onde oceaniche.
«Castello di sabbia mi ha profondamente ispirato e cambiato. Leggere questo graphic novel mi ha fatto pensare alla nostra fragilità e a come le nostre vite passano così in fretta.»
(M. Night Shyamalan)
Guy (Gael García Bernal) e Prisca (Vicky Krieps) hanno un figlio maschio e una femmina piccoli tra i 4 e i 6 anni circa (vado a memoria) e stanno per separarsi, non senza difficoltà. Il direttore dell'hotel propone loro una gita speciale in una spiaggia da sogno che pochi conoscono, ma dove - insieme ad altri selezionati ospiti del resort - potranno essere trasportati in pullmino (dal regista stesso, che fa il suo cameo come autista).
La spiaggia, cinta da alte e puntute scogliere, è un vero paradiso, in cui prendono posto i fortunati turisti del benessere, trovandola occupata solo da un corpulento rapper nero che se ne sta in disparte e sanguina dal naso. Poco dopo però il paradiso si spalanca sulle porte dell'inferno: il corpo della giovane e bella fidanzata del rapper galleggia sull'acqua. L'ha uccisa lui? No, lui l'amava, non sa come sia accaduto... peggio, in un paio d'ore i bambini si sono già trasformati in adolescenti, l'anziana madre di un medico, pure lui sulla spiaggia con moglie-sventola da esposizione e figlia piccola, muore altrettanto inspiegabilmente. No, è spiegabile: muore di vecchiaia.
In breve è chiaro che tutti su quella spiaggia invecchiano a vista d'occhio, vivendo praticamente l'intero corso della propria vita nell'arco di una giornata. Ma, per quanto ci si provi, dalla spiaggia è impossibile fuggire. Tra esplosioni d'insensata violenza e tentativi di trovare una via di scampo frustrati, qualcuno impazzirà, molti moriranno e solo due sapranno riscoprire nella tragedia il senso della vita e dello stare insieme.
Terminata l'ambiziosa e dilatata saga supereroistica Unbreakable/Split/Glass (tutti recentemente ripassati in tv), M. Night Shyamalan (sul set nella foto accanto) torna al fantastico surreale, prendendo di petto una delle paure... forse LA vera Paura di quest'inizio di millennio: la paura d'invecchiare, decadere, perdere ogni controllo sulla nostra bilogia e sulle inguardabili degenerazioni del nostro coltivatissimo corpo, a dispetto del wellness, del fitness e di tutta la nostra avanzatissima scienza medica.
«Mi preoccupano il cambiamento climatico e il rischio di estinzione delle specie, compresa la nostra… Noi umani facciamo fatica a prendere in considerazione pericoli di tale grandezza. Spesso ho l’impressione che nelle nostre vite non ci preoccupiamo delle cose essenziali.»
(Pierre Oscar Lévy)
Regista e sceneggiatore francese, Lévy ha scritto Castello di Sabbia (Coconino Press/Fandango, 2021) in forma di graphic novel disegnato (secondo il mio personale parere sgraziatamente) dallo svizzero Frederik Peeters, per poi collaborare col regista indiano alla sceneggiatura del film Old, tratto appunto dal suo fumetto, che dimostra una volta di più - ove ce ne fosse bisogno - del momento di grazia che sta vivendo oggi il fumetto, non solo l'universo Marvel ma anche quello cosiddetto "d'autore" (abbiamo visto Old mentre pensavamo di recensirvi l'apocalittico La Terra dei Figli tratto da Gipi, altro titolo Coconino).
Qui sotto vedete il trailer italiano del film, nelle sale italiane dal 21 luglio:
"Non penso mai di fare un horror", afferma il regista indiano naturalizzato statunitense Manoj Nelliyattu Shyamalan nell'altra, breve featurette sul mood emotivo della sua nuova pellicola (che vedete sempre qui sotto).
Nondimeno, pur senza eccedere in gore, Shyamalan non nega nulla a noi appassionati delle tinte forti: sangue, pugnalate, rimozione di tumori al vivo, un fulmineo parto, arti contorti, invecchiamento con pelle incartapecorita (a destra) e fossilizzazione prematura dei corpi (a sinistra), rocamboleschi e sanguinosi tentativi di fuga dall'inesorabile spiaggia che generano una serie di colpi di scena ben dosati uno dietro l'altro, che rendono i 108 minuti del film un ottovolante di sorprese che non ci lascia un istante di noia, oltre che un pregevole saggio dell'abilità registica dello Shyamalan, prodigo di carrelli circolari ad assediare i suoi "spaventati eroi", di panorami da levare il fiato, di cromatismi saturi e caldi, una festa per gli occhi che solo il ritmo frenetico della trama rischia di non lasciarci il tempo di godere con calma (come del resto accade ai malcapitati turisti).
Fino allo spiegone finale, aggiunto al film (non sappiamo dirvi se per scelta registica o produttiva), e infatti fortunatamente del tutto assente dal graphic novel, cui spetta l'ingrato compito di rendere razionalmente comprensibile allo spettatore medio (americano) il surreale della trama, così ottenendo lo spiacevole risultato di sgonfiare tutte le metafore filosofiche che fino alla fine la pellicola smuoveva, con una banale cospirazione da "mad doctors" (che ovviamente non vi sveliamo oltre). Infatti il fumetto finisce aperto, con una superstite che torna a costruire il suo castello di sabbia da cui il titolo (immagine che infatti torna spesso, mentre rimane giusto un lampo nel film), metafora della fragilità della nostra vita cui allude la citazione iniziale.
Perché il regista avrà accettato questa banalizzazione, paragonabile allo scoprire, che so, che The Cube è il carcere segreto di un dittatore folle? Ai posteri l'ardua: probabile che per disporre dei mezzi di ripresa che avete visto nella featurette linkata sopra sia implicito un addomesticamento "made in USA" della kafkianità dell'impianto, peraltro insieme all'eliminazione di diverse scene erotiche per disperazione del fumetto e di una situazione incestuosa fra i due fratellini precocemente cresciuti (li vedete sopra a destra nella grotta).
Insomma, siamo una razza anziana, "sazia e disperata" (arc. Biffi), ma non rinunciamo a non sperare sempre che un minuto prima della fine un "giovane" eroe (cinquantenne) sconfigga i cattivi e ci salvi.Anche dalla vecchiaia.
Mario G