<<“E poi, a questo mondo ognuno è sempre stronzo a qualcun altro… Giusto? Ehi, dico a lei.” A. non risponde. Solo adesso si rende conto di aver
girato una chiave che ha messo in moto… qualcosa.
Qualcosa che lui non è in grado di fermare.>>
(Giovanni Zucca, Histoire d’A.)
Vedendo La Notte del Giudizio in piena desolazione ferragostana, mi è tornato alla mente l’affilato racconto di Zucca (dall’antologia Anime Nere, Mondadori) qui sopra citato. Perché il conflitto morale messo in scena dal film di James DeMonaco è sostanzialmente lo stesso.
La trama è presto detta: nel 2022 gli USA han trovato il modo di ridurre la criminalità, la disoccupazione e addirittura potenziare l’economia, istituendo la “notte dello sfogo” (The Purge, titolo originale del film). Dalle 19 alle 7, dal tramonto all’alba, ogni crimine, violenza, aggressione, vendetta, è consentito dalla legge. Polizia, pompieri e ambulanze riprendono le attività (partendo da impressionanti conte delle vittime nelle strade) solo il mattino dopo. In mezzo, è il ritorno alla legge della frontiera, tanto cara alla mitopoietica della nazione dei cow boy.
Il film di DeMonaco aggiunge al genere un inquietante tassello sociologico, ben evidenziato dai dialoghi fra questi beneducati selvaggi dei quartieri alti: che lo “sfogo”, cui i personaggi assegnano anche valenze quasi mistiche di purificazione dell’anima degli stessi assassini, abbia in realtà un fine assai più concreto e cinico, ossia favorire l’eliminazione di poveri, deboli e altri “pesi per la società” (ovviamente quelli che non hanno i mezzi per blindarsi la casa).
Letta, ecco come ridurre la disoccupazione e i costi dell’INPS!
Pur senza essere un capolavoro del cinema, La Notte del Giudizio non è solo un cocktail di generi noti: l’evoluzione della trama riesce a sorprenderci con alcuni twist imprevisti, peraltro latori di un nitido attacco alla filosofia all-american del giustiziere. Purtroppo, non posso essere più preciso senza infierire con uno SPOILER TRAMA: anzitutto la morte di Ethan Hawke a ¾ di film ci nega l’happy end coll’eroe che ha salvato la famiglia pur dovendo cedere a (giustificata) violenza. Poi, la strage dei giovinastri da parte dei vicini di casa, non motivati da intenti di soccorso ai Sandin, bensì da quello di sfruttare l’assedio per “vendicarsi” del successo economico della famiglia protagonista, ci molla la mazzata finale (FINE SPOILER).
E rieccoci alla citazione del racconto posta in apertura: non importa quanto tu sia fra i buoni, tollerante e progressista, sarai sempre lo stronzo di qualcun altro. La logica del giustiziere non può “rimettere a posto le cose” e far trionfare la Giustizia, ma solo dare il via a un bagno di sangue senza fine.
Quindi, la decisione della moglie (SPOILER - ormai vedova) di Hawke di por fine alle vendette pur avendo riguadagnato il favore delle armi (grazie a un negro!), deve arrivare come un pugno allo stomaco a quell’America che – dopo una strage – non bandisce le armi ma anzi ne incrementa le vendite.
A volte un film di genere, anche di taglio medio, riesce a cogliere efficacemente uno zeitgeist anche al di là dei propri specifici meriti artistici.
È il caso de La Notte del Giudizio. Da salvare dall’oblio estivo.
Mario G