Con Anselm, Wenders prosegue nel suo cammino di documentare i giganti dell'arte (per ora) tedesca: dopo Pina sul movimento del teatro danza della Bausch, la titanica staticità monumentale delle installazioni di Kiefer e dei diversi spazi utilizzati come atelier creativo dal grande visionario tedesco in uno straordinario percorso artistico, dall'incontro con Joseph Beuys alle provocatorie foto col saluto nazista davanti a monumenti tedeschi nei turbolenti anni '70 sino ad oggi, che i suoi Sette Palazzi Celesti occupano fieramente da vent'anni l'Hangar Bicocca vicino a casa mia (che è poi come io ho scoperto l'artista), attraverso il suo rapporto con la poesia (diversi brani di Paul Celan scorrono durante il film, Ingeborg Bachman etc.) e la letteratura (Kundera), la filosofia (Celan incontra Heidegger, il rapporto del filosofo col nazismo), la scienza, il mito ("il più grande è l'uomo") e financo la religione.
Per oltre due anni, Wenders ha seguito le tracce di Kiefer dalla Germania fino alla casa-museo a Barjac, nel Sud della Francia, che l'artista ha trasformato da fabbrica della seta di 350.000 metri quadrati nella sua abitazione-studio-opera d'arte totale (oggi Kiefer vive e lavora a Croissy, sempre in Francia), ripercorrendo le tappe di un viaggio-scoperta dietro le quinte della sua arte, abitualmente ciclopiche anche se il loro autore parla di "leggerezza" (anche quella "infinita dell'essere", che dipinge su un muro del suo studio).
Che dire allora di un'opera filmica così, imponente anche quando (spesso) è assolutamente silente, come sempre più di rado il nostro mondo, ora che il sontuoso documentario proiettato al cinema in 3D esce per l'home video (Lucky Red), che non sia già stato detto sui due giganti, della regia e dell'arte contemporanea (curiosamente entrambi attivi 79enni), senza illudermi di diventare di colpo l'Achille Bonito Oliva che in effetti non sono?
L'unica strada che vedo è quella personale: sin dal primo momento in cui sono entrato nell'Hangar e ho visto i colossi in cemento armato e piombo di Kiefer io ho visto le scenografie di un film post apocalittico in cui quegli scheletri di torri si ergevano come ultimi baluardi di una remota civiltà distrutta. Subito ho pensato che io ci avrei fatto spenzolare gli attori della Fura dels Baus per una performance teatral-barbarica delle loro nell'ambiente ideale per la poetica dei catalani. O che ci avrei girato un altro cortometraggio indie con Walter L'Assainato, se me l'avessero consentito. O ancora...
Da allora, ho scattato decine di foto là dentro (una è qui sopra a sinistra) ogni volta che ci son tornato per una mostra, già vedendomi gli scenari del mio "2027: Fuga da Milano". E infatti, alla prima occasione, i "miei Palazzi" sono stati rielaborati dalla mia musa visuale Roberta Guardascione nello spazio misterioso del "Gran Teatro Marébito" per le illustrazioni di Hyde in Time (qui a fianco), anche se per ora solo un libro cartaceo e non ancora un film.
Ecco, secondo me la potenza dell'opera di Anselm sta nell'innescare nella mente di chi guarda infinite pellicole possibili: ad esempio, quegli abiti da sposa vuoti sono una visione da ghost story? Oppure un surrealista Scene da un matrimonio?
Le paratie metalliche torturate dalla fiamma ossidrica sarebbero perfette come pareti dello squallido antro di qualche orroroso serial killer cinematografico alla Seven o Saw.
Gli enormi libri di piombo, custodi della memoria? Un Fahreneit 451 senza pompieri repressori, sulla lenta agonia del nostro mondo di libri cartacei, nell'epoca in cui chiudono le librerie (abbiamo appena incassato la triste notizia dell'imminente fine del pure milanese Covo della Ladra di via Padova nel 2025), spariscono le edicole...?
E quegli aerei a terra impolverati sono i residuati bellici di un'imminente guerra nucleare ballardiana, che ha cancellato dietro di sé ogni possibilità di ulteriori, stolti conflitti umani?
I piani vuoti di Barjac che vedete nell'immagine qui a destra (foto mia dallo schermo tv) sono forse l'ossatura di un futuro The Cube?
E quei cunicoli gastrici illuminati solo dalle finestrelle sul budello del loro snodarsi sono il set di un un nuovo Stalker? O un ennesimo capitolo della saga di Mad Max?
Ecco la sintesi, quel che uno come me può dire su un colosso dell'arte contemporanea come Anselm: che, anche se non sei un esperto di conceptual art, se un'opera riesce ad accendere nella tua mente la scintilla di una storia, di una possibile altra opera, di qualsiasi genere e in qualunque linguaggio, quell'opera HA DETTO.
Ha svolto la sua funzione e continuerà a svolgerla nel tempo.
Come fanno i classici, in qualunque linguaggio espressi.
Mario G