“Sarebbe inutile descrivere la musica di Erich Zann in quell’orribile notte. Fu la cosa più spaventosa che avessi mai sentito, perché adesso lo vedevo in faccia e sapevo che la sua ispirazione era la paura. Cercava di far rumore: di tenere a bada, o di soffocare, qualcosa che stava fuori… che cosa non riuscivo a immaginare, ma doveva essere mostruoso. Il concerto diventò fantastico, delirante, isterico, ma conservò fino in fondo le qualità geniali che lo strano vecchio possedeva. (…) Sempre più forte, sempre più febbrile suonava l’arco sulla viola disperata”.
Il brano qui sopra proviene (come avrete intuito) dal racconto La musica di Erich Zann (1921), l’unico del Solitario di Providence che abbia al centro dell’orrore appunto la musica. Eppure, nonostante l’autore sia morto ben prima del minimo vagito del r’n’r (nel ’37), è invero sterminata la lista di artisti del rock che si sono ispirati alle sue atmosfere gonfie e livide per canzoni, album, titoli e nomi di band: basti notare che l’illuminante saggio Horror Rock di Vitolo/Lazzati dedica a questi ultimi un intero capitolo, il più lungo del libro (84 pagine!).
È quindi epigono di vasta e ramificata progenie il chitarrista/tastierista norvegese Sigurd Tonna che, con il suo progetto musicale Annot Rhül, pubblica con Black Widow l’album Leviathan, in cui almeno tre delle sei lunghe composizioni lungo cui s’articola (dai 3:26 ai quasi 14’) prendono il titolo dalle opere del Solitario: The Color Out Of Space, The Mountains Of Madness e R’lyeh (la città dei Grandi Antichi); mentre la Leviathan Suite prende nome dal mostro biblico che forse si può identificare con il lovecraftiano Cthulhu. Restano Surya e Distant Star che, pur non prendendo nome dal titolo esatto di un preciso racconto ne rendono le incombenti e lussureggianti atmosfere.
Che al Tonna hanno ispirato l’immaginario lovecraftiano: “avevo bisogno di qualcosa di estremo da accoppiare alla musica, sia dal punto di vista dei testi che della grafica” (i disegni di tal Halvor William Sanden in copertina e nel booklet sono estremamente funzionali all’uopo, va detto), ci ha spiegato lui in una rapida conversazione via FaceBook. “Ho letto i racconti di Lovecraft nel corso degli ultimi quattro o cinque anni circa e, da quando ho preso la decisione di riferire il mio universo sonoro al suo mondo narrativo occulto e tenebroso molte tessere del mosaico del mio album sono andate a posto praticamente da sé.
Credo che l’ambito temporale e spaziale delle sue storie mi abbia illuminato” (checché il verbo con HPL possa risultare un ossimoro!, NdA). “Volevo fare musica ispirata sia dal mare che dallo spazio e avere Lovecraft come sfondo e ispirazione mi ha veramente aiutato ad avvicinarmi all’obiettivo. Gran parte della musica di Leviathan secondo me ha un feeling cinematografico, che è l’approccio con cui ho lavorato sul mio album precedente” (Lost In The Woods, NdA). “Trovo che gli stati d'animo oscuri mi siano molto congeniali, anche se io in realtà sono una persona molto simpatica e di buonumore”. {mosimage}
E così, pieno di lovecraftiano buonumore, il Tonna, oltre che alle chitarre Fender Stratocaster e Jazzmaster, Epiphone ES335 e Danelectro DC12, si è destreggiato in una quantità di tastiere da sfidare Sun Ra: campionatore, electric sitar, le digitali NordElectro Clavia e le vintage Mellotron e Philips Philicorda. Il risultato è un suono di indiscutibile gusto progressive, che pesca inevitabilmente nel baule degli intramontabili Tangerine Dream, nel kraut e negli Hawkwind spaziali, nei Pink Floyd dei '70 e nel Keith Emerson (direi éra Nice), anche negli Yes (diciamo zona Close To The Edge); naturalmente più negli arrangiamenti strumentali che nelle squillanti parti vocali, che invece Tonna affida a voci ospiti, sia maschili che femminili.
Ma il cantato rimane cosa accessoria nell’ordito musicale di Annot Rhül che effettivamente, come diceva lui stesso, oltre che il rock keyboard driven degli anni ’70, ricorda non poco le colonne sonore cinematografiche: non una in particolare, più suggestioni sparse, qui un Goblin, là addirittura un’ombra del tema di Attenti A Quei Due (The Persuaders), sarà appunto per l’uso di quelle tastierine elettriche vintage o per la mia personale passione per il tema di John Barry…
Ma non pensate a puro revivalismo: rispetto agli arrangiamenti di un Peraino, per esempio, si sente che il più giovane Tonna ha digerito le evoluzioni successive al prog, dal post-rock allo stoner dei Kyuss alle rivisitazioni hawkwindiane dei non meno incombenti Monster Magnet (anche se molto meno metallare nel suo sound).
Ve lo consiglio mentre ripassate il Prometheus di Ridley Scott con l’audio abbassato e vi fate trasportare da Noomi Rapace nel suo volo finale alla ricerca delle origini arcane della nostra razza…
Buon viaggio.
Mario G