Durante la conferenza stampa (foto a lato) dell’incipiente stagione Musica al Parenti (Jazz, Elettronica, Trance), Gianni G. Morelenbaum, direttore artistico della sezione jazz, ha osservato che Milano vanta molti vertici culturali ma, a differenza di altre grandi metropoli europee, manca un po’ del “cutting edge”. Insomma, chi è curioso di scoprire dove s’infrangono i confini, dove si agita il nuovo (l’esperto è allergico a termini ormai cristallizzati come “jazz” o “avanguardia” ma il senso è quello), non viene a Milano. Bella scoperta: il capoluogo lombardo – come l’Italia tutta – non è sulla schiuma dell’onda da un bel po’ (in nessun campo e tantomeno in quello musicale); e di certo chiudere continuamente spazi storici per la musica come il teatro Ciak e lo Smeraldo, il Rolling Stone, il Rainbow e distruggere rassegne come la storica Suoni & Visioni non aiuta a tornarci di slancio.
Oggi chi brama spingersi oltre i suoni mainstream può contare ormai quasi solo sui centri sociali (il piccolo Casa Gorizia per esempio ha ospitato i notevoli Juggernaut e le imprevedibili serate letterario-musicali Piscolabis di Lukha Kremo cui ha partecipato anche il sottoscritto con il duo Fisiko Metalliko Nero), due solidi Arci club come il Magnolia (dove lo scorso anno son passati dai Goat agli Psychic Tv, sopra a destra) e il Lo Fi (tempio indie rock che in dicembre ha ospitato i radicalissimi Mombu, nella foto sotto a sinistra, notevole duo batteria/sax zorniano e pochi giorni fa gli Spidergawd), sul Legend Club (dove il sottoscritto ha appena apprezzato i norreni Blues Pills e Pristine), sul Rock’n’Roll vicino alla Stazione Centrale o sull’attivissimo pub Ligera di via Padova (quasi un concerto ogni sera a 360 gradi, dal punk al folk all’elettronica).
Forse non sono i posti che frequenta Morelenbaum – che da anni porta la crème del jazz sulle più vellutate poltroncine dell’Opera di Roma e poi del Manzoni di Milano – ma la sua osservazione sicuramente sfonda una porta aperta; fa quindi solo piacere scoprire che un’istituzione teatrale più che affermata come il Franco Parenti si dedichi ora anche alla musica, scodellandoci tra l’altro un programma ghiotto come quello dei cinque concerti jazz che sono iniziati il 6 marzo col trio brasiliano Da Paz, proseguono il 21 col quartetto di Donny McCaslin, reduce dalle registrazioni del Blackstar di Bowie (foto insieme accanto e live sotto, al suo concerto torneremo a dedicarci più approfonditamente), poi in aprile col Jim Black Trio, la flautista Nicole Mitchell coi suoi Black Earth Strings, per chiudersi infine a maggio col grande sax coltraniano di Dave Liebman, in duo col pianista Richie Beirach.
Chiudersi solo apparentemente: perché frattanto sarà già iniziato il programma di Electropark Exchanges, il trittico di concerti di musica elettronica che accende i sintetizzatori il 6 aprile con Sums, incontro fra l’elettronica di Kangding Ray e il post-rock di Barry Burns (dei Mogway); lo seguiranno il 4 maggio Roedelius dei Cluster insieme a Stefan Schneider dei To Rococo Rot. Chiude il lotto l’1 giugno il pianista norvegese Bugge Wesseltoft col dj-percussionista tedesco Christian Gromme, con la loro contaminazione digital-analogica.
Ma in attesa dell’ulteriore progetto TranceParenti (in programma per il 21 settembre per l’inaugurazione della restaurata piscina Caimi), in cui l’orchestra d’archi Milano Classica eseguirà su una piattaforma galleggiante proprio sulle acque della piscina le composizioni elettroniche di Lorenzo Senni arrangiate da Francesco Fantini.
Fortunatamente, la musica che “taglia i margini” trova la via delle tavole del palcoscenico teatrale non solo nell’affermato Parenti: per esempio, venerdì 4 marzo al ben più off spazio Linguaggi Creativi mi sono imbattuto nel reading/concerto The Rape, su testi in italiano e inglese di Kathya West, poetessa milanese (autrice anche dei dipinti espressionisti che formano la scarna scenografia della sua performance), accompagnata dal bassista/chitarrista Danilo Gallo (già al fianco di Rava, Marc Ribot e Wayne Horvitz) e del notevole batterista Riccardo Tosi, che alterna il drum kit acustico a una drum machine a pad, gestendo (con la terza mano!) ulteriori suoni campionati attraverso un computer portatile.
La miscela risultante è eterogenea: soprattutto nei testi in italiano una punta di “aulicità poetante” (con frasi come “La tua fuga fu fautrice dei percorsi della mia anima”, ma è solo un esempio) cozza un po’ con l’avanguardismo free form dei suoni; in quelli performati in inglese si percepisce meno e ricorda vagamente una Lydia Lunch meno isterica (diciamo tra i suoi spoken word e il recente album con Cypress Grove) e comunque il soundscape prodotto dal trio è molto interessante e tutt’altro che decorativo.
Un interessante esperimento, che in modo del tutto casuale si connette abbastanza bene alla serata Piscolabis in programma alla succitata Casa Gorizia il prossimo sabato 12 marzo (locandina qui a destra), cui parteciperà anche il sottoscritto insieme al curatore Kremo e allo scrittore/videomaker Falco Ranuli, in una jam letterario/sonora eruttata dalle improvvisazioni sonore di Angelo Brezza , Davide Garbato, Lima, Franzo e Marco Fontana.
Non sarà in teatro stavolta, ma qualcosa ancora in giro per Milano “cuts the edge”.
Mario G
P.S.: le foto live (e quella della conferenza stampa) ai lati dell’articolo sono state scattate negli eventi citati da MG via smartphone, motivo da cui dipende la loro bassa qualità. Le foto di Donny McCaslin live e con Bowie provengono dal web, per cui Posthuman ringrazia gli autori.