Ricordate i detective dell'occulto? Parliamo (come leggete al link sotto il testo) di quegli antenati di Martin Mystère, Dylan Dog e John Constantine (ma anche dell'Harry D'Amour di Clive Barker), personaggi come il Thomas Carnacki di William Hope Hodgson, il John Silence di Algernon Blackwood, o il Jules de Grandin di Seabury Quinn, germogliati sui pulp magazine d'inizio secolo come Weird Tales o Black Mask già come una prima forma d'ibridazione fra generi da poco codificati: il giallo deduttivo e razionalista esploso col successo dello Sherlock Holmes di Conan Doyle e del Poirot di Agatha Christie, insieme all'orrore sovrannaturale dominato dai racconti di Poe, Stoker, Stevenson, Lovecraft, di cui talvolta gli stessi autori erano pregiate firme (per es., Conan Doyle scrisse anche numerose storie del mistero).
Immaginiamo che fossero questi i riferimenti che aveva in mente Jean Ray, quando nel 1943 diede alle stampe La città della paura indicibile, oggi riproposto in bel volumetto da Agenzia Alcatraz (copertina a sinistra), che riproduce in copertina un artwork filologico dell'edizione originale del romanzo (di Bibliothèque Marabout). Romanzo che - abbiamo letto in giro - ha suscitato qualche perplessità fra i fan del "Lovecraft europeo", che si aspettavano un nuovo affresco a tinte gotiche paragonabile al Malpertuis (in procinto di essere a propria volta ristampata da Officina Alcatraz), l'opera più celebrata del belga, di cui trovate anche i Racconti del Whisky editi da Hypnos (al momento Il gran notturno dev'essere esaurito).
Spiazzando allegramente le loro aspettative con gusto ironico un po' irridente, Ray (foto a destra) ci diverte deridendo vizi e piccole miserie borghesi di un minuscolo villaggio inglese - l'immaginaria Ingersham - dove va a trascorrere tranquillamente (spera lui) gli anni della pensione Sidney Terence (detto Sigma Tau) Triggs, goffo scrivano di Scotland Yard, incapace persino di gestire il traffico ma ritenuto dai buoni villici una specie di Sherlock Holmes della capitale, mentre invece ci troviamo tra le mani un protagonista tutt'altro che geniale, anche se fortemente intenzionato a dipanare il mistero delle morti violente (la prima e più iconica è visualizzata nel disegno di Roberta in apertura) e delle inspiegabili sparizioni di numerosi, tranquilli abitanti del piccolo borgo nebbioso, sempre più assediato dalla "paura indicibile" del titolo.
Il povero Sigma Triggs s'impegna a fondo e sventa anche qualche grossolana malefatta, ma per la soluzione finale dovrà attendere l'arrivo del suo ex capo da Scotland Yard che, come un bonario Holmes al suo Watson, gli sciorina tutte le sotterranee trame degli apparentemente innocui perbenisti del paese, quasi anticipatrici delle tresche giallo-peccaminose (ma del tutto terrene) dei meschini personaggi lacustri di un Piero Chiara.
Sicuramente più efficace nella satira di costume che nella creazione di un mondo oscuro lovecraftiano (alla fine Ingersham non è Dunwich) che i suoi fan pregustavano sin dal titolo e dalla copertina, Ray mostra la sua abilità di narratore piuttosto nel tenerci costantemente in bilico fra spiegazioni razionali di fenomeni apparentemente esoterici e il perenne dubbio che però non sia tutto lì, che un qualche fantasma dietro certe morti "per paura" ci sia davvero. Forse proprio quello che vide persino lo scettico Triggs, dell'unico criminale da lui mandato alla forca, che gli minacciò imperitura persecuzione postuma?
Un impianto "quasi tarantiniano" cui potrebbe non essere estranea anche l'influenza del racconto La leggenda di Sleepy Hollow, pubblicato da Washington Irving già nel 1820 cioè oltre un secolo prima del romanzo di Ray), da cui un altro principe del pulp ironico come Tim Burton ha tratto l'omonimo Mistero di Sleepy Hollow con Johnny Depp e Christopher Walken nel 1999.
Se dunque i bozzetti da commedia sono inevitabilmente legati ai costumi (e alle pruderie) dell'epoca e la spiegazione finale arriva un po' troppo servita su piatto d'argento al pesto Triggs dal fin troppo onnisciente ex capo Humphrey Basket, è proprio nel gioco birichino fra i generi che va cercato il principale appeal del romanzo di Jean Ray per il lettore odierno.
Ma, per i fan del weird fiammingo, segnaliamo che Agenzia Alcatraz ha già in catalogo l'antologia in due volumi (Il demone di febbraio e La notte del nord) del suo connazionale Gérard Prévot, però risalenti agli anni '70, insieme al Cerimoniale Notturno di Thomas Owen, di cui speriamo di darvi pure conto presto, per un quadro completo della scuola belga del Bizarre, ancora sconosciuta in Italia e quindi meritevolmente scandagliata dall'omonima collana di Officina Alcatraz.
Mario G
(recensione scritta durante la degenza in ospedale di cui s'è parlato QUI. Un ringraziamento speciale a Rob G - autrice del disegno originale in apertura dedicato alla storia di Jean Ray, "Miss Suzan Summerlee" - anche per la consulenza su Irving)