La Fiera delle Illusioni – il titolo italiano riprende quello del film del 1947 di Edmund Goulding – è appunto la seconda pellicola tratta dal grande, sottovalutato noir ora riscoperto di William Lindsay Gresham (autore che scrisse anche qualche racconto di fantascienza, ma il cui nome resta inevitabilmente legato a questo suo primo romanzo del 1946), da noi edito da Sellerio con il titolo originale (traduzione, cura e postfazione di Tommaso Pincio, a sinistra la copertina, a destra un’edizione americana).
Un noir “dostoevskijano”, secondo il critico letterario Michael Dirda del Washinton Post reso perfettamente in una messinscena strepitosa che è una continua festa per gli occhi, dall’iniziale realizzazione del freak show squallido e fangoso diretto da Willem Defoe agli eleganti hotel di lusso dell’America del 1941 dove il protagonista “Maestro Stanton” (Bradley Cooper) approda col crescente successo dei suoi numeri da “mentalista” per l’élite newyorkese che beve champagne.
Non vi riassumeremo la trama dell’ascesa e della caduta nell’abisso del Maestro Stanton perché del film ormai ha già scritto mezzo mondo, ora lodando il perfezionismo del regista – Guillermo come Tim Burton sa stare con un piede nel mainstream e uno nel weird folle – e il notevole cast schierato per una produzione di lusso (Cooper, Cate Blanchett e Rooney Mara al centro, Defoe, Toni Colette, David Strathairn e il suo immancabile Ron Perlman invecchiato ma sempre forzuto, tutti perfetti anche nei ruoli di contorno); ora criticando la “gratuità del gioco” (MyMovies), come se del Toro avesse messo in piedi un patinato giocattolo spettacolare manierista, cioè fine a se stesso.
Solo il servizio nell’ultima puntata di Wonderland mette nella giusta prospettiva l’operazione del regista messicano, più fedele al romanzo del primo film con Tyrone Power, costretto dal produttore in un lieto fine posticcio (soto vedete la locandina dell'epoca e una scena in b/n della "ragazza elettrica Molly"): “Nightmare Alley è l’altra faccia del sogno americano. È un incubo”, lo riassume il regista.
Il servizio parla addirittura di sguardo “marxista” sul vorace capitalismo a stelle e strisce di quell’umanità di “geek”, ossia di disperati sbranatori di animali vivi da freak show appunto, appena uscita dalla Grande Depressione e subito tuffata nella Seconda Guerra Mondiale, in cui Gresham – come il collega Woolrich – vedeva una distesa di detriti umani, anche quando ricchi ed elegantemente vestiti.
Ne parla anche Walter Catalano nella sua recensione del libro su Pulp Libri, che ricorda come lo scrittore militò anche nel partito comunista americano ai tempi suoi, oltre a scrivere anche un saggio sui baracconi itineranti.
Forse per questo coté “apocalittico”, il disperato luna park dello scrittore di Baltimora attrasse nel 2003 anche il disegnatore underground americano Spain Rodriguez (autore di Trashman), che ne trasse poi il molto lodato (e da noi ancora inedito) graphic novel citato nel servizio di Rai 4 di cui qui ai lati vedete la copertina e una tavola.
Non si tratta di un marxismo come lotta di classe fra un proletariato “buono” e una borghesia sfruttatrice: come nella migliore tradizione del noir di Woolrich e Jim Thompson qui sono marci tutti e il pessimismo dell’autore ci mostra che un pezzente, per quanto avido e furbo, non può farcela fra gli squali ricchi di New York; (SPOILER trama) finirà per forza rigettato nel fango da cui proviene a sbranare polli vivi.
Come lui stesso è. (fine SPOILER)
Del tutto fuori luogo quindi i paragoni col precedente film di del Toro, secondo il sottoscritto anche un po’ sopravvalutato La forma dell’acqua, superpremiato (Leone d’oro a Venezia e 4 Oscar!) ma così buonista da risultare alla fine innocuo nel suo messaggio “i veri mostri sono gli umani”.
Nella disperata Fiera delle Illusioni la filosofia del regista brilla piuttosto come ai tempi del suo vero capolavoro ben più inquietante, Il labirinto del fauno.
Solo che nell’America del ’41 non si svolge alcuna fiaba, nessun “miracolo da Freaks Out” (film recente e diversissimo che curiosamente condivide l'ambientazione nei baracconi di freak show) è neppure lontanamente pensabile.
Mario G
P.S.: Per chi fosse affascinato dal tema del geek nei luna park, vastissimo nella narrativa horror da Tod Robbins (Spurs, 1923, da cui il film Freaks) a Ray Bradbury (Il popolo dell'autunno, 1962), fino al Freddo nell'anima di Joe R. Lansdale, segnaliamo anche il buon racconto Doppio Malocchio di Robert Bloch (del 1970, quindi successivo a Gresham ma con parecchi punti in comune con Nightmare Alley, che probabilmente lo ispirò), il quale praticamente dà il titolo all’antologia Mondadori che lo contiene (ora fuori catalogo ma facilmente reperibile su eBay): Doppia Maledizione (copertina qui a lato).
Nessun dubbio invece che sia opera di Roberta G il "Geek scannapolli" che sbuca minaccioso dal tendone del lunapark nel disegno in apertura, come d'uso libero omaggio di Posthuman al film di Guillermo del Toro.