“Super 8” non ha deluso le attese: ci si aspettava un film che omaggiasse il cinema fantascientifico degli anni ’80 ed è uscito un film che segue esattamente questa linea. L’idea di base del regista J.J. Abrams era rendere omaggio ad un altro genio del cinema americano - Steven Spielberg (qui in veste di produttore, NdR) - e a quei film rimasti nella storia come, tanto per citarne uno subito, “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo”.
Super 8 è un progetto che si può chiamare “operazione nostalgia”, la ricerca cioè di quel cinema della “happy decade” - decennio che nella produzione artistica parte intorno al 1977 e termina circa nel 1988 - che non si riesce a dimenticare, al quale si guarda con una ostentata smania ma senza riuscire a replicarlo; a dirla tutta, nel momento in cui ci si prova, si fanno solo dei disastri provocando un’ulteriore distanza tra il cinema contemporaneo e il cinema di allora.
J.J. Abrams ha voluto costruire una macchina del tempo e, si sa, solo il cinema è in grado di costruire macchine del tempo davvero funzionanti, proprio come questo “Super 8” che vi catapulterà in un lampo nel 1979, attraverso le immagini e la musica.
Ogni momento di “Super 8” è dedicato al cinema, ogni scena, ogni dialogo, tutto è l’apoteosi dell’immagine, del cinema dentro il cinema, del cinema di Spielberg dentro il cinema di Abrams: stile, contenuti, personaggi, atmosfere, persino il ritmo e la fotografia ci riportano immancabilmente a Spielberg; solo per un attimo si nota J.J. Abrams, ma si nota se si conosce il suo lavoro, altrimenti sfugge anche quell’attimo e tutto rimane sospeso negli anni ’80, in un viaggio meraviglioso attraverso il tempo per scoprire il mistero contenuto nella trama di “Super 8” ed è la trama, la sceneggiatura che è un lavoro strabiliante.
Il film, infatti, non è originale, sappiamo benissimo quale mistero si cela dietro l’incredibile scena del deragliamento del treno, ma saperlo non toglie il gusto di scoprirlo. Come è possibile? E’ possibile grazie al modo di raccontare e J.J. Abrams sa bene come raccontare una storia: il fatto è che, benché lo spettatore riesca ad intuire cosa nasconde la trama, comunque non potrà mai prevedere le reazioni dei personaggi coinvolti, reazioni che portano a momenti di poesia, a momenti di puro coraggio, di lealtà e di amore, a momenti di paura e confusione, insomma, momenti di vita, alla fine, imprevedibili.
Ci sono momenti nel film che tolgono il fiato e non solo le immagini ma anche e soprattutto le interpretazioni dei ragazzini: una scena in particolare, in cui Alice, l’unica ragazza del gruppo - interpretata da Elle Fanning, sorella maggiore di Dakota Fanning - recita per il film sugli zombie, è impressionante. Lascia stupefatti ed è questa la grande forza del film, questi ragazzi bravissimi che creano un film nel film riuscendo a coinvolgerci con i loro piccoli e grandi, persino tragici, problemi.
E qui, per quanto riguarda me come spettatrice, ho percepito il sovrapporsi di “Stand By Me”, un richiamo irresistibile forse dovuto alla forte caratterizzazione dei personaggi; questo mi ha fatto pensare che, consciamente o incosciamente, J.J. Abrams è andato ben oltre lo Steven Spielberg degli anni ’80, è arrivato fino a Stephen King. Nel secondo tempo, il film rimandava anche qualche riflesso di “It”, deboli flash ma c’erano e, quando si vede l’alieno, ogni dubbio è cancellato.
Prima ho citato “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo”, al quale aggiungo anche “E.T.”, ma in realtà questi film sono citati solo attraverso brevi immagini - di “E.T.” per me c’è solo il finale - o attraverso atmosfere che poi cambiano, è imperante invece la presenza del film “The Goonies”: non fraintendetemi, la commedia è quasi nulla in “Super 8”, il film è un vero dramma fantascientifico con momenti d’azione, ma la sua forza, come già detto, sono i protagonisti che si destreggiano tra “Stand By Me”, per la parte drammatica e “I Goonies” per quella fantastica.
“Super 8” è un vero tornado che investe lo spettatore e non lo molla più, persino alla fine non vi lascerà andare, durante i titoli di coda: infatti vedrete il film sugli zombie dei ragazzi, completo e terminato. Ed ecco il film nel film che prende forma che si ricompone come un puzzle, dopo che ne abbiamo visti pezzi sparsi per tutto lo svolgimento del film; e non mi riferisco solo al girato in super 8 dei protagonisti, ma anche a tutti quei particolari che si notano intorno a loro: “Super 8” è carico di riferimenti cinematografici, soprattutto nella scenografia, chi conosce il cinema, soprattutto quello anni ’70/’80 , li vede e coglie il messaggio di J.J. Abrams.
E, a proposito di Abrams: all’inizio ho sottolineato che nel film ha inserito un richiamo anche al suo lavoro, tra le righe si nasconde infatti “Cloverfield” - di cui è stato produttore - e la cosa non è assolutamente fuori luogo, né fuori tempo, si impasta in modo omogeneo con l’intero contesto. Meno evidenti, perché legati a particolari radi e nascosti, ma presenti, sono i riferimenti a “Lost”.
Per quello che riguarda il “fuori tempo”, ci sono diversi anacronismi ma quasi tutti funzionali alla trama, tranne forse il poster dello Space Shuttle nella camera del protagonista Joe: lo Shuttle è decollato per la prima volta nel 1981 - nel ’77 ci fu il primo volo ma era ancora sperimentale e in groppa a un 747 - dubito che la NASA, in piena Guerra Fredda, avesse già messo in vendita il poster con i disegni della struttura del nuovo orgoglio nazionale, ma è solo un dettaglio.
Di “Super 8” potrei dire molto di più, i particolari, i riferimenti, i flash e i “tra le righe” sono così tanti che ci vorrebbero pagine per esaminarli e approfondirli a livello cinematografico, filosofico e sociologico: quando un film riesce in meno di due ore a concedere così tanto a chi ama il cinema, è un film che ha colto nel segno, nel segno dell’arte, quella vera, quella che non ha nulla di accademico ed è invece carica di passione, quella che viene dal cuore e riempie l’anima.
Una favola fantascientifica ma anche un thriller, una macchina del tempo che ci riporta al piacere di un cinema fatto per la gioia di farlo, la gioia di ripercorrere fasti perduti e forse, con “Super 8”, ritrovati.
Debora Montanari
NOTA
Ogni scena è sottolineata dalla bella opera del musicista che affianca sempre J.J. Abrams: Michael Giacchino, ma soprattutto dal rock anni ’80: dagli Electric Light Orchestra ai The Knack, dai Blondie ai The Cars e oltre.