Michael Fassbender, per una volta libero dai ruoli da gentleman misurato e freddino (il nazista dei Bastardi Senza Gloria, lo Jung di A Dangerous Method, l'androide di Prometheus e Alien Covenant), è un ladro e per la prima volta nella sua luminosa carriera latra malvestito e spettinato nel micidiale dialetto del Gloucestershire, irto di parole d'origine rom ("joeys", "gorgie") e di "fuck" (almeno uno a frase) che renderebbe la proiezione per la stampa del film incomprensibile senza i sottotitoli.
Chi gliel'ha fatto fare? Adam Smith, sinora regista di documentari e video clip per i Chemical Brothers (che qui infatti gli offrono la colonna sonora), che debutta nel lungometraggio di fiction con questo strano oggetto filmico che esce oggi nelle sale italiane.
Fassbender fa dunque la parte di un ladro, membro di una comunità di ladri nomadi, che viveva totalmente al di fuori di ogni convenzione sociale inglese, ispirata allo sceneggiatore Alastair Siddons da articoli di cronaca nera su una famiglia cui venivano attribuiti il 65% dei crimini verificatisi nella contea inglese di Cotswold. Smith aveva pensato di trarne un documentario e in effetti l'impianto è un po' quello del cinema verité, anche se il punto di riferimento che lui dichiara è il più felliniano Gatto Nero, Gatto Bianco sui simpatici gaglioffi rom di Kusturica, di cui si pone come declinazione british.
Della comunità fuorilegge, fassbender rappresenta la seconda generazione: figlio semianalfabeta dell'orsesco e paternalista Brendan Gleeson, ha a sua volta un figlio maschio, Tyson che con la moglie (Lyndsey Marshall) vorrebbe civilizzare, mandandolo a quella scuola che per suo padre offre solo spazzatura diseducativa (come la sfericità della Terra o la nostra discendenza dalle scimmie) rispetto ai suoi pochi ma solidi valori morali patriarcali.
Il buon Fassbender è un asso al volante, ma cammina su un filo sottile. la moglie preme per mollare la comunità nomade in vista di una vita più "normale" e socialmente inserita, accusandolo di non aver palle per opporsi alla volontà del rude padre-capobanda.
Il già difficile equilibrio salta quando Fassbender viene convinto a guidare un ultimo colpo "sicuro", in realtà ai danni della ricca villetta di un "Lord Luogotenente", istituzione britannica preposta a nominare nientemeno che il giudice di contea. Passo falso: nonostante riesca a non farsi beccare nella rocambolesca fuga, e quindi la polizia - certissima della sua colpevolezza - non possa trattenerlo, colpire un pezzo così grosso significa che "ogni sbirro fino agli ausiliari del traffico non ti darà tregua", come gli fa capire quello che lo interroga. Di colpo, non è più solo una partita a nascondino fra guardie e ladri: l'intera struttura sociale del luogo gli è contro, il figlio viene espulso da scuola e a lui viene negato persino l'acquisto di un cagnolino per il suo compleanno.
Coerente con la sua matrice realista, il film di Smith è lodevolmente privo di effettacci roboanti e cliché da film di duri hollywoodiano: non si spara un solo colpo d'arma da fuoco, non c'è un morto, i reati son quasi furti da "ladri gentiluomini" d'altri tempi (magari un po' decaduti) e tutta l'attenzione può così concentrarsi sul vero nodo della storia. Il confronto psicologico fra due generazioni di outcast e il disagio culturale di vivere programmaticamente da emarginati.
Cosa resta da fare allora per un "onesto padre rapinatore"? Solo un gesto estremo quanto romantico, che lo farà finire dietro le sbarre per la prima volta nella sua vita fuorilegge, anche se solo per il furto di un cane, ma riabilitando il suo orgoglio di padre agli occhi del bambino e soprattutto di quel "codice d'onore criminale" del titolo italiano (per una volta forse più efficace dell'originale Trespass Against Us).
Peccato solo che sia un film forse fin troppo breve e - fedele alla sua filosofia antispettacolare - con un fulmen in clausola un po' di poco impatto rispetto al climax degli inseguimenti in auto - comunque condotti con ottimo ritmo - e della drammatica irruzione della polizia al campo dei rapinatori-nomadi (sopra a destra e qui a sinistra). Nondimeno, Codice Criminale rimane pellicola salutare in mezzo a tanto pulp ipertrofico e con un Fassbender sempre grande, anche se in panni dimessi e sboccati.
Mario G