----------------------------------------------------------------------------------------------------------------
"Coraggio, Ferdinand, ripetevo a me stesso, per tenermi su, a furia di essere sbattuto fuori dappertutto, finirai di sicuro per trovarlo il trucco che gli fa tanta paura a tutti, a tutti gli stronzi che ci sono in giro, deve stare in fondo alla notte. E' per questo che non ci vanno loro in fondo alla notte!"
(L.F. Céline)
Il Viaggio al Termine della Notte di Céline l'ho letto più di dieci anni fa. Mi era piaciuto molto allora, quella spietata ricognizione nel nulla dell'umanità, senza scorciatoie né sconti per nessuno; era diventato anche il titolo del mio programma musicale a Radio Lodi dell'epoca.
Stranamente, non me lo ricordo più bene, come di solito mi accade con i libri che mi hanno toccato, non so perché. E mi spiaceva di non avere più fresco in mente il testo letterario, mentre andavo a vedere la lettura scenica di Elio Germano all'Elfo Puccini.
Scena vuota, l'attore seduto a un tavolino con abat jour, circondato solo dei suoni aspri, baritonali, della chitarra elettrica di Teho Teardo, dei suoi ritmi campionati, degli echi della sua stessa voce che lo inseguono con le acuminate parole di Céline come Erinni, delle profonde cavate di violoncello amplificato di Martina Bertoni (vedete il trio in scena nella foto qui a destra e nelle foto promozionali in apertura e sotto a sinistra.
QUI invece vedete un clip della performance dal sito di Teardo, su cui vi documentate sulla sua interessantissima carriera musicale, dalle scorribande industriali coi Meathead e con Jim Coleman dei Cop Shoot Cop negli Here, di cui vi consiglio l'ottimo Brooklyn Bank con Lydia Lunch e altri sperimentatori poco accomodanti, fino alle recenti colonne sonore cinematografiche per i film di Sorrentino etc.).
Avrei voluto rileggermi il libro per arrivare più preparato all'appuntamento, non rischiare di sentire le parole di Céline come un corpo estraneo per colpa del tempo.
Non è stato necessario.
Anche se la drammaturgia ci offre in un'ora scarsa solo alcuni brani del testo, senza neppure tentare la (forse folle) impresa di rendere fedelmente la fitta trama di quest'Odissea del nihilismo, dopo un inizio in cui la recitazione di Germano mi sembrava quasi troppo "delicata" per la sulfurea materia (pensavo che la voce avrebbe dovuto essere più 'tomwaitsiana', se intendete), pian piano il crescendo si fa sempre più intenso.
Germano rantola e urla in due microfoni dai suoni differenti a seconda del mood, le parole di Céline fischiano come pallottole tedesche e tracimano a valanga come sale sulle ferite dell'anima, travolgono ogni difesa idealistica e rigettano ogni sogno di senso dell'essere umano e dell'abitare questo assurdo mondo nel fango da cui provengono.
Germano pesca un lungo brano dell'esperienza di Bardamu soldato nella Prima Guerra Mondiale, riflessioni sparse sui parigini, i francesi tutti, i giovani, le donne, le illusioni dell'amore, l'insensatezza cosmica del nostro cammino terreno; anche rapportato a quello degli animali, di cui contempliamo da secoli la vita piatta, priva di evoluzione e progresso, senza "progetti", alimentazione riproduzione e morte. Senza che ciò ci induca a dubitare della qualitativa differenza della nostra dalla loro, delle nostre patetiche aspirazioni a un qualcosa di più e di oltre.
E poi è finito. Troppo presto. Come la vita stessa schiaffeggiata da Céline. No! Ne volevo ancora, sarei stato lì a farmi rileggere tutto il romanzo, senza lamentarmi della nudità della scena o dell'assenza di dinamismo teatrale propriamente inteso.
Il torrente di Germano sonorizzato da Teardo mi aveva già riacceso il Viaggio nella mente.
E tanto basta a dare un senso alla messa in scena di un testo non nato per il teatro. Come i sonetti di Shakespeare interpretati (sempre all'Elfo in gennaio) da Elena Russo Arman sugli arpeggi chitarristici di Alessandra Novaga. O di un altro testo praticamente irrappresentabile, come La Mostra delle Atrocità di Ballard, portato in scena da Phoebe Zeitgeist (ancora con la musica della Novaga).
Il senso del teatro... Rifletto che in questo periodo sono stato più volte attratto da rappresentazioni teatrali di letterature diversamente "impraticabili" per la scena. Ricordo anche alcune riflessioni di Antonio Syxty (mi pare a margine di Visioni di Solaris) sulla fine del senso del teatro nell'era della comunicazione interattiva e dei social network, dei format tv in pillole e della fruizione dei "contenuti multimediali" sulle più diverse piattaforme che la tecnologia ci scodella settimanalmente sotto gli occhi.
Tutto vero, dolorosamente. Però, finché il teatro riesce a far rivivere la letteratura nella mia mente, anche in forme così nude e spogli di ogni orpello scenico (come predicavano già Artaud e poi Jodorowsky), la sua necessità non è esaurita.
Anche in un mondo disperato come lo dipinge Céline.
Mario G
PS: QUI vedete le prossime date della tournée in cui potreste avere occasione di vedere la performance dopo la tappa all'Elfo Puccini.