“Pain is Beauty”
(Chelsea Wolfe)
Intanto… sono qui – Interiorità di Prometeo, andata in scena al Teatro Scala della Vita di Milano (12-14 dicembre scorsi) è una performance scritta, coreografata e interpretata da Alessandro Parrinello che sul palco della piccola sala teatrale (ricavata all’interno della clinica Macedonio Melloni) recita, canta (con convincente voce fra Peter Hammill e Sopor Aeternus) e performa (con movenze ampiamente ispirate al Butoh giapponese) una drammaturgia che è opera sua al settantacinque per cento.
L’ultimo quarto è rappresentato infatti dalle suggestive musiche composte per lui da Maurizio Parma (e qui diffuse in banda registrata), che assecondano l’estro ritual artaudiano dell’autore attraverso una tavolozza sonora composta da pianoforte, violino, viola e percussioni. So, per aver parlato con il performer a fine spettacolo, che l’accostamento è del tutto mio personale, ma torno a dire che l’effetto dell’insieme ricorda abbastanza i dolenti madrigali goth dell’inquietante Anna Varney/Sopor Aeternus (che tra l’altro un danzatore Butoh lo ricorda non poco). Ma mi son trovato a pensare anche che alcune delle canzoni della coppia Parrinello/Parma non sfigurerebbero nel contesto di un album prog moderno come il Big Red Dragon di Sophya Baccini, di cui si disse recentemente.
Per quanto riguarda il testo drammaturgico – seconda parte di una trilogia composta dai quattro monologhi di ECCE (Ettore, Caligola, Cenci, Edipo) e dall’inedito Prometeo 2002, sul rapporto dell’eroe col mondo e la società – Parrinello intende indagare la dimensione interiore del dolore come categoria immanente dello spirito, sovrastato da qualcosa di più grande, che incombe sull’anima e non può essere dominato dalle fragili forze umane. Di qui il riferimento al Prometeo mitologico e alla sua terribile punizione inferta dai gelosi dèi greci, metafora del dolore universale. “Intanto…sono qui è una performance teatrale che affronta le emozioni di un’interiorità, quella di Prometeo, che si pone al cospetto del suo incatenamento e della conseguente prigionia e liberazione”, per usare le parole dello stesso autore-attore (ritratto anche nella foto sotto a destra).
Nessuna riproduzione fedele della tragedia eschilea, intendiamoci: la performance non ne segue minimamente testo né trama, neanche in una forma libera e attualizzata, come spesso accade col teatro di ricerca; anzi, procede, da un prologo registrato e “danzato” lungo cinque quadri recitati e sei canzoni (peraltro in inglese), totalmente priva di un filo narrativo razionale.
Piuttosto, ci cola addosso ondate di visioni poetico filosofiche sul concetto di dolore, quella prigione (la rupe di Prometeo), quelle forme di costrizione che prima o poi, in una forma o in un’altra, ognuno di noi sperimenta nella propria vita e che deve imparare ad interiorizzare, assorbire e trasformare in spinta verso il cambiamento, verso la maturazione di un sé mutato, evoluto. Forse anche rafforzato.
L’incatenamento dell’eroe ” ladro del fuoco” è qui evocato unicamente da un essenziale quanto efficace artificio scenico: una lunga manica che impedisce l’attore nei movimenti e una corona/rete che gli pesa sugli occhi (che vedete nell'immagine di scena in apertura).
Un teatro danza fisicamente molto efficace anche se qua e là mi è parso fin troppo “pulito” per evocare lo strazio che intende esprimere. Qualche didascalismo, soprattutto nell’impiego del video in scena, che spesso moltiplica la figura del performer (solo in scena) in diverse rifrazioni (diversi sé?), ma talvolta sciorina invece immagini fotografiche inutilmente illustrative del testo recitato (che ricordano un po’ una brochure dei corsi sull’”energia interiore” da centro new age).
Debolezze affinabili ma che comunque non inficiano l’efficacia complessiva di uno spettacolo che secondo me arriva più evocativo attraverso il coté musicale che non da quello prettamente recitativo.
Sono certo che funzionerebbe benissimo in forma di concerto con gli strumenti live (è già andato in scena in forma di oratorio). E, ci scommetterei, potrebbe toccare le anime dolenti di voi postumani goth, che la mattina vi fate la doccia con lo spleen di Ian Curtis (o Death in June, Current 93, Ordo Rosarius Equilibrio eccetera) come sottofondo per iniziare la giornata col… sorriso sulle labbra!
Speriamo che i teatri milanesi ci offrano una chance di vedere presto la trilogia prometeica del Parrinello compiuta.
Mario G