Dopo il flop di sunshine, Danny Boyle ritorna con un film interessante, fresco e intelligente evitando di inciampare nella commedia romantica americana: "Slumdog Millionaire".
Il film è stato premiato (
Critics' Choice Awards 2008) per la sceneggiatura ben fatta (come pure la fotografia e la regia). Lo script porta la firma di Simon Beaufoy, quello di Full Monty per intenderci.
Insomma un film che coniuga botteghino (la storia d'amore) e uno sguardo più profondo sull'india, condito in salsa bollywood.
Il primo tempo mostra il carattere e l'atmosfera di un film impegnato e crudo sulle condizioni e i contrasti sociali e religiosi in India. Raccontati con lo sguardo di un sogno popolare, la vincita di un'enorme fortuna, ad uno show televisivo in stile lascia e raddoppia. Lo spettatore è immesso subito nel motore narrativo: "come può un ragazzo del thè, Jamal Malik, senza alcun tipo di istruzione rispondere a domande di cultura generale?". La risposta nasce dalla storia del ragazzo, ogni domanda fatta nel programma ripercorre paradossalmente la sua vita, ed è questa vita che danny vuole raccontare, la vita di uno slumdog.
A parte jamal, c'è suo fratello: "Salim", c'è una donna/bambina bellissima: "LatiKa", e loro sono i tre moschettieri. Poi i soldi, l'amore, la sfortuna (diciamo il fato) e l'invidia li divide.
Una favola, certo, ma che guarda alla realtà sociale dell'india, mischiando il degrado sociale (i bambini che dormono in tenda su una catasta di rifiuti) con il più poetico tuffo nella latrina per raggiungere il proprio idolo (boyle cita se stesso, ricordate il tuffo nella latrina scozzese in train spotting? Qui però ha un altro valore). Nel primo tempo si alternano le vicende di questi tre bambini basate sulle memorie dell'interrogatorio di jamal malik presso un commissariato di polizia locale, con un commissario violento ma alla fine paterno.
Come tutte le cose ben scritte il ritmo non è un requisito estetico di contorno, ma fa parte della struttura. Flashback e azione nel presente si mescolano, snocciolando deduzioni e costruendo il personaggio con una frenesia che incalza lo spettatore.
Nonostante possa presentarsi il tutto come scontato, ad un certo punto svelati alcuni misteri e definiti i personaggi ci avventuriamo nel secondo tempo, che certo deve intrecciare i destini dei nostri personaggi e qui comincia la salsa bollywood. Salsa però che è proposta con gli stilemi della storia d'amore indiana, quindi in un certo senso mostra anche un certo tipo di cultura senza per questo trasformare l'intero film in una soap. Certo però gli ultimi 20 minuti scivolano lentamente nel melò e rallentano la corsa dell'intero film. Però senza esasperare le critiche si tratta di un film da vedere.
Un ultimo dettaglio riguarda una scena molto particolare, l'uccisione della madre dei nostri due fratelli. Pare che la traduzione italiana sia un pò viziata e tradisca le intenzione dell'autore. Ho letto gustosamente sul blog di Andrea Pomini (http://soulfood.blogspot.com/2009/01/laccendiamo.html), che nella scena in cui la madre viene assalita da una folla inferocita, sembrerebbe dire: "Aiuto, sono musulmani, scappiamo", da cui si capisce che loro non lo sono e gli aggressori sì. La voce originale è in hindi, quindi non aiuta. Strano però che lo stesso Danny Boyle riferisca in una intervista:
Domanda: "Che ruolo gioca l'essere musulmano di Jamal?"
Risposta: "Molto importante all'inizio, perchè sua madre viene uccisa in un disordine, un disordine religioso scatenato da nazionalisti indù di destra."
(http://www.boston.com/news/local/articles_of_faith/2008/11/danny_boyle_on.html).
Anche i sottotitoli in inglese che circolano su internet confermano che l'espressione "tradotta" urlata sarebbe: "They're muslims, get them!!!", cioè "Sono musulmani, prendiamoli!" e non "Aiuto, sono musulmani, scappiamo".
Confido nell'errore di traduzione durante la fase di doppiaggio.
L'episodio però mette a nudo le difficoltà che abbiamo in un'epoca di "medializzazioni" dei conflitti, dove stragi quotidiane spariscono dalla nostra percezione ed i nemici cattivi sono solo quelli che raccolgono più minuti nei notiziari.
La favola di Boyle ha il merito di togliere un velo dal nostro sguardo bendato occidentale.