" Io esisto per farti pensare, non per creare immagini 'carine! "
(cit. dal testo di J. Logan)
" E il rosso! E il rosso! E il rosso! Non lo so nemmeno io cosa vuol dire rosso! Scarlatto? Cremisi? Prugna-gelso-magenta-borgogna-salmone-carminio-corniola?", ringhia Ferdinando Bruni / Rothko al giovane assistente Alejandro Bruni /Ken, che incautamente ha risposto appunto 'rosso' alla domanda del grande astrattista su cosa vedesse in un suo quadro in corso, inesorabilmente un grande quadrato rosso monocromo.
Segue un virtuosistico dialogo a ping pong fra i due protagonisti - soli in scena dall'inizio alla fine - che si gridano in faccia reciprocamente per diversi minuti tutte le diverse sfumature cui il termine 'rosso' può alludere: " Rosso è il battito del cuore . Rosso è la passione. Il vino rosso. Le rose rosse. Il rossetto rosso. Le barbabietole. I tulipani. I peperoni. (...) La pioggia di fuoco su Dresda di notte .
Poi le origini biologiche, psicologiche (passione, vergogna), le indicazioni simboliche (abiti cardinalizi, bandiere) del fiammeggiante colore, che per Rothko capiamo essere (diversamente dallo Stendhal cui allude il nostro titolo birichino) metafora di vita, contrapposto al nero, sua negazione e simbolo di decadenza e morte.
In effetti, noi che non manipoliamo pennelli ogni giorno non abbiamo idea di quanti siano in realtà varianti, origini e pigmenti del mitico 'rosso'. Ce la dà il bel documentario di Art Night in onda su Rai 5 , dedicato ai colori dell'arte e intitolato appunto al Rosso , che potete rivedere comodamente su RaiPlay (e noi ve lo consigliamo, perché forma un interessantissimo corollario allo spettacolo sull'ossessione di Rothko per il rosso).
Nel breve making of qui sotto li vedete invece formarsi le tele che vanno a comporre la scenografia (del regista Francesco Frongia) dello studio dell'artista tanto ripiegato su se stesso da aborrire persino la luce naturale in quanto "sbagliata" (spassosissima la sua satira della passione dei pittori impressionisti per il lavoro en plein air).
Rosso è ovviamente il titolo della pièce (sotto il video trailer), scritta nel 2009 dal pluripremiato drammaturgo/sceneggiatore/regista John Logan e rimesso in scena ora dal Teatro dell'Elfo fino al 12 marzo , per la regia di Francesco Frongia , già più volte al fianco di Ferdinando Bruni , qui ringhioso mattatore nel ruolo del pittore già affermato e anzi timoroso di avviarsi ormai verso il declino, per la concorrenza della nuova generazione dei disprezzati Warhol, Lichtenstein e Rauschenberg, i "superficiali" moderni del pop, così inaccettabilmente "piacevoli" per lo spregiato pubblico borghese, ma che potrebbero accingersi alla spietata "uccisione dei padri" freudiana, mitizzata dal Rothko all'epoca in cui lui con De Kooning ei suoi contemporanei " calpestò i cubisti", quanto temuta ora che arriva il momento di diventare il "vecchio da spazzar via".
Ma 'rosso' era anche il colore del sangue dei genitori di quel giovane assistente - il bravissimo Alejandro Bruni - della cui umanità l'irato ed egocentrico artista tanto poco si cura, ma che - per quanto "pulcino" in campo pittorico - la tragedia l'ha toccata da vicino, e non solo in una galleria d'arte: infatti da piccolo ha trovato i genitori uccisi a coltellate da colpevoli mai più scoperti.
Rothko sarà ancora abbastanza "rosso di vita" da accorgersi di un altro essere umano che abita il suo studio, al suo servizio da due anni, oppure ormai è così chiuso in sé da non vedere altri che se stesso? E i suoi quadri monocromi andranno a suscitare vibranti emozioni nei ricchi commensali del ristorante Four Seasons che gli ha commissionato il lucrosissimo ciclo che l'artista va a concludere, o alla fine vincerà la coerenza nel suo atteggiamento anti mercantile?
Tra riflessioni su Freud e Shakespeare, Platone e Aristotele, sull'apollineo e il dionisiaco nietzchiano e il senso del tragico in pittura, Rosso porta avanti un discorso d'analisi sull'arte, come ha spiegato il medesimo Bruni alla presentazione dello spettacolo presso la Galleria Lorenzelli Arte (la prima a presentare una mostra di Rothko in Italia negli anni '60), collegandosi alla lontana con la sua storica performance sui poeti beat , altri pilastri della cultura americana del XX secolo, peraltro ripresa lo scorso ottobre con Kaddish . Anche se i versi beat lì venivano giustamente accompagnati in scena dall'amato jazz, al contrario inviso al Rothko , come tutte le manifestazioni di una "modernità" che all'artista maturo ormai sa solo dell'odiata pop art.
Da vedere, anche se non siete degli esperti o degli appassionati di espressionismo astratto, perché - come ogni buona sceneggiatura - la contrapposizione fra artista affermato e giovane porta alla luce conflitti che sono universali. Specie per chi come loro è impegnato a creare: arte visuale come anche musica, performance o storie, libri, film, fumetti. Tutti quei "passatempi carini" con cui tutti noi (sì, anche noi) ci accaniamo a cercare di dare un senso alla nostra vita, magari facendo riflettere qualcun altro (se ci va bene). A costo di finire a far sfumatura col caminetto (come temeva Rothko), ad occupare una "piacevole serata" (l'incubo di ogni teatrante) o di essere bollati "paraletteratura pulp" o "stramberie di nicchia", come succede a noi cavalieri di quel "rosso sangue"
Mario G
PS: Posthuman ringrazia l'ufficio stampa del Teatro Elfo Puccini per le foto di scena di Luca Piva e per i brani del testo, tradotto da Matteo Colombo , da cui abbiamo potuto trarre i virgolettati esatti riprodotti in... rosso, ça va sans terribile , nel testo dell'articolo.
Le ultime due immagini in basso invece sono: " Silence is so accurate " (foto di Mario G del quadro all'entrata della Sala Fassbinder dell'Elfo, dove va in scena lo spettacolo) e " Ghosts in the city " di Roberta Guardascione , da nostro ciclo delle Urban Pictures .