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Non sentirsi soli. Bello.
Quando accade, è una delle cose che tengono insieme i cocci delle nostre vite. Sia sul piano esistenziale e affettivo, sia anche su quello artistico. Quando cioè incontriamo persone che condividono i nostri gusti, a cui non occorre spiegare ad ogni passo “Ma perché l’horror?”, oppure se davvero ci piace “quella musicaccia rumorosa”, piuttosto che “perché leggi ancora i fumetti alla tua età” o… “perché hai scritto proprio un romanzo di fantascienza?”.
Quando accade, quell’incontro ci ripaga un po’ del non esaltante successo commerciale delle nostre gesta, dei premi che non vinceremo mai nel limpido ambiente letterario italico o delle recensioni che il Corriere della Sera e la Repubblica non ci dedicheranno. Ci fa sentire che – se, come ci dicono spesso, “tu non sei mica normale” – almeno c’è in giro qualcun altro come noi. E, come diceva il saggio, mal comune…
Ancor più bello quando scopri che la tua razza è estesa anche all’estero: insomma, saremo anche “da riserva protetta” ma almeno formiamo una nostra specie zoologica. La “Razza Pulp”: che da noi non genera Quentintarantini ma solo oscuri mestatori che Fazio non vuole alla sua tavola e su cui nessun produttore investirebbe per tradurne le visioni in celluloide.
Ma si sa che (altro proverbio) nemo profeta in patria, no? Per questo la felice scoperta che il sito francese Sueurs Froides – le magazine du cinéma off – ha pubblicato una bella recensione di Rave di Morte di cui l’immagine in apertura vi riproduce un dettaglio della videata (e quella a destra l'articolo completo) - ma potete leggerne il testo per intero QUI - ci fa tornare alla memoria il dossier di Nocturno (era il n. 46, France Noir, di cui vedete la cover a sinistra) in cui Manlio Gomarasca discuteva con Jean-François Rauger (critico cinematografico e responsabile della programmazione della Cinémathèque Française) dello stato di salute del cinema di genere francese.
Da quel confronto emergevano chiaramente due speculari posizioni tipo “l’erba del vicino è sempre più verde” (oggi deve averci preso il virus di Paron ‘Ntoni Malavoglia!): secondo il critico francese, infatti, ormai la produzione di genere in Francia (come in tutt’Europa) è stata definitivamente soppiantata dalla tv, mentre l’italiano esprimeva tutta l’invidia con cui lui, come ogni pulpista italico, guarda alla florida produzione d’oltralpe, che ha dato vita in questi anni a un’importante nuova scuola di horror europeo con titoli come Haute Tension, Calvaire, Sheitan, Vinyan, Martyrs e via elencando, ma che arriva anche a sfidare Hollyood sul suo stesso terreno (cioè le grandi produzioni spettacolari) con titoli d’azione (Transporter) o addirittura di fantascienza ad alto budget che nessuno oserebbe affrontare da noi (Il Quinto Elemento di Besson, Immortal ad vitam di Bilal dalla sua trilogia a fumetti di Nikopol), o con ambiziose opere a cavallo dei generi (come per esempio Blueberry di Jan Kounen o Dante 01 di Caro).
La Francia investe nel proprio cinema (e in quello europeo in generale, altrimenti Nanni Moretti non sarebbe mai diventato la star continentale che è oggi), ha un mercato culturale assai più vivo di quello italiano con tirature mediamente ben più lusinghiere, per i libri come per i fumetti, che infatti oltralpe occupano fieramente da anni gli scaffali loro dedicati anche in tutte le librerie, cosa che da noi inizia ad accadere soltanto ora, dopo il successo internazionale di cinecomics (americani) come Sin City, 300, V per Vendetta, Watchmen.
Ecco perché scoprire che un sito francese di cinema di genere dedica anche una sezione alla letteratura e che, in essa, tratta persino opere italiane non ancora tradotte nella lingua nazionale, è una sorpresa particolarmente felice. Oltre al fatto, ça va sans dire, che la succitata recensione di Rave di Morte a firma di Patryck Ficini è anche molto positiva e ne auspica presto un’edizione francofona (offrendo ai lettori un breve estratto da lui stesso tradotto).
L’autore è peraltro un fine conoscitore ed estimatore del pulp italiano a 360 gradi: dall’horror di Gianfranco Nerozzi a quello pornosplatterissimo di Paolo di Orazio (a destra la cover del suo ultimo, torbidissimo Vloody Mary).
Ha recensito I Sacramenti del Male, quindi intervistato e tradotto in francese Alda Teodorani (di cui è un esperto) per Les Editions de L’Antre (a sinistra la cover de L'Isola).
Per cui abbiamo pensato di riprendere con lui il dibattito Gomarasca-Rauger, chiedendogli un parere sul pulp italiano.
“Parlare di ‘pulp italiano’ sarebbe riduttivo – risponde, da esperto navigato – bisogna parlare dei pulp italiani: prodotti autonomi dotati di personalità e gusti distinti, in cui se mai si possono trovare dei punti in comune, che peraltro forse fanno parte della cultura popolare internazionale in senso più ampio”.
Ficini, nei suoi articoli per Sueurs Froides, mostra di muoversi a proprio agio anche su serie stracult del passato remoto, come ad esempio la storica I Racconti di Dracula (edita dal ’59 all’81), di cui a lato vedete la cover del primo numero.
Ecco perché chiosa: “cos’hanno in comune I racconti di Dracula con la prosa moderna di Alda Teodorani o di Tiziano Sclavi? Tutt’al più una certa fascinazione per il male, come una volontà di studiarlo, capirlo a fondo. E quindi una fascinazione per la violenza, a volte anche estrema. Certo, c’erano delle scene di tortura anche nei film peplum, anche se assai più soft. Oggi, anche un romanzo di fantascienza come Rave di Morte (opportunamente definito una ‘favola horror’) è punteggiato da scene di ultraviolenza tipicamente legate a un immaginario dell’orrore più estremo, quasi da ‘Gioventù Cannibeale’ splatterpunk, ancorché in un’ambientazione prettamente cyberpunk”.
“Ultraviolenza che poi ritroviamo – continua sempre Patrick – per esempio anche in un’altra fusione con il genere spionistico, nel Professionista/Chance Renard di Stephen Gunn/Stefano Di Marino (su Segretissimo Mondadori, NdR), il quale non lesina le incursioni in un certo porno sadismo, che peraltro ritrovate assai più accentuato nella serie francese SAS su Malko Linge" di Gérard de Villiers (da noi Segretissimo SAS, NdR).
"Quindi se devo trovare una linea di continuità fra autori così diversi fra loro come Sclavi, Teodorani, Nerozzi, Di Marino, Di Orazio e il debuttante Gazzola, la vedo nella ricerca di spingere sempre più in là il confine del rappresentabile, verso la frontiera dell’inaccettabile e del politically uncorrect che mette in luce le zone più oscure dell’animo umano. Come al cinema hanno fatto i Corbucci, Argento e Fulci, nel fumetto Splatter e anche Dylan Dog”.
Già, altra sorpresa: Ficini coltiva con attenzione e passione il “fumetto” (come “giallo”, la parola italiana viene ormai usata correntemente nel testo francese accanto a bande dessinée!) italiano, da Diabolik, Jacula e Zora a Martin Mystere, fino a Dampyr e John Doe. Pur appartenendo alla cultura che ci ha dato Metal Hurlant e, oltre al citato Bilal, Moebius, Druillet, Caza...
Eppure lui è anche un acceso fan di Dylan Dog, di cui depreca lo scarso successo raccolto dall’edizione francese dell’indagatore dell’incubo, di cui nelle immagini sopra a sinistra riproduciamo un esempio di copertina francese e a destra una dell’edizione spagnola (con una tavola del maestro indiscusso Corrado Roi).
Quante belle sorprese, per noi pessimisti nerastri!
Speriamo di poter festeggiare presto altre traduzioni in francese...
Posthuman ringrazia Patryck Ficini e Sueurs Froides per la collaborazione: ci auguriamo che torni presto ad offrirci il suo sguardo transalpino sulle sanguinarie produzioni nostrane. Nei suoi articoli non si parla ancora di Brendon, altra testata di casa Bonelli in cui spadroneggiano sovente le ombre profonde di Corrado Roi, ma sicuramente lui conosce già il futuristico cavaliere di ventura così affine a Dylan Dog...!