Non siete fiorentini ma avete amici da quelle parti? Allora avrete per forza conosciuto l'incrollabile sicumera dei discendenti di Dante di essere i custodi del "vero italiano", epigoni del Rinascimento e motore primo dell'uscita dell'umanità dalla barbarie, per la quale ovviamente solo loro dobbiamo ringraziare.
Anch'io ne ho (di amici toscani) e questa malizia bonariamente campanilista m'è tornata alla mente leggendo i 24 racconti di Carlo Menzinger "di Preussenthal" (foto a sinistra, anch'egli socio della World SF), che pure fiorentino lo è solo d'adozione, perché il suo impronunciabile patronimico da ufficiale prussiano cela in verità un'origine romana, poi evidentemente sciacquata con devozione in Arno. Ma una palpabile, approfondita passione per la storia l'ha spinto ad ambientare appunto nel capoluogo toscano tutte le storie della sua raccolta (copertina in apertura), che si inquadra nel filone della fantascienza ucronica: cioè quella che osserva le possibili conseguenze nel presente/futuro di un fatto storico, qualora a suo tempo fosse andata diversamente. Almeno per quanto riguarda i primi racconti, perché proseguendo...
Ripensandoci e proseguendo nella lettura, mi sono ingoiato la mia ironia campanilista: e perché no, mi son detto? Perché "un ufo non può atterrare a Lucca"? In fondo Firenze ha effettivamente un ruolo nella storia dell'umanità di certo non minore (anzi, ben maggiore) di quello rivestito dal "fottuto Maine" (come dice Crozza), in cui uno scrittore più famoso del Menzinger ha ambientato quasi la propria opera omnia. E allora perché se la storia fiorentina in determinati snodi, ai tempi dei romani, dei guelfi e ghibellini o della Seconda Guerra Mondiale, fosse andata diversamente, non se ne potrebbero diramare conseguenze degne della Svastica sul Sole di Dick?
In effetti è così, ha ragione lui, sono io il provinciale. Se mai, altri sono i problemi della sua scrittura: anzitutto, a mio parere, una certa prevalenza del saggista storico sul narratore. Menzinger è preciso e documentato sugli episodi che ricostruisce, fin troppo: si capisce che il suo piacere è più nel rievocarci la Storia e i suoi protagonisti (Cesare, Farinata, Lorenzo il Magnifico, Savonarola ...) che nell'immaginare dove sarebbe potuta andare a parare se un battito d'ali di farfalla l'avesse sospinta altrove.
Mi spego: Dick ci dice che la Seconda Guerra Mondiale l'anno vinta nazisti e giapponesi. Punto. Il romanzo poi esplora le conseguenze di un'America divisa in due blocchi come accadde in realtà all'Europa. Menzinger invece scova fatti storici meno noti e, talvolta, per spiegare all'incolto (come il sottoscritto) dove sta l'ucronia deve ricorrere alle note a pie' di pagina sulla Dieta di Empoli (Montaperti), supporto vitale nella saggistica ma una pecca in narrativa. L'impatto fantascientifico per forza ne soffre. Talvolta quest'ultimo è derivativo: ne Il mio nome è Apocalisse, il presunto killer dal futuro di Lorenzo sembra Terminator; talvolta non c'è affatto, perché l'alluvione a Firenze del '66 non diventa "fanta" solo perché osservata da un Angelo del fango immateriale e festeggiata da alcune dispettose naiadi mitologiche.
Spunti secondo me più interessanti vengono invece dal serial killer di americani per vendetta postbellica (11 Settembre), purtroppo concluso troppo frettolosamente - perché, ancora una volta, documentati i fatti storici dei bombardamenti alleati su Firenze, del giallo del vendicatore all'autore importa poco - e soprattutto dal Ritorno degli Inglesi: originalissima versione dei ritornanti, in cui tre scrittori inglesi sepolti nel fiorentino Cimitero degli Inglesi nell'800 vi si risvegliano all'improvviso insieme a uno storico tedesco (morto invece nel 1937), dovendosi misurare con le incomprensibili novità come automobili e cellulari del 2016.
Fra i vertici della raccolta vi segnalo sicuramente anche La Scimmia Futurista, brillante parallelo fra l'evoluzione "elettrica" di uno scimpanzè toccato dal fulmine, condotta attraverso argute citazioni di testi del Movimento marinettiano, e la regressione di un artista fallito, deluso dalla civiltà.
Dopo un paio di flash tropo brevi per lasciare il segno e un gustoso anche se troppo manifesto omaggio ai Trifidi di Wyndham (I Costruttori), è il turno del racconto che varrà all'autore le chiavi della sua città d'adozione: Firenze in Moto, per la frase "Firenze era ruotata o, per dirla alla Tolomeo, il mondo era ruotato intorno a Firenze" (!); e Il Cancellatore, il cui protagonista ha il compito borgesiano di cancellare le tracce di Firenze da tutte le opere letterarie conservate in biblioteche e musei, per ottenere una "Fiorexit", sorta di Brexit fiorentina totale e definitiva dalla Storia del pianeta. Finirà in olocausto nucleare, con quella punta (anche di più) di ironia sarcastica che fa dei presuntuosi e litigiosi concittadini dell'autore una razza di "creature inferiori, incapaci di convivere pacificamente e di salvaguardare l'ambiente" anche agli occhi di imparziali osservatori intergalattici (Il Campione), con cui Menzinger bilancia la scelta di porre la capitale toscana al centro di tutte le sue storie. La quale finisce, come da programmatico titolo dell'antologia, di volta in volta inghiottita da buchi neri creati da giovani scienziati, sopraffatta da droni di sicurezza troppo zelanti (ancora dalle parti di Skynet), sterminata da zanzare mutanti per salvaguardare il resto dell'ecosistema (La Cura), minacciata da larve mangiaplastica e via di questo passo.
Insomma, l'antologia di Menzinger è ricca di spunti gustosi, spesso anche spiritosi, in grado di spaziare in lungo e in largo nei sottogeneri della letteratura di fantascienza. Il cui limite sta secondo me in uno sviluppo narrativo troppo frettoloso, che impiega più pagine per descrivere la situazione di partenza di quante ne riservi poi allo svolgimento e alle conseguenze della minaccia che ispira il racconto, riducendo così il potenziale empatico delle sue trame sul lettore. "Molte di quelle storie sono in potenza dei romanzi. Se avessi più tempo, li avrei scritti, invece di farne solo dei racconti", ci ha spiegato l'autore. "Stavo pensando di scrivere un romanzo sull'Apocalisse di Giovanni riportata ai nostri tempi e così ne ho scritti altri come allenamento e come 'prova' per il romanzo. Il bello è che poi il romanzo ha preso tutta un'altra strada e l'apocalisse è diventata marginale". Ma siccome noi leggiamo quel che c'è e non quel che avrebbe potuto essere, troviamo la prova del nove nel racconto conclusivo, Collasso Domotico, che - finalmente sviluppato su 19 pagine - dà agio ai suoi protagonisti, una cinese con figlia e un russo trapiantati in una Firenze futuristicamente ipermeccanizzata, di approfondire meglio le difficili relazioni nate nell'emergenza apocalittica dell'improvviso blocco di tutte le macchine domotiche del titolo, in marcia verso un disperato finale, che ci ha ricordato l'atmosfera del dolente Last Sunrise di Wen Ren.
Il libro è poi riccamente illustrato da ben 43 elaborazioni grafiche sviluppate con Photoshop dagli allievi del corso di grafica della Facoltà di Architettura dell'Università di... eddài, devo pure dirvelo? Ma di Firenze no?! Ognuno di loro ha rielaborato un'immagine della città rendendola "apocalittica" come da programma con cascate, inondazioni, deserti africani, o anche solo fantascientifica con cupole del Brunelleschi in volo nello spazio e così via. Ne vedete alcuni esempi a colori ai lati del nostro articolo, comunque son tutte di gran lunga migliori dell'insipido David di Michelangelo "spaziale" digitalizzato in copertina da Vincenzo Bosica (illustratore ufficiale della sci-fi collection dell'editore Tabula Fati).
Buone letture nella lunga estate calda.
Mario G