Gli inesausti speleologi nelle segrete del cinema bis italico – Gomarasca e Pulici di Nocturno – non paghi d’aver battezzato la storica collana CineKult (e più di recente la Midnight Factory con Koch per l’horror), ora varano con CG Entertainment una nuova etichetta: la CineSexy, che promette di scovarci alcune chicche dimenticate della golden age dell’erotico made in Italy.
Si parte con Il Pornoshop della Settima Strada di Joe D’Amato del 1979, già in vendita restaurato nella sua forma uncut con tutte le sue scene hard, cui seguiranno Hard Sensation (fascetta a destra), altro sexplotation esotico di D’Amato del 1980, quindi Justine, una minorenne deliziosa sempre by Joe D’Amato, qui coadiuvato dal collega Jess Franco (versione del 1979), mentre a gennaio sarà la volta di Sesso profondo diretto da Mario Girolami.
Tornando a Il Pornoshop della Settima Strada (copertina in apertura, qui sotto a sinistra una fotobusta d'epoca), il film è ambientato in un quartiere basso newyorkese, irto di cinema e di teatrini a tripla X: due scalcinati rapinatori svaligiano una farmacia, ignorando che sia protetta da un temibile capomafia, che sguinzaglia alle loro calcagna due “punitori” (peraltro non molto più astuti alla fine).
I due malcapitati finiscono casualmente per nascondersi nel un porno shop del titolo, ancora una volta ignari che Lorna, procace negoziante bruna che lo gestisce (Annamaria Clementi, oggi Romoli, ampiamente intervistata negli extra), altri non è che l’amante del boss (guarda la sfiga) da cui i balordi vorrebbero sfuggire.
Esperta sulla materia, la Clementi cerca di conquistarsi la libertà seducendo il più tonto (e maniaco) dei due delinquenti con le tecniche ben sventolate dalla sua attività commerciale, che già peraltro avevano ingolosito il malfattore. Ma il più sveglio (e aitante compare) gli interrompe il piacere per fuggire con l’auto della donna (e un terzo complice di colore, malaugurato ideatore del “colpo”).
A questo punto usciamo da New York (le scene migliori del film, forse il budget per girare on location era già finito) e approdiamo (come non di rado negli erotici) in una villetta in mezzo alla campagna, dove invece si stava trastullando un terzetto di studenti in vacanza: la bollente brunetta Annj Goren (al secolo Anna Maria Napolitano), che se la spassa col moroso Christian Borromeo (l’anno seguente ne La casa sperduta nel parco di Deodato, poi in Tenebre di Argento), e la virginale Brigitte Petronio.
Tre bulli (il giovane biondino rimane sullo sfondo a far giochi di società) e tre pupe in villa è lo scenario ideale perché il Massaccesi cali gli assi della sua autentica vocazione: la cornice gialla si scolora definitivamente, lasciando spazio alla panoplia di scene erotiche fra il macho Maxmilian Vhenier e la Clementi, il pelatino Ernest Arnold e la Goren, il nero Outlaw (di nome e di fatto) e la biondina Petronio, virginale ma assai curiosa e protagonista di quella clou, di cui vedete un dettaglio qui a lato: il bandito maniaco gioca a biliardo mirando con le boccette alla sua passera (scena ispirata a quella onirica di Cavallone nel suo Spell del ’77, ben altra pasta di cinema).
Sicché, tra incongrui ceffoni d’orgoglio (ma quale?) delle pulzelle e pronte ammucchiate coi sequestratori, accompagnato da improbabili dialoghi non certo scritti da Paul Schrader (“Ora hai passato il segno, sporco bastardo”, detto da una commessa di porno shop?!), il coté “giallo” della pellicola si chiude quindi in ciò che celava in realtà: una sexy commedia con quattro sganassoni, gaglioffi in fuga e belle colla grana pronte per nuove bollenti avventure; il che rende leggermente bestemmiatoria la definizione di “idea di cinema asciutta e quasi scorsesiana” che si legge sulla fascetta del dvd.
Ad onor del vero, va detto che neanche i dialoghi dei film di Gerard Damiano – per dire un altro cult della golden age of porn d’Oltreoceano – erano scritti da Woody Allen o Altman. Questo Pornoshop di D’Amato dunque, rimossi sovrumani paragoni col maestro di Mean Streets e Taxi Driver, vale piuttosto come testimonianza di un’epoca in cui si poteva volare fino a NY per girare un porno, e comunque lo si girava almeno con uno straccio di trama e un’indubbia competenza artigianale nelle riprese, qua e là non priva addirittura di qualche guizzo più ambizioso (la suddetta scena del biliardo, un flashback onirico con immagini a mitraglia). Tant’è che poi veniva anche distribuito negli stessi USA, come vedete dalla locandina in inglese riprodotta qui a sinistra.
Sono questi - insieme alla gradevole musica del batterista jazz Bruno Biriaco, che alterna del buon funk jazz nelle scene metropolitane, svenevolezze di quella che poi si sarebbe chiamata lounge in quelle erotiche e qualche cauto rumorismo morriconiano in quelle thriller - gli atout che hanno alimentato le golosità di registi attuali come Tarantino ed Eli Roth, anche se purtroppo l’Aristide nazionale non poteva contare sul virtuosismo di Quentin nella scrittura dei copioni.
Mario G