Ci sono cose che si fanno e cose che non si fanno.
Una di queste ultime è affidare la recensione di un'antologia a uno degli autori che vi sono inclusi.
Scilla Bonfiglioli è uno degli autori dei 365 Racconti Horror per un Anno, curata da Franco Forte ed edita dalla sua Delos Books, nonché presentata recentemente ai Delos Days 2011. Allora perché le ho affidato un articolo sull'antologia che contiene il suo racconto (Poveri figli, poveri dèi, situato sull'8 novembre, peraltro uno di quelli che finora mi ha colpito di più col suo orrore ancestrale pagano dei sacrifici umani per scacciare il nemico invasore), oltre che il mio Silenzi (21 luglio)?
Forse perché, più che una vera recensione (Scilla tace cautamente dei racconti che non le sono piaciuti per esempio), il suo pezzo è un ideale (e ispiratissimo) vademecum (pardon, lunario, dice lei!) per orientarsi in una raccolta tanto vasta ed eterogenea che è facile perdercisi e magari nella massa non accorgersi delle gemme nascoste.
Forse perché - oltre alla correttezza di non citare il racconto del 'padrone di casa' sul suo sito - ha espresso comunque gusti sinceri: notate, per esempio che fra i racconti da lei citati curiosamente non compare nessuno dei nomi già affermati nel campo del pulp italico citati in copertina!
Beh, non rubiamole troppo spazio con le premesse: leggete il suo attento calendario, leggeteci per gelare l'afa incombente, poi dite anche voi la vostra. L'antologia è un opus collettivo, Posthuman una community aperta.
Mario G
Nella mia terra di campagne piatte e di tradizioni contadine, era spesso d’uso un lunario: un libriccino da tenere in tasca, che indicava i giorni del mese e le fasi di luna: quelle in cui era meglio seminare, per esempio, e quelle in cui tagliarsi i capelli perché crescessero più forti. Raccoglieva annotazioni di agricoltura e di stregoneria.
Dava l’impressione che i pericoli contadini fossero, allo stesso tempo, perdere il raccolto così come imbattersi nel diavolo, sui sentieri di campagna. Il lunario aiutava a stare all’erta.
Adesso avete tra le mani un’antologia. Immaginatela come un libriccino da tenere in tasca, coperto di annotazioni magiche sulle paure di un anno intero. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, contiene tutte le diavolerie di questo mondo.
E dell’altro. Apritelo dall’inizio.
Comincia gennaio e la sera scende presto, scurisce il pomeriggio. Poco a poco, la nebbia sale dalla terra. Tra i rami nudi degli alberi, la morte spia silenziosa.
Potrebbe agire, la morte, dall’oscurità di sotterranei antichi, nelle vesti di un mago di Tebe: un suo solo gesto ed ecco, anche se si crede al sicuro nel sole, il faraone sente mancargli il respiro (7, Liber linteus, Emilio Daniele); potrebbe, invece, alzarsi dall’obitorio e seguirti fino a casa, con un sorriso su quelle labbra di cadavere, e sembrare ancora viva, sembrare innamorata (11, La morte che ride, Giorgia Rebecca Gironi).
Oppure, la morte potrebbe avere il volto radioso di un angelo, armato e deciso a regolare i conti (24, La fuga, Irene Pecikar). Qualunque sia la sua forma, giorno dopo giorno, la morte nutre la paura. Pagina dopo pagina, fino al mese successivo.
Cresce febbraio, con gli spasimanti che sospirano nei vicoli, con i suoi innamorati.
In febbraio, nessuno si sorprende nel leggere una lettera d’amore: è di un soldato che prega di conservare almeno il ricordo dell’amata, di mantenere la mente salda. Intanto il corpo gli si sgretola, nella negromanzia di una tribù che sfida un esercito (7, Consunzione, Marco Cartello).
Un uomo e una donna camminano nella notte. Si fermano in una radura e lui le prende il viso tra le mani, appoggiando le labbra sulle labbra. Beve ogni goccia di lei, lasciandola inaridita (4, Il rabdomante, Andrea Marà).
Verso la fine del mese, ci si imbatte nell’amore di una bambina per la propria vita spezzata. Non ha trovato sepoltura e lei, bianca e con gli occhi vitrei, chiede aiuto a se stessa (23, Nessuno avrebbe mai trovato il mio corpo, Oriana Ramunno).
Poi viene marzo e cominciano le piogge.
C’è chi trema, mentre attende i temporali: insieme all’acqua arrivano i mostri. Non da lontano, prendono il sopravvento da dentro e allora è meglio aspettare che gli acquazzoni finiscano, prima di incontrare qualcuno (13, Maltempo, Fabio Lastrucci).
Viene marzo e le piogge nutrono la terra. Sorge, in una notte di luna, una creatura antica. Si sveglia tra i cipressi, cerca la propria sposa (20, …lasciando la via vecchia, Valeria Lenzi). Viene marzo e, come sorge nuova vita, sorge nuova morte. C’è chi dopo una dormita pesante si rialza dal letto e, senza ricordarsi d’essere defunto, lascia sdraiato il proprio corpo (24, Il risveglio, Santino De Luca).
Qualunque sia la pioggia, giorno dopo giorno, l’acqua nutre la paura. Pagina dopo pagina, fino al mese successivo.
La primavera è la stagione di tutto ciò che è nuovo: in aprile l’aria è più fresca e le serate sono più miti. Aprile è il mese dei bambini che escono a giocare a nascondino. Non tutti torneranno a casa, la ragazzina che li cerca ha occhi strani (22, Tana!, Valentina Campus). È l’aprile dei bambini che non si arrendono alla morte, nemmeno se li ha carbonizzati un’esplosione (14, Parla con me, Stateira); l’aprile dei bambini perseguitati dal Paradiso, che non hanno colpa alcuna, se non quella di essere figli del diavolo (25, Fino alla fine del mondo, Massimo Monticone).
Poi arriva maggio, pieno di calore.
Chi lo pensa portatore di speranza, si sbaglia. Nelle sere che s’allungano, si gettano trappole: la Banshee, fata del malaugurio, ne tende una terribile per la sua sacerdotessa e così facendo intrappola se stessa (17, Bean chaointe, Paolo Guiducci); in una notte di scherzi, un bambino solo al mondo inganna i mostri, per salvarsi la vita (7, Tre parole, Alessandro Cavalotti). La trappola più feroce, però, è quella che tendiamo a noi stessi, nel mese di maggio che viene con il suo calore, su una pista da ballo gremita di corpi sudati. I mostri più crudeli sono quelli che produce la nostra mente (27, El sueño de la razòn produce monstruos, Sara Troise).
Qualunque sia la trappola, giorno dopo giorno, la tensione toglie il respiro. Pagina dopo pagina, fino al mese successivo.
La canicola di giugno immobilizza il vento, solo il suono delle cicale colma l’aria intorno. Nelle terre mediterranee si dice che esse preannuncino le visite dei fantasmi, nel mezzogiorno accecante.
Gli spettri più spaventosi hanno sempre sembianze innocenti e mai si fanno scrupoli: trattengono le anime, le soffocano e le abbandonano (22, Spiriti, Aurora Alicino).
Altri fantasmi strisciano sotto le porte, sfidano le preghiere e le icone sacre per impadronirsi di un’anima che ancora esitava tra i vivi. (11, Ombre rosse, Maria Alberta Fiorino). Qualcosa di più osceno s’insinua nella stanza di un ragazzo: sembra conoscerlo da tempo e sembra molto affamato. (4, Lenzuola di lino, Marco Phillip Massai).
Luglio è carico di manifestazioni di spettri. Si odono i tamburi d’Africa: una coppia in viaggio di nozze assiste all’evocazione di un dio oscuro (23, Ogun, Emilia Calpini). Credendosi al sicuro nella propria stanza arredata con gusto, la piccola Alice apre il Paese delle Meraviglie. Sente un brivido lungo la schiena, guardando nella tana del Bianconiglio (7, Alice, Eleonora Goi). In un’altra camera, un orsacchiotto con un meccanismo musicale suona senza che nessuno lo attivi e una bimba che compie gli anni riceve una sorpresa strana (24, Happy birthday, Maria Cristina Lenti).
Insieme ad agosto viene il tempo delle maledizioni.
La prima è quella di un golem di antica fattura, che prende sembianze innocue per ingannare un assassino (20, Sorpresa!, Andrea Caietti). Poi c’è quella del vento, che fischia e porta la tempesta. Ha già rapito un uomo, vuole prendere una bambina e, forse, ha già portato via la mente di una madre (7, Vento cattivo, Marco Battaglia).
C’è un’altra madre soverchiata da un anatema: la sua bimba indesiderata soffre d’abbandono e continua a vivere. Non vuole morire e, quindi, non muore (13, Morire, tempo sprecato, Paolo di Orazio). Qualunque sia la sua maledizione, giorno dopo giorno la paura alimenta se stessa. Pagina dopo pagina, fino al mese successivo.
Quando viene settembre si torna a casa, ci si cerca intimità tra le stanze familiari e le cose che ci appartengono: si finisce per trovare qualcosa di cui non si sospettava l’esistenza. Una collezione di bambole è cosa preziosa: sembrano quasi vive mentre, dallo scaffale, osservano un uomo che le cura, le pettina, le abusa. Sembrano quasi vive (3, Collezionista d’Amore, Sergio Oricci).
Ci si siede alla scrivania, quando viene sera, e al margine del campo visivo appare la sagoma di un visitatore di vecchia data, ma che non siamo mai riusciti a vedere in viso (29, Il mio amico col cappello, Gaia Cremascoli). Prima di andare a letto ci si spazzola i capelli, pregando di averli lisci e morbidi, come li hanno tutti i bambini buoni: ci sono streghe che girano con pettini di ferro e grattano contro le porte, sperando di entrare (1, Maria Tependedda, Laura Poletti).
Arriva ottobre e le giornate si accorciano. Col calare del buio, non si è più al sicuro nelle campagne, dove i morti hanno la spiacevole abitudine di risvegliarsi. I metodi per restituirli al riposo - conosciuti anche ai bambini - sono crudi: si dice che basti un colpo solo dritto allo stomaco per i vampiri. Non tre colpi, non due. Ma uno (26, Unu, Maria Chiara Tamani).
Con il calare del buio non si è più al sicuro nelle città, dove si aggirano creature delle tenebre in cerca del pasto. La metropoli, tuttavia, sembra essere piena di rischi anche per loro (24, Un vampiro a Roma, Giancarlo Marzano).
Non si è più al sicuro nemmeno nella propria casa, per quanto accogliente e amorosa. Troppo accogliente. Troppo amorosa (16, Cuore di pietra, Emanuele Caccia).
Serpeggia la nebbia, nel cuore di novembre. Mentre si festeggiano i morti, tra i sepolcri, i morti festeggiano loro stessi. Nel buio della terra, si rigirano con la calma dei defunti, pregustano la vendetta, in procinto di uscire dalle tombe (2, Il giorno dei morti, Diego Di Dio); si nascondono nelle rovine e illudono i viandanti che esse siano invece palazzi di re, per convincerli a entrare, per rubare loro la vita. Anche i più attenti vengono incantati (20, Sachiko, Blanca Neri).
Ancora, i morti arrivano a bussare a casa di una donna e di sua nipote, ciclici come i segni dello zodiaco. Qualcuno porta il freddo, qualcuno la pioggia. Qualcuno è nuovo e nella sua ombra non è ancora nato nessuno (4, La signora dei segni, Barbara Gisolo).
Dicembre porta il calore della famiglia: si resta riuniti in casa, le mamme in vestaglia e i papà fumano la pipa. Tutto è così perfetto da far sperare che resti così, per sempre (7, Cera, James Carroll Wish).
Dicembre porta il calore dei doni. Si aspetta un pegno, sotto al cuscino, nel barattare un dente da latte caduto. In cambio, tuttavia, si vedono cose che si preferiva non vedere (17, La fata dei dentini, Marco Filipazzi).
Dicembre porta la nascita di un dio di luce. Accanto al piccolo, nella notte, una cosa ferma nel buio vuole il suo male, con corna avvelenate e una bocca marcia. Servirà un sacrificio per tenerla lontana, perché non riesca nel suo intento e non sia la fine di tutto (28, Non penso che riesco ad arrivare a casa, Alain. L. Bocchio).
E poiché non è la fine, torniamo all’inizio.
Inizia gennaio e la sera scende presto, scurisce il pomeriggio. Poco a poco, la nebbia sale dalla terra. Tra i rami nudi degli alberi, la morte spia silenziosa.
Anche chiudendo l’antologia adesso, la paura seguirà il corso del lunario. Racconto dopo racconto. Pagina dopo pagina, fino al mese successivo.
Scilla Bonfiglioli
Posthuman auspica di ospitare nuovamente la penna di Scilla, tra l'altro anche attrice per una compagnia teatrale, I Servi dell'Arte, di cui contiamo di scoprire di più e riparlarvi presto.