Riflessione sociologica: nel 1972 (anno di produzione del film di Roberto Bianchi Montero) si era in pieno femminismo. Eppure nel film – come quasi sempre nei gialli di quella stagione – le donne sono vittime sacrificali a gogo del killer di turno, un cliché che fece scrivere a un osservatore straniero che nell’“italian giallo” sembra che solo le belle donne rischiassero la pelle. Concetto noto, che ha indotto alcuni ad accusare di misoginia il florido filone scaturito dal successo argentiano.
Claudio Bartolini – che negli extra del dvd CG Entertainment a cura della redazione di Nocturno ci offre interessanti riflessioni sul film – propende invece per vedere, pur nel sadismo che spesso si focalizza sui bei corpi femminei straziati dagli assassini nerovestiti dei ’70, comunque un trionfo del femminino su una virilità che si fa via via più opaca nel cinema, cui forse non resta che la lama per dominare la Foemina (Ridens).
Comunque la vediate, è curioso osservare che 40 anni dopo siamo assediati da bellicose eroine spadaccine, pistolere, letali e acrobatiche picchiatrici di nemici maschi in ogni blockbuster, eppure mai come ora la cronaca ci riporta agghiaccianti statistiche sul cosiddetto femminicidio e le violenze sulle donne, tanto da nutrire pornografici (questi sì) programmi tv come L’Amore Criminale condotto da Barbara-darklady-De Rossi. Allora, gli amanti violenti del XXI secolo copiano il giallo dei ’70 o la società evolve più lentamente del cinema (e delle ideologie che lo ispirano)?
Mancandoci un saldo supporto scientifico da qualche Pagnoncelli/Crepet/Alberoni onnisciente, lasciamo in sospeso l’angoscioso dilemma sociale tornando al film dall’ammiccante titolo di quella lunghezza che solo in quel periodo era concepibile (anzi andava di moda, pensate ad impagabili scioglilingua tipo Estratto dagli Archivi Segreti della polizia di una capitale europea o Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?): Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile (in apertura la fascetta del dvd, qui ai lati poster d'epoca), come nota il succitato Bartolini, è un curioso ibrido thriller-poliziesco.
Del primo genere, santificato dalle Sei Donne baviane e poi dall’Uccello dalle piume di cristallo argentiano, Roberto Bianchi Montero (prolifico regista di western, mondo movie e commedie sexy) mutua l’inafferrabile, silenzioso ed implacabile assassino nerovestito e guantato (che vedete nell'immagine qui sopra a destra e sotto), per l’appunto killer di donne, anzi peggio punitore di mogli fedifraghe. Del secondo invece prende il protagonista detective, l’opaco Farley Granger (all’epoca il cinema italiano attirava anche star internazionali), fino alla fine incapace di dare un volto al misterioso criminale. Ossia fino a che quest’ultimo gli telefona per le rivelazioni del titolo, perdipiù minacciando addirittura sua moglie, la bella Sylva Koscina.
E qui sarebbe… un delitto andare oltre, benché – va detto – il film di Montero non si possa certo definire un capolavoro della suspense: una sceneggiatura e una regia abbastanza piatte lo lasciano galleggiare nella media della ricca produzione gialla italica dell’epoca, né la vera e propria messinscena della morte (l’atout argentiamo), su cui il regista si mostra anzi stranamente pudico, ci regala veri brividi d’orrore. Gli inseguimenti risultano infatti un po’ sbrigativi e non fan proprio saltare il cuore in gola; e le uccisioni (rigorosamente all’arma bianca) delle numerose bellezze del cast (Koscina, Femi Benussi, Susan Scott, Annabella Incontrer, Krista Nell) sono assai meno crudelmente fantasiose che nei capolavori di Argento/Fulci o di un Sergio Martino.
Montero – come l’infermiere necrofilo Gastone (Luciano Rossi) del suo film – indugia assai di più sui corpi delle vittime, immancabilmente nude e bellissime, già esanimi, un po’ come bambole dello Spasmo lenziano. Da vive, ce le offre golosamente sdraiate sul lettino dell’estetista, a civettare su mariti e amanti, in bagno mentre si preparano ad incontrare uno di questi ultimi (e subito dopo la morte), tanto che apprendiamo che il film fu distribuito brevemente negli USA con alcuni inserti hard (specie nella voluttuosa scena di sesso fra Susan Scott e il di lei amante, l’impeccabile avvocato Silvano Tranquilli).
Naturalmente, non c’è troppo da alzare il sopracciglio se questi film allineavano una serie di cliché: se oggi possiamo bearci davanti al noir manierista di Sin City (tavola a sinistra) o di Cattet/Forzani (di cui Midnight Factory va ad offrirci finalmente in hv il sublime dittico Amer/L'étrange couleur des larmes de ton corps, da cui la foto sotto a sinistra, sempre auspice il Nocturno team) è perché Miller, Rodriguez e Tarantino, come la sperimentale coppia belga, si sono ben studiati a memoria scene, abiti, angoli di ripresa, colori e… sì, perfino i cliché del giallo italiano degli anni ’70, diventato ormai un brand nel mondo.
E in definitiva Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile non è neppure un guilty pleasure che vive di soli cliché: un finale, che ovviamente non possiamo svelare ma è molto amaro e ben lontano dal vissero felici e contenti hollywoodiano, getta infatti un’ombra pesante non solo sulla figura maschile come dice Bartolini, ma anche sul concetto di Giustizia che il protagonista incarna, quasi un malinconico Infernale Quinlan all’italiana.
Colonna sonora del grande Gaslini, che alterna le classiche lepidezze lounge a base di shalala femminili ai suoi più personali jazzismi e ai clangori della contemporanea nei momenti drammatici col killer in azione.
Mario G