“La citta è il mondo” è il tema della XXI edizione del festival Milanoltre, che anche quest’anno promette di portare a Milano (tra Teatro dell’Elfo, Dal Verme e Pim) le frontiere della danza e della musica contemporanea. Il tema è succoso e fa intravedere sviluppi interessanti, proprio mentre noi ci ripromettiamo di parlare più spesso di teatro su Posthuman (e di spunti non ne mancano, con le attese riprese del Fahreneit 451 di Ronconi, dei Libri da ardere dell’Elfo medesimo, de l’Aquila Bambina di Syxty…).
Siamo quindi andati carichi di attese a vedere l’affollatissima prima di “Un peu de tendesse, bordel de merde”, seconda tappa di una trilogia dell’enfant térrible del teatro danza canadese, di cui non avevamo visto l’applaudita “Pornographie des Ames” lo scorso anno e di cui, al momento, dubitiamo di vedere la conclusione, se il prossimo Milanoltre ce la offrirà: infatti, lo spettacolo di Dave St Pierre ci è risultato più confuso che trasgressivo (come appariva sulla carta), e troppo propenso a indulgere ad effetti grotteschi ai limiti della goliardia per incidere seriamente sulle nostre coscienze come riflessione (danzata) sulle relazioni umane e le relative difficoltà e incomprensioni.
Riflessione che, nondimeno, ne sarebbe l’obiettivo, dichiarato perdipiù in una sorta di epigrafe programmatica, letta (malamente) in italiano da una voce diffusa in apertura.
St-Pierre vorrebbe “combattere la spazzatura con la spazzatura”, facendoci riflettere “sulla sociologia e altre utopie contemporanee”: peccato che, a parte qualche citazione da Pina Bausch (i tentativi di contatto fisico fra ballerini che naufragano nella non corresponsione da parte del maschio della richiesta della donna), la sua coreografia fatichi a farci capire quali siano gli aspetti, le asperità che minano le relazioni umane nella disperata contemporaneità: sembra quasi che il discorso del canadese sia ottenebrato dall’intento di risultare osé, “dispettoso” ad ogni costo.
Un tema che meriterebbe approfondimento (in fondo, chi va a vedere Milanoltre è già un pubblico “coraggioso”, difficilmente si scandalizza d’alcunché), ma che lasciamo ad occasione dedicata (il discorso dovrebbe coinvolgere tutto, teatro, danza, arte contemporanea…). Resta il fatto che anche l’ironia, abbondante nelle situazioni rappresentate e nei testi recitati da una brava ballerina-corifea, è anche simpatica, coinvolge il pubblico (o cerca di farlo) in un’interazione coi performer, il più delle volte lo fa ridere, ma la sensazione è che tutto resti lì.
E che domani nessuna interpellanza in comune metterà in discussione l’atteggiamento “anti-donne” o “anti-gay” di cui pare il coreografo sia stato accusato, per quei sei danzatori nudi in scena (come vedete nella foto qui a lato, scattata da St Pierre lui meme) e con ridicole parrucche bionde, continua parodia di gestualità da ballerini effeminati, che a me (e a chi mi stava vicino) è parsa più comica che trasgressiva.
Queste sono tutte “trasgressioni” e “corporeità” esibite che in sé non sono radicalmente nuove e che, nel contemporaneo, sembrano collegarsi per esempio al discorso estremo sul corpo di uno Jan Fabre, nel cui “Crying Body” però (qui accanto vedete un paio di foto da me scattate nelle rappresentazioni del 2001 all’Out Off), il discorso era assai più nitido, sia coreograficamente sia concettualmente.
Il risultato è che, quand’anche nello spettacolo arriva un quadro efficace e potenzialmente poetico, noi siamo stanchi e l’emozione non vibra più. Peccato, perché la scena finale coi ballerini che si versano bottiglie d’acqua al rallentatore, scivolano sul palco lentamente, si denudano e quindi “nuotano” sul palcoscenico facendo scivolare i corpi sulla superficie bagnata, è originale e tiene incollato lo sguardo. Ma è passato troppo tempo senza che “lievitasse” un pensiero.
Ok, detto tutto il male possibile del povero St-Pierre, resta da dire che Milanoltre rimane pur sempre una preziosa rassegna, che in oltre 20 anni ci ha fatto conoscere la Fura Dels Baus, i Raffaello Sanzio, La La La Human Steps e chi più ne ha più ne metta, quindi diamo una chance ai prossimi appuntamenti di farci viaggiare più alto. Ve li ricordiamo: sono “Chimurenga” di Nora Chipaumire (Elfo, 3-4/10), l’esecuzione da parte di Sentieri Selvaggi dell’opera “De Staat” di Louis Andriessen, tratta dalla Repubblica di Platone (Dal Verme, 5/10), “deGeneration” di Hofesh Shechter (Elfo, 5-7/10), per chiudere con l’antologia dei più acclamati lavori della Bonachela Dance Company (Elfo, 12-14/19), di cui vedete una foto qui a fianco.
Ci auguriamo di tornare a voi con proposte più stimolanti nei prossimi giorni e… che voi andiate di persona a farvi una vostra idea dei “selvaggi sentieri” del teatro contemporaneo.
Per quanto riguarda più direttamente il Teatro dell’Elfo, parleremo presto della tournée di “Libri da ardere”, testo di Amélie Nothomb, regia di Cristina Crippa, con Elio De Capitani (direttore artistico di Teatridithalia) fra gli interpreti.
Mario