“Quest’hotel è un corpo vivo. Trasuda il male che abito.
…Le persone passano, i luoghi non dimenticano.”
(autocitazione impudica dall’inedito Buio in Scena)
Un banale capodanno con gli amici Cislaghi.
All’improvviso lei nota un misterioso hotel al di là del lago, mai visto pur avendo vissuto lì dall’infanzia. E vuole, deve andarci.
Così Veronica e Brad (Alice Spisa e Vincenzo Giordano, molto convincenti) mollano gli amici balbettando scuse idiote e s’installano nell’hotel dei cuori infranti (mai nominato nel testo).
“Tetro ed immobile l’Heartbreak Hotel è una presenza viva: un albergo in cui il dolore diventa un personaggio con cui poter dialogare”, lo definiscono gli snaporaz nelle note alla messinscena (che mi hanno ispirato l’aggancio per l’autocitazione in apertura). Aggiungendo che “quando l’Heartbreak Hotel ti chiama, riattaccare la cornetta non è un’opzione”.
Infatti, una volta installati nella poco invitante stanza d’albergo, i due innamorati non possono fare a meno di dar voce al proprio dolore, alle reciproche incomprensioni, fino a farle deflagrare urlandosele in faccia con tutta la rabbia che in ogni coppia di lunga durata s’accumula per anni sotto le ceneri fino a che… “Tu finisci sempre le mie frasi!”. “Perché finiscono sempre allo stesso modo, ‘non so’, ‘non so’…”.
Lui quasi la obbliga a fissare i fuochi d’artificio sparati dai Cislaghi al di là del lago (li ha procurati lui). Lei se ne frega del banale show capodannesco, vorrebbe un bacio.
Per un attimo il crepitio dei fuochi nella distanza evoca implicitamente lo scoppio di una guerra, che forse sta per cancellare tutto il mondo di là dal lago… ma la guerra è dentro di loro, non in campo aperto. La passione latita, lui sembra in difficoltà a “compiere il proprio dovere” (come dicevano le nonne)… né il sonno porterà ristoro a Veronica e Brad. Un orrendo incubo mostra a Veronica il suo futuro: vecchissima e malata alle gambe, si trascina con fatica dal letto alla poltrona, dove lui l’accudisce affettuosamente, cercando pateticamente di rincuorarla per la sciagura da cui ormai non si libererà più. Ma che malattia l’ha colpita? Ed è proprio il futuro di Veronica o il suo timore per la malattia attuale della madre?
Non ne avremo una conferma precisa: al risveglio, la realtà avrà fortunatamente ripreso il proprio affidabile posto e le gambe di Veronica sono tornate giovani e funzionanti. Forse anche l’amore fra i due giovani ha ancora una chance: uno sfiorarsi di dita ce lo lascia intuire. Ma l’hotel aspetta di attirare nelle proprie spire nuovi ospiti…
Infatti, lo spettacolo reca come sottotitolo Primo Soggiorno, in quanto il collettivo snaporaz intende sviluppare un ciclo di diverse situazioni destinate a convergere verso quel “deposito di vita” (o discarica) che è l’HeartBreak Hotel: “in fase di laboratorio abbiamo sviluppato molte altre possibili storie, col misterioso hotel a fare da baricentro all’esplorazione del dolore dei protagonisti”, spiega Matteo Salimbeni degli snaporaz al termine della prova generale in teatro. “Abbiamo storie di sentimenti, noir, futuribili… l’idea è quella di proseguire nel percorso, ridefinendo ad ogni storia le architetture dell’albergo, che si modelleranno di volta in volta in relazione ai visitatori, agli ospiti, ai drammi e agli umori messi in circolo”.
In scena al Teatro Litta/Cavallerizza fino a domenica 26 per la rassegna Apache, HeartBreak Hotel | Primo Soggiorno parte teen comedy, evolve in dramma di coppia, lambendo i territori mystery di uno Stephen King “dello shining emozionale” senza mai adagiarsi nelle convenzioni del “teatro borghese dei sentimenti da salotto”.
Recitata – si diceva – con un’immedesimazione fino alle lacrine in scena (reali) dall’intensa Alice-Veronica, la drammaturgia è tanto scarna di orpelli scenografici quanto intensamente supportata dal soundscape chitarristico prodotto dal vivo da Alberto Sansone, che stratifica successivi layer di chitarra, evocandoci ora i Doors (Break On Through), ora Mission Impossible ora… no, la presleyana ballata da cui deriva il titolo, quella mai.
Da vedere/ascoltare. Specie in coppia.
Mario G