Recensire un concerto basato sul materiale di Frank Zappa può significare avventurarsi in territori pericolosi: esistono schiere serrate ed agguerritissime di “zappologi” in grado di citare dettagli biografici fra i più sconosciuti, dissertare filologicamente per ore sulle sue ispirazioni e riferimenti artistici, enumerare tutti gli strumenti musicali che ha utilizzato e le tecniche di registrazione che ha sperimentato, etc. Analogamente, il più giovane Stefano Bollani ha già appassionati fan che si recano al Carroponte di Sesto San Giovanni con lo stesso rigore e serietà dell’occasione di un concerto di musica classica in teatro: non ricordo altre volte in cui, davanti a quel palco, sono stato riportato al silenzio perché stavo parlando al telefono al momento dell’inizio del concerto… Ma lo scopo di questo scritto non è crearsi nuovi nemici e tanto meno (opera impossibile) mettere d’accordo tutti con un’improbabile sintesi dei contenuti e della produzione di importanti grandi musicisti dei nostri tempi, ma solo quello di redigere una veloce cronaca di una bella serata musicale.
Sul palco si nota subito l’assenza del trombone, presente invece nell’album (dove lo suona il già affermato Josh Roseman, NdR): si potrebbe commentare che “manca lo strumento solista” ma questa sarebbe una grave imprecisione, infatti ciascuno dei quattro musicisti presenti sul palco ha i suoi spazi per gli a-solo, a partire senza dubbi dal titolare Stefano che, notoriamente, sa passare dall’accompagnamento più educato alle divagazioni più eclettiche e travolgenti. Bollani è dotato di un pianoforte a coda e un piano Fender-Rhodes posizionati in modo da fargli dare le spalle al pubblico: curioso, ma in realtà funzionale al suo stile. Il piano davanti a sé lo avrebbe impallato e lui spesso si alza, si gira, accenna movimenti di danza, canta e si contorce non perdendo mai il contatto con pubblico. A centro palco la giovane sezione ritmica: un vigoroso batterista (Jim Black) ed un agile contrabbassista (Paul Santner, mentre sull’album figurava il più blasonato Larry Grenadier, già al fianco di Pat Metheny e Brad Mehldau, NdR), per finire sul lato opposto con un ingombrante vibrafono, suonato da Jason Adasiewicz con molta energia (forse fin troppa, se sul palco ci fosse stato un autoritario maniaco del controllo come Zappa?), senza peraltro lesinare su idee esecutive fantasiose, come per esempio l’uso degli archetti da violino sul bordo delle lamelle di metallo.
Per ricordarci che Bollani (che vedete in azione alla tastiera nelle immagini di repertorio che illustrano il nostro articolo, NdR) non è solo un musicista jazz ma anche un abile intrattenitore, in grado di padroneggiare linguaggi di stampo pop il concerto prevede la versione interamente cantata di Bobby Brown Goes Down, che nell’originale unisce melodia ed arrangiamenti da classifica ad una storia volgare, scabrosa e politicamente scorretta (come da consuetudini zappiane). L’interpretazione di Stefano ha un piglio da crooner, accompagnandosi col solo pianoforte, quasi stesse narrando l’ultima gustosa storiella a chiusura di una bella serata musicale intima condivisa fra pochi amici, ma se ne leggete il testo…
Peaches In Regalia viene solo accennata, lasciando un po’ a bocca asciutta chi condivide le parole dello stesso Zappa che, ad un certo punto, dichiarò che questa fosse, probabilmente, una delle melodie meglio riuscite di tutta la sua produzione (e che qui accanto vedete ripreso a sua volta al piano, NdR).
Uncle Meat, marziale e sghemba marcetta approdante in un basso fondale rumorista, lancia un ponte fra il jazz contemporaneo di Bollani & soci e la creatività irriverente ed incontenibile di Zappa & the Mothers of Invention di fine anni ’60. Prosegue sulla stessa strada la personalizzata versione di Cosmik Debris che derapa negli sperimentalismi del “vibrafonista con l’archetto più veloce del west”, accompagnato da piccole ritmiche ossessive ad opera dei suoi compagni.
Bollani ovviamente si concede delle pause da autore, oltre che da ri-lettore di cotanto musicista e ci presenta anche composizioni originali. In definitiva “Bollani – Sheik yer Zappa” (di cui in apertura vedete la copertina del cd pubblicato dalla Decca nel 2014, NdR) è un bel concerto in cui la passione per lo scomparso artista italo-americano permea la performance di musicisti altrimenti impegnati in generi diversi, che non mancano di divertirsi sul palco pur mantenendo un alto livello artistico, giustapponendo con equilibrio citazioni e libera interpretazione.
Da vedere finché lo portano in giro.
Marco Nik
P.S.: Nik è un chitarrista milanese, appassionato zappofilo nonché leader degli Amplifire. Attualmente all’opera con Mario G in un progetto di sonorizzazione live di alcuni suoi testi, risentiremo presto di lui. E speriamo di ospitare presto altri suoi contributi musicali.
P.S.2: le foto live accanto all'articolo sono state reperite su internet e non si riferiscono necessariamente al concerto al Carroponte.