La stesura del saggio FantaRock mi ha imposto di occuparmi ecumenicamente anche di generi e musicisti che fino a quel momento non avevano particolarmente acceso i miei gusti. Ancora una volta ho dovuto rivedere le mie convinzioni e ampliare i miei ascolti, ma in fondo è anche questo il bello di mantenere la passione negli anni, no? Il pregiudizio che è finito sbriciolato era l’idea che la musica d’ispirazione fantascientifica fosse prevalentemente l’elettronica avanguardistica dai Tangerine Dream ai Kraftwerk, dai Clock DVA fino alla colonna sonora dell’attuale Captive State, per intenderci.
La realtà invece è che l’interesse per il fantastico ha nutrito musicisti dei generi più vari: da David Crosby e Paul Kantner – voraci lettori di Heinlein ma anche di Gibson, cosa che uno non s’aspetterebbe da dei musicisti dalle radici folk – a cantautori come Dalla e Battiato, oltre al Finardi di Extraterrestre; fino a dance star dalla Dee D. Jackson di Automatic Lover alla recentissima Katy Perry bladerunneriana di 365.
Discorso a parte merita la sterminata scena metal, dove il fantastico la fa da padrone, anche se largamente in declinazione horror-occulto-satanica. Ma basta dare un’occhiata alle copertine delle ormai vaste discografie di Iron Maiden o Voivod (nel libro sviscerate da Andrea Vaccaro) per rendersi conto di quale ricchezza di spunti fantascientifici serpeggi fra i loro titoli, testi e videoclip, oltre che negli artwork con le loro mostruose mascotte.
Anzi, nel capitolo che va dal 2000 ad oggi ho dovuto rassegnarmi all’idea che il metal stia diventando il principale alfiere del fantarock nel tormentato presente: da Rob Zombie ai Dream Theater, dai Nightwish ad Ayreon (copertina a lato) e a tante band attuali underground, internazionali ma anche italiane, il metallo è diventato genere d’elezione per la continuità di quei progetti ambiziosi come i concept album a tema che (altro pregiudizio) si ritenevano un po’ vestigia del prog anni ’70.
Abbiamo appena intervistato Freddy Delirio sul suo quasi-concept che ecco, da casa Nuclear Blast ci arriva un nuovo concept ispirato nientemeno che a P.K. Dick e al cyberpunk, realizzato appunto da una metal band: i danesi Forever Still, che sono partiti dall’osservazione che il loro nuovo Breathe In Colours (copertina matrixiana in apertura) sarebbe uscito nei negozi il 29 marzo del 2019, anno in cui sono ambientate due pietre miliari di quella s/f: il film Blade Runner e il manga Akira (poi tradotto in anime) (immagine a destra).
“Sì, le principali ispirazioni dell’album sono stati appunto i romanzi di Dick, Gibson e la distopia di Huxley (Il Mondo Nuovo, NdA)”, spiega Maja Shining, 28enne cantante dei Forever Still. “La concomitanza delle date poi è stata un’ulteriore curiosità che ha rafforzato l’attualità del concept e ha contribuito a renderlo più duro e drammatico”.
Hai detto che la s/f distopica sta diventando la nostra realtà quotidiana. In questo c’è anche un sottotesto politico?
“Certo: l’idea iniziale è scaturita guardando i telegiornali e vedendo che i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare rispecchiano spesso le visioni distopiche descritte in romanzi scritti negli anni ’70 e ’80 (o anche prima, NdA), come ad esempio i governi sottomessi alle strategie delle grandi multinazionali, ma anche i rischi connessi al cambiamento climatico e il clima di terrore amplificato dai media, che ci fa guardare sempre più facilmente il nostro prossimo come un nemico”.
Sembra di sentir parlare della situazione italiana: sono problemi che vivete anche voi in Danimarca? Dobbiamo dedurre che tutto il mondo è paese?
“Assolutamente sì: da noi c’è appena stato uno scandalo legato alla banca nazionale, che naturalmente è finito con una tiratina d’orecchie, perché si tratta di istituzioni troppo importanti per essere messe seriamente in discussione. Anche noi assistiamo a un’ascesa delle nuove destre, nutrita proprio da quel clima di paura dell’altro che i media favoriscono”.
Ci racconti i temi chiave dei testi?
“In un certo senso proseguono il discorso del nostro album precedente (Tied Down, NdA), la cui protagonista lottava contro un sentimento d’inutilità e di dubbio su se stessa: in Breathe In Colours continua quel viaggio, che ora focalizza conflitti che sono sia interiori che esterni alla sua personalità. Solo che ora, invece di sguazzare nel vittimismo, c’è in più la ricerca di una forza interiore per combattere la negatività che la circonda”.
Ti sei ispirata a qualche fanta-album storico in particolare?
“Non specificamente, anche se in generale è davvero un sacco la musica che ci ha ispirato, e credo che su Breathe In Colours si senta molto (specie nella cover-bonus della loureediana Perfect Day, occhio al video sottilmente distopico, NdA): possiamo dire che c’è del post rock nella title track, dei momenti puramente elettronici in Pieces e altri djent in Embrace The Tide per esempio, ma nessun riferimento preciso a dischi del passato”.
Quindi immagino che concordi sul fatto che l’ispirazione fantascientifica non abita solo nell’elettronica glaciale…
“Ognuno trova le proprie fonti d’ispirazione indipendentemente dal genere musicale in cui opera. Per noi è venuta dalle visioni oscure e pessimiste del futuro di cui dicevamo prima, in cui un’elevata tecnologia non impedisce il decadimento della qualità della vita. Era questo che volevamo catturare con il nostro suono, per cui – per rendere il feeling di tecnologie analogiche un po’ sciupate e rugginose – abbiamo usato diversi strumenti vintage come il Theremin, registratori a bobine, alcuni pedali per effetti molto bizzarri e persino un vecchio arnese a cassette. Questo ci ha aiutati a dar forma al suono dell’album e a renderlo ancora più grezzo ed elettronico in quella chiave un po’ rétro”.
I Forever Still vengono definiti cyber metal perché il loro nucleo è sostanzialmente un duo: la cantante Maja e il polistrumentista Mikkel Haastrup che si destreggia fra chitarre e aggeggeria digitale. Cui però nel nuovo album si sono aggiunti il batterista Rune Frisch e il chitarrista Inuuteq Kleemann, già impiegati dal vivo dal gruppo. Comunque non aspettatevi da loro una metallurgia truce e sferragliante alla Ministry o Nine Inch Nails: al centro del loro suono sta sempre la cristallina voce della Shining, assai melodica e non aliena persino da qualche ascendenza folk, che ci ha fatto pensare a una specie di Tori Amos metallara sull’onda dei citati Nightwish, Within Temptation ed Evanescence, i riferimenti più diretti.
Può risultare difficile pensare che una voce così angelica sia il veicolo ideale per trasmettere un immaginario distopico e apocalittico ma… certo, qui si torna al discorso iniziale.
Attenzione: questo è un loop, questo articolo si distruggerà fra minuti dieci – questo è un loop: questo articolo…
Mario G.