“L’amore viene e va. Solo la paura rimane.”
(Grande Bocca Oscura, da Mr Suicidio)
Pochi giri di parole: se l’horror deve essere disturbante, questo è il romanzo da non perdere. E, detto tra noi, secondo me DEVE esserlo, è la sua funzione morale: farci toccare con mano l’abisso. L’horror non può essere anche divertente, altrimenti è solo un giocattolo innocuo di pulp, cliché, relative forzature e citazioni più o meno colte.
Curiosamente, Mr Suicidio di Nicole Cushing (copertina in apertura, disegno sempre di frizzi in quarta qui a destra) è la seconda pubblicazione recente di Independent Legions (dopo Jakabok di Clive Barker di cui leggerete presto) che per farlo sceglie l’uso della poco frequentata seconda persona singolare: ma non per gigioneggiare metaletterariamente dentro e fuori dalla cornice-libro, come appunto ha fatto sul filo dell’ironia il grande papà di Hellraiser (presto in riedizione per IL tra l’altro). No, qui il tu serve all’autrice per impostare l’intero racconto nella forma del dialogo fra il protagonista e il suo poco confortante “amico immaginario”, cioè appunto il Mr Suicidio del titolo. Una scrittura lineare e diretta, quotidiana e basata sui dialoghi (anche se questi si svolgono prevalentemente nella mente del protagonista).
Ragazzino introverso, bruttino, sporchino e occhialuto, impopolare a scuola e vessato a casa dalle angherie di una Madre isterica e fanatica religiosa, il protagonista non ha nome, come del resto il Fratello (altra vittima della madre, ormai arreso ad esserne succube e complice) e il Padre (un vile che per quieto vivere ignora i drammi domestici). Certo, la voce che gli parla nella testa non ha bisogno di dire il suo nome: lo conosce bene, è il suo unico “amico”. È la voce interiore che (senza scomodare il Lucifero di The Devil’s Candy) mira a convincere lo sfigato liceale che l’unica dignitosa uscita dall’incubo di una vita che non potrà mai offrire più gioie di quante non ne viva ora (cioè nessuna) è appunto l’autodistruzione.
Fortunatamente, il protagonista resiste alla (pur fortissima) tentazione di suicidarsi, accontentandosi di qualche maldestro tentativo di automutilazione, che pure ci proietta nell’inquietante discesa agli inferi di un’anima in pena, anche senza bisogno di diavoli colla coda o di caproni. Finché il passivo fratello non gli indica un nuovo, “luminoso” percorso, regalandogli la mefitica porno rivista Perfect Monsters, irta di scene erotiche perversissime con protagonisti vecchi, freak deformi e mutilati.
Ora, l’inquietante eccitazione per il difforme e la menomazione è già stata al centro di diverse opere importanti quanto estreme: dallo storico Freaks di Todd Browning (sopra a sinistra un’inquadratura), che fece scandalo nel ’32 (e per molti anni a seguire) al Dr Adder di K. W. Jeter (le prostitute mutilate resero il suo primo romanzo impubblicabile per 10 anni fino all’intervento dell’amico P.K. Dick, ne riparliamo su Nocturno di ottobre), fino al Crash di Ballard (uscito nel ’73 e ispiratore dell’omonimo film di Cronenberg del ’96) e a Fur su Diane Arbus, grande fotografa dei difformi (docandina sotto a sinistra); o più di recente le “oscene” fotografie di Joel Peter Witkin, raffinatissimi quanto insostenibili tableaux vivants manieristi con scimmie, menomati e cadaveri in bondage (una sua foto che la dice lunga sotto a destra).
Infine ci sono state le visioni necrofile degli underground Nekromantik di Buttgereit e più di recente del canadese Thanatomorphose (di cui vedete il poster internazionale sotto a destra, per continuare nell'allegra galleria) e del suo quasi remake USA Contracted, con il collegamento diretto fra eros e disfacimento corporeo.
Senza compiacimenti o esibizionismi gratuiti (ma senza arrestarsi di fronte a nulla), il romanzo di Nicole Cushing è oggi la nuova perentoria tessera in questo drammatico mosaico dei gusti più inaccettabili per la mente umana “normale”: il protagonista scopre infatti un’eccitazione morbosa nel corpo guasto o malato, e troverà anche il modo di metterla in pratica possedendo una compagna di scuola che deve camminare con le stampelle (finalmente una “inferiore” persino a lui) finché non viene ripudiato persino da lei per i suoi comportamenti violenti.
Ma il ragazzo-che-non-poteva-essere-normale ha già trovato un cammino ben oltre questi piaceri: al compimento dei 18 anni fugge di casa e vagabonda fino a trovarsi nel Border Crossing, un localaccio in cui vengono performate dal vivo proprio le perversioni che avevano acceso la sua fantasia sull’oscena Perfect Monsters. In realtà il locale è solo un tramite, come suggerisce il nome: e la depravazione solo il primo passo del Triplice Sentiero per cui è prescelto. Il cui culmine è essere divorati dalla Grande Bocca Oscura, che d’ora in poi parlerà al protagonista al posto di Mr Suicidio (solo un suo servitore, gli spiega): ed essere divorati è molto meglio che suicidarsi, si diventa dei mai-nati, quindi si viene cancellati completamente dall’essere, con tutte le relazioni e le conseguenze dei propri atti.
Sparire dall’essere diventa quindi il nuovo obiettivo del ragazzo, ma conseguirlo è meno facile del previsto, anche quando tutto il mondo circostante comincia ad apparirgli come un gigantesco Lego popolato solo di bambolotti di plastica inanimati. Persino lui stesso.
C’è ancora di mezzo una morte, per i bambolotti causata da lui, e anche una nascita imprevista. Vi lasciamo scoprire da soli di chi e come: quel che conta è che queste vivide descrizioni di una discesa agli inferi sempre più profonda e senza speranza sono un’analisi assai più efficace di un trattato di psicanalisi di come una mente qualsiasi, una persona all’inizio “normale” come chi gli sta intorno anche se solo un po’ isolata, può varcare in un attimo l’esile confine verso la follia e incamminarvisi senza ritorno.
Ecco perché un finale apparentemente “in calando” sul barometro del delirio, in cui persino balena il filo di un’esigua speranza di riscatto quando invece ci si aspettava un’ecatombe qualsivoglia ma realmente “horror”, colpisce come un ennesimo spiazzamento.
Autodefinitasi su Twitter “la nihilista più felice del mondo”, Nicole Cushing – originaria del Maryland, età non pervenuta (a sinistra la vedete durante un reading) – con questo romanzo ha vinto il Bram Stoker Award: beh, io dico che se l’è fottutamente meritato e consiglio calorosamente di affrontarlo a qualunque horrorista che si ritenga degno di questa definizione. Sapendo che il libro (breve, sono 196 pagine da cui non si riesce a staccarsi) non fa sconti e non prende scorciatoie: niente mostri, nulla d’occulto che non potrebbe stare sotto i nostri occhi ogni giorno, neppure un serial killer. Solo il brutto anatroccolo della compagnia, l’asino della classe, lo sfigato in fondo alla coda, una famiglia di sfigati tutti un po’ svitati.
L’orrore di ogni giorno, che se ci passa davanti neanche notiamo. E che non fa ridere affatto.
Personalmente, mi auguro solo che Independent Legions ci faccia scoprire altro di questa scrittrice senza remore: fosse per me, il suo The Sadist's Bible (pure nominato allo Stoker 2016 come Superior Achievement in Long Fiction) andrebbe subito in traduzione.
Mario G