Il 2012 va a concludersi (finalmente!), presto torneranno i Posthuman Oscar cinematografici e, quest'anno, anche quelli letterari. Mentre fervono le sintesi dei posthuman-recensori, autori etc., noi apriamo le danze con delle segnalazioni di capolavori fumettistici da non perdere assolutamente.
Posizione d'onore (cover in apertura, un numero di Frigidaire qui a destra) per il Ranxerox di Stefano Tamburini & Tanino Liberatore, recentemente riedito da Comicon Edizioni in forma integrale al modico prezzo di 22 € per un volumone che non deve mancare sullo scaffale di ogni rispettabile amante della fantascienza.Genere che la vulgata vuole estraneo o marginale per l'italico sentire, eppure poi si scopre che il Belpaese ha seminato per il mondo idee geniali (su cui come sempre han lucrato altri): il dossier su Antonio Margheriti di Nocturno ci faceva scoprire - dopo i debiti di Alien verso Bava - che anche Kubrick aveva tratto da un italiano delle intuizioni visive, come la passeggiata spaziale degli astronauti accompagnati da musica classica (I Criminali della Galassia, poi magistralmente ripresa in 2001 Odissea nello Spazio) o la marea di sangue (di fango nel finale del medesimo film), poi ripresa in Shining. Ora riprendiamo in mano le iperrealistiche, violente e pre-splatter (anche nel senso della rivista di Paolo Di Orazio di lì a venire) tavole di Ranxerox, fumetto nato su Cannibale nel 1978 e perfezionato su Frgidaire a partire dall'80: ok, i suoi autori dovevano essersi nutriti a fondo delle visioni apocalittiche di Bilal, Moebius & co. su Metal Hurlant di quegli anni (e presto la loro creatura sarebbe stata ospite dell'edizione USA Heavy Metal, come vedete nell'immagine a sinistra); ma va anche ammesso che il loro "coatto sintetico" figlio di una fotocopiatrice preannunciava satiricamente (e genialmente) il cyberpunk che stava per nascere (quello letterario dei Gibson e Sterling, ma anche la metropoli a strati di Blade Runner). Irto di citazioni rock (Ramones, Devo, Pere Ubu - una storia s'intitola The Modern Dance - Talking Heads e il Mudd Club, Throbbing Gristle e chicche a non finire in cui oggi sguazza l'autore di Rave di Morte, all'epoca premiate dalla celebre copertina zappiana The Man from Utopia dell'82, che vi riproduciamo qui a destra), riletto oggi coll'occhio maturo del fanta-fan il fumetto dei due italiani rivela che sotto la crosta provocatoria e settantasettina sempre citata per spiegare il loro personaggio e il suo mondo brutale (bestemmioni, sesso, pedofilia oggi impensabile, droga, perversioni varie e ultraviolenza) agiva anche una profonda cultura letteraria fantascientifica. E non solo nelle esclamazioni "per Asimov" o "dio Ballard" nelle nuvolette: noterete infatti (a pg 86 del volume Comicon, immagine a sinistra) una citazione esplicita di Crash del Ballard, romanzo uscito nel '74 in inglese ma solo nel '90 in Italia (ed. Rizzoli). La storia di Ranx ("Buon compleanno Lubna") è dell'82, quindi precede sia la divulgazione del libro da noi sia il film omonimo di Cronenberg, che data al 1996.
Ancora più stupefacente: ricordate il personaggio di Kuato (il mostro con una seconda piccola testa che gli spunta dal petto, come vedete nel clip linkato), inserito da Verhoeven nel suo Atto di Forza (Total Recall) tratto nel 1990 dal racconto di P. K. Dick "Ricordiamo per Voi" (cfr. articolo di M. Marchetti QUI)?
Ebbene, ora portatevi a pg 121 (che vedete riprodotta qui a destra): ci troviamo nella storia "Be Bop A Lubna", edita nel 1983 su Frigidaire, quindi Giorgio, il freak bicipite che fa una strage con la sega elettrica (già allora un'icona splatter), anticipa di ben 7 anni (o ispira? Chissà...) l'idea del regista danese .
Nessuna citazione diretta, quindi qui trattasi di mia opinabile illazione, comunque vedrei anche riflessi burroughsiani nella "psicopeste di origine spaziale" e relativi devastanti farmaci al centro della storia "I, Me, Mine Corporation" dell'85. Li mettiamo a fuoco meglio oggi, potendo leggere la sceneggiatura originale Blade Runner, Un Film del Burroughs, scritta nel '79 e finalmente edita in italiano (da Mimesis, a cura di Gramantieri). Come saprete, di lì viene il titolo del capolavoro di Ridely Scott tratto dalle "pecore elettriche" di Dick, e forse anche qualcosa dell'atmosfera malata e apocalittica destinata a fare storia nella s/f moderna, ma ne parleremo più diffusamente nell'articolo sui libri del 2012.
Comunque, un'atmosfera malata, di trionfo dell'ingiustizia sociale e di mediatizzazione della vita era ben presente anche nel fumetto, che oggi risulta drammaticamente presago della videocrazia degenerata in cui viviamo, allora solo alle soglie.
Ancor oggi indigesto per un pubblico mainstream, benché tradotto e ripubblicato in Francia, Germania, USA, Giappone etc., Ranxerox, se fosse stato un prodotto americano, avrebbe probabilmente trovato anche la strada del cinema, accanto ai Robocop, ai Decoder o agli Azione Mutante che hanno tradotto il cyberpunk antagonista in pellicola per cinefili-rocker underground.
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Si tratta di Black Orchid, prezioso parto della sublime coppia Neil Gaiman/Dave Mc Kean, originariamente edito da DC nell'88 e ora restituitoci in forma smagliante da RW (ai lati vedete la cover dell'edizione italiana e una internazionale, non meno seducente).
Ci troviamo qui in un fanta onirico e poetico, agli antipodi della brutalità grottesca di Tamburini/Liberatore: le tavole del geniale McKean passano dall'espresionismo più minaccioso a un aereo e coloratissimo fantasy arboreo, rendendo perfettamente l'originalità della scrittura del partner Gaiman, che - come nota Mikal Gilmore (di Rolling Stone) nella prefazione - segna uno spartiacque nell'evoluzione del graphic novel al pari di Watchmen di Alan Moore, con il quale ha punti di contatto sostanziosi.
Si tratta infatti ancora una volta di ripensare il concetto di "supereroe" fumettistico e, in particolare, di ribaltare le convenzioni narrative che vogliono che l'azione "eroica" nel fumetto - la sempiterna lotta del Bene contro il Male, ossia appunto degli "eroi" contro dei nemici malvagi - sia condotta sul piano di una (più o meno) giustificata violenza.
Black Orchid assolve il compito, manco a dirlo, col tocco fatato della penna di Gaiman benedetta dagli dei: il greve mondo degli umani avidi, abietti, criminali, è reso quasi in bianco e nero, mentre coloratissimo è solo quello poetico delle ragazze-pianta, aliene alle bassezze umane.Nella sua ricerca di se stessa e delle proprie "radici" (mai termine più adatto), l'Orchidea attraverserà in cerca di indizi il folle manicomio di Arkham, in seguito teatro dell'omonima (e parimenti geniale) opera della coppia Gaiman/McKean (Arkham Asylum appunto) e incontrerà un mito del mondo dei supereroi, nientemeno che Batman (travagliato protagonista dell'albo successivo), qui genialmente tenuto sullo sfondo, come un mero suggeritore di vie da percorrere (tavola qui a destra).
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Pochi costumi sgargianti, nessun superpotere: Joker è una storia classicamente noir pulp, più dalle parti di Sin City di Miller. Come vedete nelle tavole di Bermejo ai lati, qui il fanta è relegato alle immortali maschere di Batman e Joker e all'ambientazione nella città fantastica di Gotham, che però non è mai stata così simile ai vicoli bui di New York.
E col fumetto si chiude qui. A breve cinema e narrativa, avete già pronto lo smoking per i botti?
Mario G