Ricordate un piccolo thriller estivo recensito QUI giusto un anno fa? Bene, il suo autore – benedetto da un inatteso successo al botteghino – torna esattamente un anno dopo sul luogo del delitto facendoci uscire di casa nuovamente in quella desolazione ferragostana già citata nella recensione d’allora per vedere una nuova Notte del Giudizio, titolo completo Anarchia - La notte del giudizio (Purge in originale: gli attori nei dialoghi usano spesso l’italiano “purificarsi” come metafora politically correct dello scatenamento legalizzato degli istinti omicidi alla base della trama).
James De Monaco, ancora sulla sedia di regista, pur mantenendosi sulla linea del film di genere e d’intrattenimento (qui con una notevole intensificazione di scene d’azione e sparatorie, grazie al maggiore budget che ha sostenuto l’impressionante volume di bossoli che saranno stati spazzati dal set a fine riprese!), ha evitato argutamente di scodellarci un clone del film capostipite, modificandone decisamente la struttura.
Là film d’assedio (con tutti i riferimenti opportunamente citati nell’articolo relativo), qua drappello in fuga in jungla urbana ostile, naturalmente con diversi referenti cinematografici: non si può non pensare agli indimenticabili Guerrieri della Notte di Walter Hill, braccati da gang rivali non meno tribali di quelle scatenate nella notte della “purificazione” newyorkese del 2023 (il sequel si svolge un anno esatto dopo il precursore, mantenendo nella finzione la cronologia della finzione, in cui la notte del libero omicidio negli USA è sempre quella, una all’anno). Ma inevitabile anche ripensare al 1997: Fuga da New York di Carpenter, la cui ombra lunga giganteggia evidentemente sull’universo filmico del De Monaco.
Anche il protagonista, il misterioso, deciso e letale sergente Leo Barnes (lo spigoloso Frank Grillo nella foto a destra), identità che peraltro scopriamo a un minuto dal finale, deve avere il poster di Jena Plissken in camera da letto, dove si arma fino ai denti per percorrere le pericolosissime strade di NY la notte della strage legalizzata (SPOILER) per “purificarsi” a propria volta (FINE SPOILER).
Ha le stimmate del giustiziere della notte, il taciturno eroe, ma anche il cuore d’oro tipico degli eroi: mentre intorno infuria la mattanza, si lascia distrarre dalla propria (ancora a noi ignota) missione per salvare due coppie nei guai: i coniugi Shane e Liz (nella foto in alto a sinistra) che si stanno separando (ma si amano ancora, via), piantati in asso dall’auto a pochi metri da una gang di selvaggi mascherati e una madre con figlia messicane, Eva e Cali, prima minacciate da un vicino di casa poi dalle squadracce della stessa polizia, che contribuisce a gettar benzina sul fuoco della killer night americana.
Sorpresa, questa, che è poi la principale novità contenutistica di questo sequel, che punta molto più decisamente sull’affondo politico: non solo con speculatori di borsa penzolano dagli ingressi delle loro finanziarie (immagine qui a sinistra), con (SPOILER) ricchi che “si comprano” delle vittime da uccidere in cacce private (foto qui sotto a destra), purificandosi al sicuro delle proprie difesissime magioni (FINE SPOILER), ma – appunto – anche con forze dell’ordine che partecipano attivamente all’eccidio indiscriminato nelle strade (ultima immagine in basso a sinistra), concepito (altro che sfogo dei bassi istinti) al malthusiano fine di ridurre il numero di poveri, disoccupati e senza tetto che pesano sulla così risanatissima economia americana. Il concetto (ok, un po’ tirato per i capelli ma non è un film d’azione il luogo per il dibattito economico sulla crisi) era presente già nel primo film ma qui diventa centrale: anche perché la (SPOILER) carica della cavalleria a salvare i nostri eroi in pericolo arriverà proprio da un movimento di neri che intende opporsi (sempre con le armi) alla menzogna della “strage di stato” (FINE SPOILER).
Certo, ideologia scolpita col machete (ma ne andrebbe valutato l’impatto nel Paese che vanta il maggior numero di armi da fuoco per abitante), però azione adrenalinica senza sosta con ottimi copi di scena (anche nel finale, benché un po’ più buonista del primo film) e un tollerabile numero di cliché narrativi: come dicevamo, l’inspiegabile bontà di un eroe che pur parrebbe motivato alla vendetta violenta, la coppia che si riama un attimo prima della tragedia, il lieto fine (che non spoileremo) e alcuni dialoghi, su tutti l’immancabile “andrà tutto bene” (americani, ma vi è proprio così necessario?!).
Ma l’efficacia viscerale del prodotto la si misura direttamente all’uscita della sala, quando si cammina per un viale deserto della Milano estiva di notte, controllando se mai da una via laterale non sbuchi una gang di assassini mascherati. O se quei tre ragazzini le cui ombre s’allungano sul marciapiede venendoci incontro non nascondano delle mazze da baseball dietro la schiena.
Mario G