“Per me, l'esplorazione dello spazio rappresenta
l'estremo assoluto dell’esperienza umana.”
(Christopher Nolan)
Cristopher Nolan (sul set a destra) aveva già osato non poco nello scrutare (e visualizzarci) le vertiginose prospettive oniriche della mente in Inception. Ma con Interstellar (locandina in apertura, poster alternativo qui sotto a sinistra) si spinge ancora oltre: alle più estreme plaghe dell’universo, esplorate attraverso le più avanzate teorie della fisica quantistica, dei buchi neri e dei wormhole (con l’aiuto dell’astrofisico Kip Thorne, tanto coinvolto nel film da figurare come coproduttore esecutivo del film stesso), corridoi spazio temporali che implicano quei concetti di stravolgimento della gravità, dello spazio e del tempo di fronte a cui la mente dell’uomo comune vacilla.
Lo fa senza ricorrere ad espedienti “spettacolari”, se non proprio già scientificamente dimostrati, quantomeno non fondati sulla fisica"vera" (niente mostri, alieni etc., per intenderci). Ma senza per questo perdere un’oncia della sua ormai sovrumana (postumana) abilità di trasformare i budget produttivi stramilionari di Hollywood in straordinarie visioni di ciò che appunto la nostra mente riesce a malapena a concepire.
La trama parte sulla terra, dove a vedere il trailer parrebbe (erroneamente) che si svolga la più parte del film: come in parecchia recente “fantascienza della crisi” (definizione mia), il nostro globo sta tirando gli ultimi, flagellato da tempeste di sabbia che smagriscono i raccolti condannando la nostra specie a un’imminente estinzione. A meno che un team di astronauti (composto dal protagonista Matthew McConaughey e Anne Hathaway, qui a destra e sotto a sinistra) non riesca a realizzare il sogno di una vita di ricerche dello scienziato Michael Caine (un habitué dei Nolan-cast, qui padre della bella Hathaway): trovare un altro pianeta vivibile e coltivabile per i bipedi, ma fuori del nostro notoriamente sterile sistema solare. Per fare ciò dovranno viaggiare a una velocità superiore a quella della luce sfruttando appunto un wormhole scoperto dal Caine. E trasportarci i terrestri (piano A) o, se impossibile, ripopolarlo con ovuli ibernati nelle navicelle (il piano B, che comporta di accettare l’idea di non poter salvare i terrestri attualmente vivi sul pianeta.
Purtroppo, anche superare i limiti finora invalicabili per l’umane genti non significa essere onnipotenti: il carburante non è infinito e non basterà ad esplorare tutti i pianeti indicati come potenzialmente interessanti da precedenti spedizioni, bisognerà utilizzare la risorsa tutta umana dell’istinto per decidere quale visitare. La Hathaway userà l’amore per scegliere e, alla fine, anche Cooper-McConaughey si aggrapperà all’impulso principe della razza umana, in particolare quello per i propri figli dolorosamente lasciati sulla Terra, per affrontare l’avventura finale: lanciarsi con quel che resta della sua navicella pericolosamente vicino a un buco nero per ricavarne (e non chiedetemi di spiegare come!) l’accelerazione necessaria a un ritorno verso la Terra, altrimenti ormai impensabile. Il cui esito ci offrirà verso la conclusione del film la visualizzazione più vertiginosa del concetto di curvatura temporale e dimensioni parallele: un clou assoluto dell’epos titanico concepito da Nolan (col fratello Jonathan, cosceneggiatore), che salda il viaggio cosmico dell’astronauta Bowman al finale dell’Odissea di Kubrick e alla scoperta finale del Quinto Elemento di Besson (che all’epoca m’era parsa sdolcinata e “new age”, ma alla luce del principio quantistico secondo cui la realtà è in parte creata dall'osservatore…). Sissignori, si parla nientemeno che dell’Amore, quella forza trainante della vita già individuata dai greci, che fa dire al “cattivo” Matt Damon (amato dalla bella Hathaway), su un inospitale pianeta ghiacciato (foto qui a sinistra), che per McConaughey l’immagine del viso dei suoi figli sarà “l’ultima cosa che vedrà in punto di morte, quella che lo spingerà ad andare ancora più in là di un passo”. E infatti… Ma nessuno finora aveva mai presentato l'Amore come una variabile rilevante (e in qualche modo "fisicamente misurabile") nell'orientare una decisione basata su fattori scarsi.
Tranquilli, non sveleremo come andrà a finire, c’è così tanto da scoprire ancora… Ma era importante mettere in luce che, oltre a tanta scienza di frontiera, ipotesi ardite sul destino dell’umanità da perderci il senno e visioni da capogiro, il film di Nolan poggia su ben solidi conflitti umani: lasciarsi dietro i figli per cercare di salvare l’intera specie, col rischio di non rivederli mai più? Salvare l’umanità o se stessi (Matt Damon)? Cercare di salvarla o dirle la verità (Michael Caine)? E infine, si diceva, salvarla o alla peggio rigenerarla in vitro?
Ma, più di tutto, fare in fretta: perché, come visto già nel recentissimo Lucy (ancora Besson), il tempo – per quanto relativo e in condizioni estreme “curvabile” – è comunque misura della realtà e… dolorosamente scarso. Viaggiando a velocità inimmaginabile, gli astronauti in pochi giorni vivono un tempo che sulla Terra corrisponde a molti anni: se anche essi trovassero la soluzione ideale, ma non abbastanza in fretta, rischierebbero di non trovare più nessuno da salvare quaggiù. E i video messaggi trasmessi all’astronave dai figli, che frattanto sono diventati adulti, l’han reso nonno e – soprattutto – si son rassegnati a non rivederlo mai più ritenendolo un fuggiasco, contribuiscono drammaticamente a scandire l’inesorabile tic-tac allo spigoloso McConaughey.Con un finale a sorpresa che non delude le titaniche premesse, Nolan completa quasi tre ore (169’ per la precisione) di epica spaziale che “curvano” sul nostro occhio senza pesarci neanche un attimo. Anzi, andando a costruire un monumento, forse IL monumento della fantascienza dell’ultimo decennio, degno sviluppo (e in qualche modo “spiegazione”) del citato capolavoro kubrickiano (soprattutto nella parte più mistica "Giove e oltre l'infinito"). Interstellar è ad oggi la frontiera più avanzata della s/f dei viaggi nel tempo (oltre che nello spazio), nonché geniale raccordo tra speculazione scientifica e visioni del soprannaturale (i fantasmi che vede la figlia, interpretata dalla bravissima Mackenzie Fox, Jessica Chastain da adulta ed Ellen Burstyn da vecchia,e che sarà la chiave risolutiva della vicenda). Scoprite da voi perché.
Visione obbligatoria (in Imax, la pellicola è stata girata abbondantemente in 70 mm), dal 6 novembre nella sale italiane.
Mario G