Terza puntata del nostro lungo excursus sul cinema vampiresco e primo approfondimento su uno di quegli esempi di film in cui un mito di cui si penserebbe di sapere/aver visto già tutto viene fatto letteralmente esplodere in una follia visionaria tra il surreale e lo psichedelico, con una libertà inversamente proporzionale ai mezzi produttivi disponibili. Illuminante esempio di un cinema che oggi non esiste (quasi) più.
Le Viol Du Vampire, uscito originariamente nel 1967, esprime tutta l'anarchia giovanile anche sgangherata della turbolenta stagione in cui le strade bruciavano di esistenzialismo e living theatre, di angry young men inglesi e nouvelle vague francese, di free jazz e rock psichedelico.Per certi versi, ricorda film dello stesso periodo ma per nulla vampireschi né horror in generale, come il Fando e Lys di Jodorowsky, oppure un altro bel delirio psichedelico come il Chappaqua di Conrad Rooks (anche qui grande jazz in colonna sonora), oppure il primo Cronenberg surrealista in bianco e nero (Stereo), i brevi epos onirici di Kenneth Anger (Lucifer Rising, o Fireworks, tanto per restare nel b-n)... Ma, direte voi, il primo Anger è molto anteriore, addirittura del '47! Vero, e questa considerazione ci porta dritti a una riflessione che facevo proprio ripensando a tutti questi film insieme: che ogni stagione del cinema cosiddetto d’avanguardia o underground abbia portato con sé un ritorno alle origini, a quel cinema artigianalmente surrealista, antinarrativo e anarchicamente non lineare, inventato da Buñuel.
Proviamo a ripercorrere un po’ di storia: dal mitico Chien Andalou si passa negli anni ’40 all’ardito Anger, di lì alla psichedelica tossica di Chappaqua di Rooks il passo è straordinariamente breve, altrettanto per tornare al surrealismo “panico” di Jodorowsky e Arrabal, col quale – si diceva – il b-movie vampiresco di Jean Rollin (e quello del suo collega spagnolo Jess Franco) condivide più di un’atmosfera e di un’asperità linguistica: l’onirismo surrealista si sposa con le estasi lisergiche, la staticità filosofante di Antonioni con (nelle riprese a colori) i caleidoscopi pop tipici dei tardi ’60.
Nello stesso periodo, esordisce anche Cronenberg coi suoi Stereo (b/n) e Crimes of the Future (col.), non meno ermetici e spiazzanti. E nel 1977 il testimone passa a David Lynch, che esordisce nel lungometraggio coll’incubo raggelante di Eraserhead, altro surreale “crazy diamond” in b/n in cui sarebbe arduo cercare una trama raccontabile.
Poco dopo, nei primi ’80, nella New York dei Sonic Youth e Lydia Lunch ribolle il primitivismo punk di Richard Kern e del Cinema of Transgression (vedete il bel dvd box coi suoi corti su RaroVideo): b/n sporco, grande pauperismo tecnico e sfx primordiali, sintassi ostentatamente sgrammaticata e provocatoria si sprecano a piene mani. Insieme ad uno sguardo inquieto sulla metropoli come corpo mutante che ritroveremo ad ambientare i vampiri in b/n dello stilosissimo, affascinante Nadja (di Michael Almereyda, prodotto da David Lynch nel '94) e del The Addiction di Ferrara e le ossessioni filosofico-matematiche del Pi Greco di Aronofsky (ambo del '98), tutti emozionanti bianchi e neri.
Poetiche personali, certo, non vogliamo ficcarle a forza in un unico calderone, eppure una certa anarchia ideologica e linguistica si trova sia nel b-movie di exploitation (sex&violence insieme al “mostro” come outcast), sia anche in quello più intellettuale dei Robbe-Grillet o, procedendo negli anni ’80, nell’Epidemic di Lars Von Trier (ancora un RaroVideo), che nell’87 torna a fondere metacinema e intrusione della finzione storica nella realtà con un imprevedibile finale horror.
Agli antipodi, nell’89 le metamorfosi corporee in b/n, gli effetti in stop motion e il surrealismo brutale rimbucano nel Tetsuo di Tsukamoto (il Cronenberg giapponese, pure su RaroVideo) e nel Rubber’s Lover del suo epigono Shozin Fukui (del ’96).
Beh, questo pensiero ci può consolare in parte dal timore che ci assale in altri momenti, ossia che quello spirito sperimentale del cinema vintage sia un lontano ricordo di un’era remota.
Quel che invece oggi sembra davvero perduto per sempre è quell’entusiasmo eccitato e incosciente degli anni ’60, di cui parla lo stesso Rollin nel bellissimo booklet del dvd Encore di Viol du Vampire. Quello che permetteva che in un b-movie di vampire – spesso nude – si coagulassero l’anarchia sociale dell’epoca e l’antipsichiatria di Felix Guattari, il free jazz con la recitazione altrettanto improvvisata di attori tutti esordienti, fra cui anche il fumettista Philippe Druillet, poi fondatore della storica rivista Metal Hurlant e illustratore di locandine di altri film di Rollin (di cui vedete un esempio qui a fianco). E che consentiva per esempio di fare in un film i canini da vampira col chewing gum (ricorda sempre Rollin)! {mosimage}
Ecco, Le Viol è tutto questo e, a fronte di ciò, passa in secondo piano il fatto che, come del resto nel Chien Andalou, la “trama” sia totalmente irraccontabile (tra l’altro il film risulta dalla giustapposizione di due mediometraggi: Le Viol du Vampire, appunto, e La Reine des Vampires).
Il lussuosissimo doppio dvd Encore, di cui speriamo di poter presto annunciare un’edizione italiana, contiene molti extra (commento del regista, interviste allo stesso Rollin e al compositore Tusques etc.). Lo potete richiedere via web QUI (c'è anche una serie di punti vendita europei e italiani).
La Encore ha poi anche un sito parallelo, American Grindhouse, che offre altri titoli super-pulp, e una società di supporto alla produzione… per chi volesse riportare in vita la folle stagione del cinema indipendente!
Per quanto ci riguarda, noi torneremo presto nuovamente sia sul bizzarro cinema di Rollin (con La Nuit Des Traquées) sia su diversi originali film di vampiri. Restate connessi e a presto.
Mario