I Bambini di Cold Rock (The Tall Man) è il nuovo film di Pascal Laugier, il regista francese che col precedente Martyrs ci ha servito freddo uno dei più originali e sconvolgenti esempi di horror europeo (ok, di horror tout court) degli ultimi anni. Grande era quindi l’attesa per la sua nuova prova: sarà riuscito nell’ardua impresa di spostare un po’ pi in là la soglia del dolore, del Male Umano rappresentabile in pellicola? Oppure sarà arretrato su posizioni più comode, ripetendosi, citandosi, magari svendendosi, perché certi livelli si raggiungono solo una volta e poi più?
Ebbene, la risposta è in parte sì e in parte no. Iniziamo dal no: I Bambini di Cold Rock non infrange nuove barriere dell’orrore, anche perché in realtà non è nemmeno esattamente un film dell’orrore; piuttosto un thriller drammatico dai risvolti sociali. Sviluppa sì un efficace clima di angosciosa suspense, ma – a costo di deludere gli splatter fan – fa scorrere pochissimo sangue, né mostra alcun babau sovrannaturale come suggerirebbe il titolo originale, per dire le cose come stanno. La trama – se già non ne avete letto – vede la buona Jessica Biel (nelle foto sopra, qui a sinistra e sotto, e presto di nuovo in sala nel remake di Total Recall) infermiera in un degradato villaggio ex minerario del nord nello stato di Washington (il film è stato girato in Canada), ora preda dell’abbandono e della disperazione, in cui il misterioso Uomo Alto del titolo internazionale di tanto in tanto rapisce bambini di cui poi non si sa più nulla. Una sera rapisce anche il suo: lei lo insegue disperatamente, a proprio rischio, in un topo-caccia-gatto che inizialmente richiama alla memoria l’Alta Tensione di Aja. Ma Laugier non è un citazionista, la sua trama prende subito ben altre svolte: ad un certo punto sembra addirittura che l’Uomo Alto sia una donna, che accusa la povera Jessica di averle rapito lei il figlio che lei stava cercando di recuperare. Ma allora di chi è figlio questo bambino, chi delle due donne mente? Una è un’assassina? O è pazza? Si lambisce il pirandellismo della novella La signora Frola e il signor Ponza, suo genero. Ma Laugier non è Pirandello, né Lynch: non vuole dimostrarci che la realtà è inconoscibile. La sua realtà è solo ben diversa dalle apparenze iniziali, ma alla fine, dopo numerosi altri colpi di scena e ribaltamenti, la scopriremo. Nitida quanto inquietante. Non ci arriverà su un fiume di sangue e di bizzarre torture, dicevamo, ma ci lascerà l’amaro dubbio di un quesito dai risvolti sociali cui – dopo aver seguito tutto il film – non ci risulterà facile dare una risposta univoca su cosa sia “giusto” o meglio per la vita serena dei bambini al centro della storia. Non dico oltre, perché bisogna assolutamente rispettare il diritto dello spettatore di sorprendersi nella sala buia (dopo la proiezione Moviemax/Chili al Milano Film Festival, il film è in distribuzione dal 21 settembre), ma ora potete capire a cosa si riferisce la seconda metà della risposta iniziale: “in parte no” perché non è nemmeno esattamente un horror, dicevamo, ma “in parte sì” perché il regista conserva il dna del suo stile, ossia la capacità di costruire sceneggiature forti e ben sviluppate, originali, con un astutissimo (e solo minimamente compiaciuto) uso dei tempi e costruzione dei twist, per cui la suspense si rivela ‘autentica’ (hitchcockiana, se passate il riferimento un po’ grossolano a Sir Alfred) e non mero body count di sacrificabilissimi personaggi stereotipati e sciocchi.E, se punto di forza di Martyrs era costruire un horror che faceva riflettere su una componente reale dell’animo umano (la crudeltà estrema freddamente pianificata per un certo fine), questa forza non manca neppure a I Bambini di Cold Rock, in forza all’interrogativo sociale su cui non posso essere più esplicito senza svelare il finale del film, ma vi assicuro che è strettamente connesso a tematiche d’attualità del nostro mondo contemporaneo in cui la crisi rischia di sgretolare anche coesioni familiari che si tenderebbe a considerare inossidabili.
Non rivoluzionario stilisticamente (o non ostentatamente), ma ben scritto e ben interpretato da tutto il cast, in ogni caso un film da vedere assolutamente. E meditare.
Mario G